Ilaria Ricciotti - 01-05-2004 |
Quest'anno la festa dei lavoratori avrà un altro sapore |
Grazia Perrone - 01-05-2004 |
Propongo, alla cortese attenzione dei lettori di Fuoriregistro, un articolo di Errico Malatesta scritto … appena ieri! FONTE: Umanità Nova (quotidiano anarchico) n. 103 del 30 aprile 1922 Sembra che quest’anno la manifestazione del Primo Maggio avrà una importanza da molti anni inusitata. E bisognerebbe che così fosse, poiché sarebbe una prova di risveglio, una affermazione di volontà da parte del proletariato. Dopo le fallite speranze dell’immediato dopoguerra i lavoratori che già avevano creduto di avere la vittoria in mano e si trovarono d un tratto vinti e burlati, non seppero resistere alla irruente reazione, e per quasi due anni sorpresi, sbandati, disorientati hanno subito le prepotenze sanguinarie degli scherani della borghesia. Si sono lasciati in molte plaghe, uccidere, bastonare, ridurre in schiavitù, hanno lasciato distruggere le loro istituzioni, hanno fatto sperare ai padroni che oramai ogni efficace resistenza operaia era spezzata e che essi potevano un’altra volta imporre i salari di fame e le avvilenti condizioni di lavoro che prevalevano trenta o quaranta anni or sono. Ma tale situazione non può, non deve durare. E già sintomi di riscossa si manifestano un po’ dappertutto e questo Primo Maggio vorrà essere, speriamo, il basta solenne che il proletariato griderà in faccia ai suoi oppressori, e la ripresa della marcia in avanti verso l’emancipazione finale. Ma poiché questo articolo giungerebbe troppo tardi come sprone per rendere la manifestazione quanto più è possibile grandiosa e significativa, diremo piuttosto qualche cosa sulla storia del Primo Maggio per gli insegnamenti che se ne possono trarre. L’idea di uno sciopero mondiale nel Primo Maggio di ogni anno per affermare la solidarietà di tutti i lavoratori e proclamare le loro rivendicazioni ebbe origine in America in occasione dell’agitazione delle otto ore, e fu subito consacrata dal sangue degli anarchici martiri di Chicago. Fu, poi, adottata dal Congresso Socialista di Parigi del 1889 ed accolta con entusiasmo da tutto il proletariato cosciente di tutti i paesi. I socialisti intendevano, come fu dimostrato dalla loro condotta successiva, fare ogni anno delle semplici manifestazioni politiche, intese a richiamare la benevola attenzione dei pubblici poteri sulle domande dei lavoratori ed in specie sulla riduzione a otto ore della giornata lavorativa. Ma i lavoratori, almeno nei paesi latini, Francia, Spagna ed Italia, videro ben altra cosa in quella grandiosa manifestazione delle forze dei lavoratori uniti. Vi videro l’affermazione del loro diritto alla totale emancipazione dal giogo capitalistico ed il mezzo di conseguire automaticamente quella simultaneità d’azione giudicata necessaria alla vittoria contro le forze armate che stanno a difesa del capitalismo. E, per alcuni anni, il Primo Maggio fu giorno aspettato con ansia, trepidazioni, speranze, conati di preparativi insurrezionali da parte dei sovversivi, e paure insensate e persecuzioni arbitrarie da parte delle polizie. E si sperava in un crescendo continuo che mettesse capo alla rivoluzione. Ma i socialisti che vedevano il movimento prendere una piega ben diversa da quella che era nelle loro intenzioni si affrettarono ai ripari. E come prima misura, per togliere al Primo Maggio ogni carattere di ribellione contro la volontà dei padroni e perfino la qualità dello sciopero, sia pure legale ma fatto per volontà dei lavoratori, fecero il possibile per trasportare la manifestazione dal 1° Maggio alla prima domenica di maggio e mutare la protesta del lavoratori in una banale Festa del Lavoro. Borghesia e governi d’altra parte compresero che il miglior modo per uccidere il movimento era quello di riconoscerlo come legale ed in breve volgere di anni il Primo Maggio fu più o meno ufficialmente riconosciuto come giorno di festa e mancò poco che non divenisse festa obbligatoria. Il Primo maggio era praticamente ucciso. Ma esso è restato nella memoria dei lavoratori e potrebbe risorgere ancora con tutti i suoi caratteri di lotta. Non staremo qui a discutere quello che sarebbe avvenuto se il Primo Maggio avesse conservato il carattere che, al principio, gli avevano dato i lavoratori. Ricorderemo un fatto di cui qualcuno di noi fu testimone e parte. [1] Era il Primo Maggio 1890. In Inghilterra la manifestazione per le otto ore prese proporzioni grandiose. In tutte le grandi città vi furono comizi e cortei di centinaia di migliaia di operai. Nell’Hide Park di Londra si riunirono più di un milione di persone, piene di entusiasmo, pronte a tutto, ma purtroppo, al seguito dei capi. Gli anarchici dicevano: Volete le otto ore di lavoro? Domani mattina dopo aver lavorato otto ore, posate gli utensili e rifiutatevi a continuare e … sabato esigete il salario intero. Dato lo stato d’animo della folla, data l’unanimità della manifestazione, non v’è dubbio che i padroni si sarebbero stimati fortunatissimi che gli operai fossero ancora tanto minchioni da voler lavorare otto ore per loro. Ma gli anarchici erano uno sparuto gruppo, senza influenza sulle masse e, in gran parte, stranieri. La loro voce cadde nel deserto. Invece i socialisti ed i dirigenti dei sindacati operai erano popolari e fra essi popolarissimo un Giovanni Burns operaio meccanico. Burns aveva acquistato la sua popolarità con metodi anarchici, incitando i lavoratori alla resistenza ed alla rivolta e facendosi, in conseguenza, perseguitare e imprigionare; ma poi era stato circuito dagli abili conservatori inglesi, adulato, accarezzato, iniziato ai comodi ed alle soddisfazioni della vita in mezzo ai signori; gli dettero ad intendere ch’egli potrebbe diventare deputato e che, dal parlamento, potrebbe meglio servire gli interessi del popolo ed egli, forse in buona fede, si lasciò prendere all’amo. E, nella manifestazione di cui parliamo, Burns opponendosi alle “sciocchezze” degli anarchici, fece approvare un ordine del giorno in cui si invitavano gli operai a votare pei candidati socialisti, i quali, diventati deputati, avrebbero proposto al Parlamento la legge delle otto ore. La giornata legale di otto ore divenne il motto d’ordine dei lavoratori inglesi … ed i padroni poterono continuare a farli lavorare nove ore o dieci. Colla lotta diretta, per mezzo di scioperi ed agitazioni violenti gli operai erano riusciti ad imporre, almeno nelle grandi industrie, la settimana di 54 ore ed il sabato inglese: entrati nella via legale e parlamentare ogni progresso nelle loro condizioni fu arrestato. Passarono venti anni, Giovanni Burns divenne deputato e, poi, ministro ma, delle otto ore, non si parlò più. Quando impareranno i lavoratori a fare da loro, ed a comprendere che dando il potere sia pure ai loro migliori ne fanno fatalmente dei nemici ! Errico Malatesta [1] Il “testimone” – vale la pena ricordarlo? - è lo stesso Malatesta esule a Londra per sfuggire alla repressione poliziesca in Italia. |
Laboratorio Eudaimonia - 01-05-2004 |
Per un Lavoro Minimo Garantito Almeno oggi, 1° maggio, cerchiamo di immaginare un mondo in cui ogni donna, ogni uomo possa disporre di un lavoro minimo garantito dalla società. Attenzione: non semplicemente od esclusivamente un reddito minimo garantito, un sussidio di disoccupazione. Facendo affidamento solo su di uno strumento sociale di questo tipo, ci trasformeremmo tutti velocemente in perenni sfaticati, ed in fin dei conti si tratterebbe pur sempre di una elemosina, considerato che la vera ricchezza non consiste tanto nel denaro quanto nel lavoro stesso, non nell'isolamento ai margini, scagliati inermi in uno spietato mercato del lavoro, ma in un'attiva, certa e serena integrazione all'interno della società. Parliamo invece dell'ipotesi di dotare ognuno su questa Terra di una attività minima garantita dalla società, valida a tutti gli effetti, di produzione, distribuzione, amministrazione, ricerca o che altro, tale che glie ne derivi un reddito ed un potere civico certi. Non sarebbe meraviglioso? Che forse la stragrande maggioranza dei guai di questo mondo non scomparirebbe quasi all'improvviso, il cedere umano al male derivando generalmente più dalla necessità, e dalla continua ingiusta esclusione di cui si è fatti oggetto, che da un'innata attitudine propria? Ebbene, se questo ideale non ci appare errato nello scopo, se intravvediamo come e quanto profondamente potrebbe migliorare la nostra stessa vita in una società che assumesse un sistema organizzativo degno di questo nome, allora è forse il caso che compiamo un primo decisivo passo verso questa direzione. Il primo passo è certo quello di prendere coscienza che le risorse fondamentali di una nazione, a partire dal lavoro, vanno equamente condivise tra tutte le persone della comunità. Il primo passo, quasi obbligato, è quello di una netta evoluzione del Pubblico Impiego che da proprietà esclusiva di pochi deve divenire risorsa realmente aperta e distribuita all'intera società. Il primo passo, potrebbe quindi giusto essere quello di firmare la Petizione al Parlamento Italiano reperibile sul WEB all'indirizzo: http://equo-impiego-pubblico-a-rotazione.hyperlinker.org/ Disoccupazione non voluta e precariato possono esistere solo quando i posti di lavoro vengono assegnati in esclusiva a qualcuno. Quando il lavoro viene invece considerato un bene comune, e come tale viene comunemente e costantemente ripartito, precariato e disoccupazione non voluta non possono che scomparire. Quando il posto di lavoro è fisso, fissa è anche la disoccupazione. Quando il lavoro è a rotazione, c'è lavoro per tutti, sempre, e disoccupazione e precariato diventano nient'altro che un brutto ricordo del passato. E' matematico. Danilo D'Antonio Laboratorio Eudemonia |
Vito De Russis - 04-05-2004 |
Da Amico qua "NONNO NONNO, NON E' COME LA RACCONTI TU ecco come è nato il primo maggio. Non è come lo racconti tu", mi dice la nipotina, che fa la quinta elementare, mostrandomi il "Lessico Universale Italiano" della Enciclopedia Italiana. Leggo, alla voce "calendimaggio", che la "festa dei lavoratori" del 1° maggio deriva da certi riti magici, dal risveglio della natura, eccetera; e che a questi si collegava la deliberazione del congresso socialista del 1889. "No, dico alla nipotina, non c'entra la natura, non c'entrano i riti magici. Il 1° maggio fu festeggiato dai lavoratori, per la prima volta, nel 1890 attuando la deliberazione del congresso socialista del 1889. Lo scopo era quello di ottenere la riduzione della giornata di lavoro a 8 ore cioè più salute, più dignità, più affetti e più civiltà; di incominciare a sentirsi esseri umani e non solo strumenti della produzione e dello sfruttamento.... Cara nipotina, non so chi sarà in grado di far modificare il testo del Lessico; temo che, forse, tra qualche anno non ci sarà più nemmeno la festa della Liberazione (25 aprile) e chissà cosa scriveranno sulle enciclopedie. Sai che fa il nonno ? manda queste note a un giornalista." |
marco - 05-03-2011 |
il sig. Calderoli dovrebbe riflettere su questo articolo ma la sua ignoranza è talmente ignorante che gli si è fuso il cervello.w l'italia w i lavoratori |