Storia del primo maggio
Collettivo Bellaciao - 01-05-2004


Il 1 Maggio nasce come momento di lotta internazionale di tutti i lavoratori, senza barriere geografiche, né tanto meno sociali, per affermare i propri diritti, per raggiungere obiettivi, per migliorare la propria condizione. "Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire" fu la parola d'ordine, coniata in Australia nel 1855, e condivisa da gran parte del movimento sindacale organizzato del primo Novecento. Si aprì così la strada a rivendicazioni generali e alla ricerca di un giorno, il primo Maggio, appunto, in cui tutti i lavoratori potessero incontrarsi per esercitare una forma di lotta e per affermare la propria autonomia e indipendenza. La storia del primo Maggio rappresenta, oggi, il segno delle trasformazioni che hanno caratterizzato i flussi politici e sociali all'interno del movimento operaio dalla fine del secolo scorso in poi.


Le origini

Dal congresso dell'Associazione internazionale dei lavoratori, la Prima Internazionale, riunito a Ginevra nel settembre 1866, scaturì una proposta concreta: "otto ore come limite legale dell'attività lavorativa". A sviluppare un grande movimento di lotta sulla questione delle otto ore furono soprattutto le organizzazioni dei lavoratori statunitensi. Lo Stato dell'Illinois, nel 1866, approvò una legge che introduceva la giornata lavorativa di otto ore, ma con limitazioni tali da impedirne l'estesa ed effettiva applicazione. L'entrata in vigore della legge era stata fissata per il 1 Maggio 1867 e per quel giorno venne organizzata a Chicago una grande manifestazione. Diecimila lavoratori diedero vita al più grande corteo mai visto per le strade della città americana. Nell'ottobre del 1884 la Federation of Organized Trades and Labour Unions indicò nel 1 Maggio 1886 la data limite, a partire dalla quale gli operai americani si sarebbero rifiutati di lavorare più di otto ore al giorno.

1886: I "martiri di Chicago"

Il 1 Maggio 1886 cadeva di sabato, allora giornata lavorativa, ma in dodicimila fabbriche degli Stati Uniti 400 mila lavoratori incrociarono le braccia. Nella sola Chicago scioperarono e parteciparono al grande corteo in 80 mila. Tutto si svolse pacificamente, ma nei giorni successivi scioperi e manifestazioni proseguirono e nelle principali città industriali americane la tensione si fece sempre più acuta. Il lunedì la polizia fece fuoco contro i dimostranti radunati davanti ad una fabbrica per protestare contro i licenziamenti, provocando quattro morti. Per protesta fu indetta una manifestazione per il giorno dopo, durante la quale, mentre la polizia si avvicinava al palco degli oratori per interrompere il comizio, fu lanciata una bomba. I poliziotti aprirono il fuoco sulla folla. Alla fine si contarono otto morti e numerosi feriti. Il giorno dopo a Milwaukee la polizia sparò contro i manifestanti (operai polacchi) provocando nove vittime. Una feroce ondata repressiva si abbatté contro le organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori, le cui sedi furono devastate e chiuse e i cui dirigenti vennero arrestati. Per i fatti di Chicago furono condannati a morte otto noti esponenti anarchici malgrado non ci fossero prove della loro partecipazione all'attentato. Due di loro ebbero la pena commutata in ergastolo, uno venne trovato morto in cella, gli altri quattro furono impiccati in carcere l'11 novembre 1887. Il ricordo dei "martiri di Chicago" era diventato simbolo di lotta per le otto ore e riviveva nella giornata ad essa dedicata: il 1 Maggio.

1890: 1 maggio, per la prima volta manifestazione simultanea in tutto il mondo

Il 20 luglio 1889 il congresso costitutivo della Seconda Internazionale, riunito a Parigi, decise che "una grande manifestazione sarebbe stata organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente i tutti i paesi e in tute le città, i lavoratori avrebbero chiesto alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore". La scelta cadde sul primo Maggio dell'anno successivo, appunto per il valore simbolico che quella giornata aveva assunto. In Italia come negli altri Paesi il grande successo del 1 Maggio, concepita come manifestazione straordinaria e unica, indusse le organizzazioni operaie e socialiste a rinnovare l'evento anche per 1891. Nella capitale la manifestazione era stata convocata in pazza Santa Croce in Gerusalemme, nel pressi di S.Giovanni. La tensione era alta, ci furono tumulti che provocarono diversi morti e feriti e centinaia di arresti tra i manifestanti. Nel resto d'Italia e del mondo la replica del 1 Maggio ebbe uno svolgimento più tranquillo. Lo spirito di quella giornata si stava radicando nelle coscienze dei lavoratori.

1891: la festa dei lavoratori diventa permanente

Nell'agosto del 1891 il II congresso dell'Internazionale, riunito a Bruxelles, assunse la decisione di rendere permanente la ricorrenza. D'ora in avanti il 1 Maggio sarebbe stato la "festa dei lavoratori di tutti i paesi, nella quale i lavoratori dovevano manifestare la comunanza delle loro rivendicazioni e della loro solidarietà".

Il primo maggio durante il fascismo

Nel nostro Paese il fascismo decise la soppressione del 1 Maggio, che durante il ventennio fu fatto coincidere il con la celebrazione del 21 aprile, il cosiddetto Natale di Roma. Mentre la festa del lavoro assume una connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse (dal garofano rosso all'occhiello, alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alla riunione in osteria) l'opposizione al regime. Il 1 Maggio tornò a celebrarsi nel 1945, sei giorno dopo la liberazione dell'Italia.

1947: L'eccidio di Portella della Ginestra

La pagina più sanguinosa della festa del lavoro venne scritta nel 1947 a Portella della Ginestra, dove circa duemila persone del movimento contadino si erano date appuntamento per festeggiare la fine della dittatura e il ripristino delle libertà, mentre cadevano i secolari privilegi di pochi, dopo anni di sottomissione a un potere feudale. La banda Giuliano fece fuoco tra la folla, provocando undici morti e oltre cinquanta feriti. La Cgil proclamò lo sciopero generale e puntò il dito contro "la volontà dei latifondisti siciliani di soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori". La strage di Portella delle Ginestre, secondo l'allora ministro dell'Interno, Mario Scelba, chiamato a rispondere davanti all'Assemblea Costituente, non fu un delitto politico. Ma nel 1949 il bandito Giuliano scrisse una lettera ai giornali e alla polizia per rivendicare lo scopo politico della sua strage. Il 14 luglio 1950 il bandito fu ucciso dal suo luogotenente, Gaspare Pisciotta, il quale a sua volta fu avvelenato in carcere il 9 febbraio del 1954 dopo aver pronunciato clamorose rivelazioni sui mandanti della strage di Portella.

Il primo Maggio oggi

Le profonde trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini, la progressiva omogeneizzazione delle abitudini hanno profondamente cambiato il significato di una ricorrenza che aveva sempre esaltato la distinzione della classe operaia. Il modo di celebrare il 1 maggio è quindi cambiato nel corso degli anni.


Un approfondimento su Collectif Bellaciao


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 Ilaria Ricciotti    - 01-05-2004

Quest'anno la festa dei lavoratori avrà un altro sapore

 Grazia Perrone    - 01-05-2004
Propongo, alla cortese attenzione dei lettori di Fuoriregistro, un articolo di Errico Malatesta scritto … appena ieri!

FONTE: Umanità Nova (quotidiano anarchico) n. 103 del 30 aprile 1922

Sembra che quest’anno la manifestazione del Primo Maggio avrà una importanza da molti anni inusitata. E bisognerebbe che così fosse, poiché sarebbe una prova di risveglio, una affermazione di volontà da parte del proletariato.
Dopo le fallite speranze dell’immediato dopoguerra i lavoratori che già avevano creduto di avere la vittoria in mano e si trovarono d un tratto vinti e burlati, non seppero resistere alla irruente reazione, e per quasi due anni sorpresi, sbandati, disorientati hanno subito le prepotenze sanguinarie degli scherani della borghesia. Si sono lasciati in molte plaghe, uccidere, bastonare, ridurre in schiavitù, hanno lasciato distruggere le loro istituzioni, hanno fatto sperare ai padroni che oramai ogni efficace resistenza operaia era spezzata e che essi potevano un’altra volta imporre i salari di fame e le avvilenti condizioni di lavoro che prevalevano trenta o quaranta anni or sono.

Ma tale situazione non può, non deve durare. E già sintomi di riscossa si manifestano un po’ dappertutto e questo Primo Maggio vorrà essere, speriamo, il basta solenne che il proletariato griderà in faccia ai suoi oppressori, e la ripresa della marcia in avanti verso l’emancipazione finale.

Ma poiché questo articolo giungerebbe troppo tardi come sprone per rendere la manifestazione quanto più è possibile grandiosa e significativa, diremo piuttosto qualche cosa sulla storia del Primo Maggio per gli insegnamenti che se ne possono trarre.

L’idea di uno sciopero mondiale nel Primo Maggio di ogni anno per affermare la solidarietà di tutti i lavoratori e proclamare le loro rivendicazioni ebbe origine in America in occasione dell’agitazione delle otto ore, e fu subito consacrata dal sangue degli anarchici martiri di Chicago. Fu, poi, adottata dal Congresso Socialista di Parigi del 1889 ed accolta con entusiasmo da tutto il proletariato cosciente di tutti i paesi.

I socialisti intendevano, come fu dimostrato dalla loro condotta successiva, fare ogni anno delle semplici manifestazioni politiche, intese a richiamare la benevola attenzione dei pubblici poteri sulle domande dei lavoratori ed in specie sulla riduzione a otto ore della giornata lavorativa. Ma i lavoratori, almeno nei paesi latini, Francia, Spagna ed Italia, videro ben altra cosa in quella grandiosa manifestazione delle forze dei lavoratori uniti. Vi videro l’affermazione del loro diritto alla totale emancipazione dal giogo capitalistico ed il mezzo di conseguire automaticamente quella simultaneità d’azione giudicata necessaria alla vittoria contro le forze armate che stanno a difesa del capitalismo.

E, per alcuni anni, il Primo Maggio fu giorno aspettato con ansia, trepidazioni, speranze, conati di preparativi insurrezionali da parte dei sovversivi, e paure insensate e persecuzioni arbitrarie da parte delle polizie. E si sperava in un crescendo continuo che mettesse capo alla rivoluzione.

Ma i socialisti che vedevano il movimento prendere una piega ben diversa da quella che era nelle loro intenzioni si affrettarono ai ripari. E come prima misura, per togliere al Primo Maggio ogni carattere di ribellione contro la volontà dei padroni e perfino la qualità dello sciopero, sia pure legale ma fatto per volontà dei lavoratori, fecero il possibile per trasportare la manifestazione dal 1° Maggio alla prima domenica di maggio e mutare la protesta del lavoratori in una banale Festa del Lavoro.

Borghesia e governi d’altra parte compresero che il miglior modo per uccidere il movimento era quello di riconoscerlo come legale ed in breve volgere di anni il Primo Maggio fu più o meno ufficialmente riconosciuto come giorno di festa e mancò poco che non divenisse festa obbligatoria.

Il Primo maggio era praticamente ucciso.

Ma esso è restato nella memoria dei lavoratori e potrebbe risorgere ancora con tutti i suoi caratteri di lotta.

Non staremo qui a discutere quello che sarebbe avvenuto se il Primo Maggio avesse conservato il carattere che, al principio, gli avevano dato i lavoratori.

Ricorderemo un fatto di cui qualcuno di noi fu testimone e parte. [1]

Era il Primo Maggio 1890. In Inghilterra la manifestazione per le otto ore prese proporzioni grandiose. In tutte le grandi città vi furono comizi e cortei di centinaia di migliaia di operai. Nell’Hide Park di Londra si riunirono più di un milione di persone, piene di entusiasmo, pronte a tutto, ma purtroppo, al seguito dei capi.

Gli anarchici dicevano: Volete le otto ore di lavoro? Domani mattina dopo aver lavorato otto ore, posate gli utensili e rifiutatevi a continuare e … sabato esigete il salario intero.

Dato lo stato d’animo della folla, data l’unanimità della manifestazione, non v’è dubbio che i padroni si sarebbero stimati fortunatissimi che gli operai fossero ancora tanto minchioni da voler lavorare otto ore per loro.

Ma gli anarchici erano uno sparuto gruppo, senza influenza sulle masse e, in gran parte, stranieri.

La loro voce cadde nel deserto.

Invece i socialisti ed i dirigenti dei sindacati operai erano popolari e fra essi popolarissimo un Giovanni Burns operaio meccanico. Burns aveva acquistato la sua popolarità con metodi anarchici, incitando i lavoratori alla resistenza ed alla rivolta e facendosi, in conseguenza, perseguitare e imprigionare; ma poi era stato circuito dagli abili conservatori inglesi, adulato, accarezzato, iniziato ai comodi ed alle soddisfazioni della vita in mezzo ai signori; gli dettero ad intendere ch’egli potrebbe diventare deputato e che, dal parlamento, potrebbe meglio servire gli interessi del popolo ed egli, forse in buona fede, si lasciò prendere all’amo.

E, nella manifestazione di cui parliamo, Burns opponendosi alle “sciocchezze” degli anarchici, fece approvare un ordine del giorno in cui si invitavano gli operai a votare pei candidati socialisti, i quali, diventati deputati, avrebbero proposto al Parlamento la legge delle otto ore.

La giornata legale di otto ore divenne il motto d’ordine dei lavoratori inglesi … ed i padroni poterono continuare a farli lavorare nove ore o dieci.

Colla lotta diretta, per mezzo di scioperi ed agitazioni violenti gli operai erano riusciti ad imporre, almeno nelle grandi industrie, la settimana di 54 ore ed il sabato inglese: entrati nella via legale e parlamentare ogni progresso nelle loro condizioni fu arrestato.

Passarono venti anni, Giovanni Burns divenne deputato e, poi, ministro ma, delle otto ore, non si parlò più.

Quando impareranno i lavoratori a fare da loro, ed a comprendere che dando il potere sia pure ai loro migliori ne fanno fatalmente dei nemici !

Errico Malatesta



[1] Il “testimone” – vale la pena ricordarlo? - è lo stesso Malatesta esule a Londra per sfuggire alla repressione poliziesca in Italia.

 Laboratorio Eudaimonia    - 01-05-2004
Per un Lavoro Minimo Garantito

Almeno oggi, 1° maggio, cerchiamo di immaginare un mondo in cui ogni donna, ogni uomo possa disporre di un lavoro minimo garantito dalla società.

Attenzione: non semplicemente od esclusivamente un reddito minimo garantito, un sussidio di disoccupazione. Facendo affidamento solo su di uno strumento sociale di questo tipo, ci trasformeremmo tutti velocemente in perenni sfaticati, ed in fin dei conti si tratterebbe pur sempre di una elemosina, considerato che la vera ricchezza non consiste tanto nel denaro quanto nel lavoro stesso, non nell'isolamento ai margini, scagliati inermi in uno spietato mercato del lavoro, ma in un'attiva, certa e serena integrazione all'interno della società.

Parliamo invece dell'ipotesi di dotare ognuno su questa Terra di una attività minima garantita dalla società, valida a tutti gli effetti, di produzione, distribuzione, amministrazione, ricerca o che altro, tale che glie ne derivi un reddito ed un potere civico certi.

Non sarebbe meraviglioso? Che forse la stragrande maggioranza dei guai di questo mondo non scomparirebbe quasi all'improvviso, il cedere umano al male derivando generalmente più dalla necessità, e dalla continua ingiusta esclusione di cui si è fatti oggetto, che da un'innata attitudine propria?

Ebbene, se questo ideale non ci appare errato nello scopo, se intravvediamo come e quanto profondamente potrebbe migliorare la nostra stessa vita in una società che assumesse un sistema organizzativo degno di questo nome, allora è forse il caso che compiamo un primo decisivo passo verso questa direzione.

Il primo passo è certo quello di prendere coscienza che le risorse fondamentali di una nazione, a partire dal lavoro, vanno equamente condivise tra tutte le persone della comunità. Il primo passo, quasi obbligato, è quello di una netta evoluzione del Pubblico Impiego che da proprietà esclusiva di pochi deve divenire risorsa realmente aperta e distribuita all'intera società.

Il primo passo, potrebbe quindi giusto essere quello di firmare la Petizione al Parlamento Italiano reperibile sul WEB all'indirizzo:

http://equo-impiego-pubblico-a-rotazione.hyperlinker.org/


Disoccupazione non voluta e precariato possono esistere solo quando i posti di lavoro vengono assegnati in esclusiva a qualcuno. Quando il lavoro viene invece considerato un bene comune, e come tale viene comunemente e costantemente ripartito, precariato e disoccupazione non voluta non possono che scomparire. Quando il posto di lavoro è fisso, fissa è anche la disoccupazione. Quando il lavoro è a rotazione, c'è lavoro per tutti, sempre, e disoccupazione e precariato diventano nient'altro che un brutto ricordo del passato.

E' matematico.


Danilo D'Antonio
Laboratorio Eudemonia



 Vito De Russis    - 04-05-2004
Da Amico qua

"NONNO NONNO, NON E' COME LA RACCONTI TU ecco come è nato il primo maggio. Non è come lo racconti tu", mi dice la nipotina, che fa la quinta elementare, mostrandomi il "Lessico Universale Italiano" della Enciclopedia Italiana. Leggo, alla voce "calendimaggio", che la "festa dei lavoratori" del 1° maggio deriva da certi riti magici, dal risveglio della natura, eccetera; e che a questi si collegava la deliberazione del congresso socialista del 1889. "No, dico alla nipotina, non c'entra la natura, non c'entrano i riti magici. Il 1° maggio fu festeggiato dai lavoratori, per la prima volta, nel 1890 attuando la deliberazione del congresso socialista del 1889. Lo scopo era quello di ottenere la riduzione della giornata di lavoro a 8 ore cioè più salute, più dignità, più affetti e più civiltà; di incominciare a sentirsi esseri umani e non solo strumenti della produzione e dello sfruttamento.... Cara nipotina, non so chi sarà in grado di far modificare il testo del Lessico; temo che, forse, tra qualche anno non ci sarà più nemmeno la festa della Liberazione (25 aprile) e chissà cosa scriveranno sulle enciclopedie. Sai che fa il nonno ? manda queste note a un giornalista."

 marco    - 05-03-2011
il sig. Calderoli dovrebbe riflettere su questo articolo
ma la sua ignoranza è talmente ignorante che gli si è fuso il cervello.w l'italia w i lavoratori