tam tam |  opinione  |
6) Dal carteggio Adam Smith – Berlusconi
Aldo E. Quagliozzi - 24-04-2004



Confesso di avere ripreso la trascrizione del carteggio con spirito abbacchiatello , non tanto per la non ancora riconosciuta importanza del rinvenimento in sé stesso, della qualcosa tutti ne converranno, quanto per la quasi certezza di non poter rinvenire sostanziose e dottissime lettere del nostro “ egoarca “, che sinora si è bellamente defilato demandando le scarne risposte, o meglio gli accenni alle missive ricevute, alle sue avvenenti componenti della segreteria.
L’avvenenza delle quali produrrebbe di certo un colpo quasi mortale al discendente del famoso scozzese, se fosse informato che non di dame o damigelle trattasi, bensì dei noti e non affascinanti Gianni Letta e Giuliano Ferrara.
La qualcosa non disturba più di tanto. Ecco il testo della quinta lettera o meglio, quel che se ne è potuto di essa trascrivere.

Glasgow, 10 gennaio 1994.

Caro Cavaliere,
avevo da pochi giorni spedito la mia ultima lettera a Lei, quando ho fatto una piccola scoperta: sulla vostra massima enciclopedia, la Treccani, la voce Adam Smith è piuttosto ampia, ma una sola volta vi è citata la parola liberalismo. Strano, vero? Né liberalismo, né liberismo.
Il concetto che gli assomiglia di più e che vi è trascritto pudicamente in francese, è “ lassez faire “.
Mi sono domandato il perché di tanta reticenza, e credo che la spiegazione sia ovvia.
L’ Enciclopedia Treccani uscì nel 1937, durante il regime fascista. Benché si tratti di un’opera scientificamente seria, compilata sul modello della Britannica e per molti aspetti ancora valida, anzi, preziosa, era inevitabile che alcune voci risentissero delle esigenze di propaganda tipiche del tempo.
E la propaganda fascista, che pure non aveva remore nel confronto con una dottrina avversa come il marxismo,vigorosamente polemizzando con l’autore del Capitale, incontrava assai maggiori difficoltà nell’offensiva ideologica diretta a demolire il liberalismo.
Perciò sulla cultura liberale la parola d’ordine era: mettere la sordina.
C’è un triste paradosso che da allora, soprattutto in Italia, condiziona il rapporto tra liberalismo e fascismo: benché si tratti di ideologie radicalmente opposte, nella pratica politica hanno sovente finito per trovarsi contigue e in osmosi reciproca.
Quando, sotto le rovine della seconda guerra mondiale, il fascismo cadde, i più furbi tra coloro che lo avevano sostenuto senza troppo compromettersi vollero trovare una zattera, mediante la quale contare ancora nella vita pubblica, e in molti scelsero il Partito liberale, che largheggiò nell’ospitarli tra le sue fila.
( … ) Divenuto partito satellite di una Dc che, in società coi neosocialisti di Craxi, concepiva ormai il potere come una grande cosca, il Partito liberale italiano ha conosciuto un avvilente declino fino ad estinguersi nel crollo del vecchio regime.
Stia attento, caro Berlusconi, stia attento ai reduci del Partito liberale.
( … ) Diffidi soprattutto degli avvocati. Quella dell’avvocato è una professione di nobilissimo ruolo, purché sia separata dalla pratica politica.
Difficilmente un parlamentare può impegnarsi nella difesa dell’interesse generale quando svolge una professione che lo porta, per definizione istituzionale, a tutelare interessi di singoli.
Sa cosa scriveva il vostro Marco Minghetti già nel 1881? “ Io credo che dannosa e pericolosa sia la frequenza di avvocati esercenti nelle assemblee deliberanti. Le cagioni son molte e notorie, e dalla esperienza riconfermate. ( … ) E’ evidente che la professione loro li rende inchinevoli a farsi patrocinatori di questo o di quell’affare “.
( … ) Uno peraltro, me ne rendo conto, non può avere mille occhi e mille orecchie. Tutti Le stanno con il fucile puntato, e da qualsiasi fatto può nascere una trappola.
Prendiamo, per esempio, la legge Mammì, approvata nel 1990, quando il repubblicano Oscar Mammì era ministro delle Poste. Nel tardivo sforzo di porre fine al caos dell’etere, la Mammì distribuì le frequenze alle diverse televisioni, grandi e piccole, secondo criteri che – sostengono i Suoi nemici – favorirono smaccatamente le reti Fininvest.
Io sono convinto che, in questi casi, comunque un governo decida, si espone alle critiche di chi rimane scontento. La polemica è dunque fisiologica.
C’è però un piccolo particolare su cui vorrei essere rassicurato. Leggo su un giornale inglese che il ministro Mammì, nel momento in cui redigeva la legge sulla disciplina dell’emittenza televisiva, aveva come segretario e collaboratore assiduo un certo Davide Giacalone, e che costui, a legge approvata, divenne consulente fisso della Fininvest. E’ vero? E, se è vero, come mai nessuno dei Suoi prestigiosi avvocati La mise in guardia contro il rischio che in quell’assunzione si potesse ravvisare una ricompensa indebita?
Le ho detto, caro dottor Berlusconi, che queste sono domande fatte da uno che sta dalla Sua parte. Mi risponderà quando ne avrà tempo e voglia.
( … ) Abbia i migliori miei saluti. Adam Smith “

( da “ lettere di Adam Smith al Cavalier Berlusconi “ di Sergio Turone – Laterza – 1995 )



  discussione chiusa  condividi pdf