La Memoria e l’Orgoglio
Grazia Perrone - 22-04-2004
Il 25 aprile, anniversario della Liberazione, il Presidente Carlo Azeglio Ciampi conferirà alla città di Barletta la medaglia d’oro al valor militare (che si aggiungerà a quella al merito civile già conferita nel 1959) per il tributo di sangue che i militari italiani – unitamente ai civili della cittadina pugliese -, pagarono resistendo alle truppe tedesche dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943.


Quei Caduti per la Libertà riceveranno un riconoscimento di alto valore simbolico, sia pure postumo, del loro sacrificio. Eppure, come denuncia il documento conclusivo approvato dalla Commissione della CAMERA DEI DEPUTATI , sono tantissime le vittime della ferocia nazifascista che reclamano giustizia (e memoria storica) poiché numerose sono le inchieste sulle stragi nazifasciste regolarmente avviate a Liberazione avvenuta e, inspiegabilmente, “insabbiate” nel dopoguerra.

Inchieste documentate e raccolte in 695 fascicoli, contenenti circostanziate denunzie di crimini nazi-fascisti commessi nel corso della seconda guerra mondiale, e riguardanti circa 15.000 vittime.

Tutti questi fascicoli erano contenuti nel cosiddetto “armadio della vergogna” (e della rimozione storica) in una stanza degli uffici giudiziari di Palazzo Cesi in Roma nel quale erano stati – “provvisoriamente” – archiviati nel lontano 1960.
Particolare non irrilevante: l’armadio in oggetto aveva le ante rivolte contro il muro per impedire a chiunque la visione ed è stato scoperto per caso dal procuratore militare di Roma, Antonino Intelisano, nel giugno 1994.

Alcune di queste inchieste - così come risulta dagli atti processuali riemersi dopo decenni di oblìo - sono state regolarmente aperte e poi definitivamente archiviate perché (testuale) "è passato troppo tempo per risalire ai responsabili” (come, ad esempio, la strage di civili avvenuta a Barletta il 12 settembre 1943 e rimasta senza colpevoli).

Tuttavia ci sono voluti ben nove anni (maggio 2003) prima che il Parlamento della Repubblica “nata dalla Resistenza” promuovesse una Commissione – presieduta dall’On. Flavio Tanzilli dell’UDC – finalizzata ad “accertare esecutori e mandanti di quel lontano occultamento” dovuto – secondo il parere azzardato dal giudice Intelisano in commissione – al fatto che (…)”era politicamente inopportuno – in un momento in cui si era in piena guerra fredda e si stava costruendo l’Alleanza Atlantica – pregiudicare il buon nome della nuova Germania (…)”.

Insomma fu una scelta politica ben precisa, una sorta di “real politik” ante litteram, per chiudere in fretta le ferite con un Paese – la Germania Ovest – che non era più un nemico ma un, prezioso, alleato dell'Occidente e il cui esercito era fondamentale per la difesa del “fronte orientale”. Quello più esposto e più vicino "all'Impero del Male": l’Unione Sovietica. Di più. E’ documentato – basta scorrere l’archivio di denunce ritrovato “nell’armadio della vergogna” – il ruolo di rilievo esplicitato dalla Wermacht – l’esercito regolare tedesco – negli eccidi di militari e civili avvenuti (in Italia e all’estero) dopo l’otto settembre.

Ed è così che – un po’ per caso e … molto per "dolo" - sono spariti nel nulla (e nell'oblìo della memoria storica) atti come la strage di Palidoro avvenuta poche ore prima e nello stesso luogo nel quale sarà fucilato Salvo D’Acquisto che – desecretati dalla Commissione parlamentare che indaga su quei fascicoli – ricostruiscono la vicenda nei dettagli.

Sono le tre del pomeriggio del 23 settembre 1943: i tedeschi rastrellano 13 civili italiani e li avviano al lavoro coatto. I civili devono togliere un reticolato, scavare una trincea, sistemare un camminamento: un lavoro che richiede alcuni giorni. Nella notte del 30 settembre, però, tre di loro – eludendo la sorveglianza – riescono a fuggire. La mattina dopo, scoperta la fuga, i tedeschi decidono di fucilare tre prigionieri per rappresaglia.

Ecco il racconto dei sopravvissuti - nella denuncia "contro ignoti" - allegato agli atti processuali la vigilia di Natale del 1945: “sulla porta della camerata – raccontano – comparve, impugnando una rivoltella, il maresciallo. Si fece avanti e mostrò dieci fiammiferi di legno che gli spuntavano, con le capocchie tutte uguali, tra l’indice e il medio della mano sinistra chiusa a pugno. Invitò ad uno ad uno i dieci giovani rimasti a prendere un fiammifero. All’inizio nessuno capì. Quando tutti ebbero pigliato il fiammifero, constatammo che quelli capitati a Renato Posata, Pietro Fumaroli e Giuseppe Canu si presentavano con il gambo raccorciato. Erano loro i tre da uccidere. Si incominciò a capire la tragicità del gioco – si legge nel verbale testimoniale – e ai tre si affacciò il primo pallore della morte. I tedeschi non persero tempo. Dopo qualche minuto l’interprete ordinò a tutti di uscire dalla stanza e tutti videro un plotone armato. Il maresciallo additò le vittime a quattro militari che li ghermirono. Ci fu un tentativo disperato. Tutti gli altri supplicarono il maresciallo di desistere dal suo proposito e che avrebbero fatto di tutto per rintracciare i tre compagni che si erano dati alla fuga. Ma non servì a nulla. I tre prescelti vennero portati verso la Torre di Palidoro e tutti gli altri obbligati a seguirli armati di badile. Ivi furono fucilati senza formalità e noi superstiti obbligati a coprirli di terra dopo constatato il decesso (…)”.

Le indagini, subito avviate dai carabinieri dopo la denuncia, procedono a rilento e tra mille difficoltà fino al 14 gennaio 1960: data in cui il procuratore militare, Enrico Santacroce, ne ordina la “provvisoria” archiviazione che – di fatto – risulta essere una archiviazione definitiva.

Non sarà la prima né l'ultima.

***

La Resistenza può ancora dividere – afferma lo storico Erich Hobsbawm - in una intervista rilasciata, tempo fa, ad un quotidiano locale durante un incontro informale alla libreria Laterza di Bari. E subito dopo aggiunge: (…)”credo che, in quest’ultimo decennio, sia tornata, nel vostro Paese, ad essere causa di divisione politica (..)” e questo perché (…)” siamo in un momento in cui la vecchia destra è tornata sulla scena ed è ovvio che, per questa destra, ovvero per gli eredi del fascismo, la questione della Liberazione non può essere vissuta allo stesso modo degli altri partiti (…)”.

Hobsbawm, insomma, non si meraviglia affatto che – un argomento come quello della Resistenza – possa creare conflitti, divisioni e polemiche storiografiche e politiche in un Paese che ha "fatto i conti" con il proprio passato totalitario (e totalizzante) in modo notevolmente diverso dalla Germania. Paese in cui il nazionalsocialismo è stato buttato totalmente, e senza ambiguità né reticenze, fuori dalla vita sociale e politica. Cosa che non è avvenuta in Italia dove – per ragioni storiche ed errori politici – l’eredità politica del fascismo ha sempre sopravvissuto. Entrando, addirittura, in Parlamento.

(…)”Bisogna ricordare che questi onorevoli – rammenta con amarezza Carla Capponi - erano i peggiori figuri della Repubblica Sociale, tutti condannati a morte. In mezzo a loro c'erano una serie di personaggi che avevano colpe gravissime; io non voglio fare i nomi, ma hanno fatto i parlamentari degli uomini che erano stati gli aguzzini, impiccatori di partigiani, persecutori... meno Borghese, che aveva fatto la X MAS ed era stato degradato e espulso dall'esercito, ma lui non è mai stato parlamentare. Lo sono stati invece Ezio Maria Grai: Filippo Anfuso, che era stato ambasciatore in Germania, aveva visitato i campi di concentramento dei nostri militari che erano stati internati in Germania. Questa dell'esercito italiano è stata una tragedia nella tragedia. Di un milione che si rifiutarono di combattere con i tedeschi, una parte sono stati deportati qui nella stessa Italia. Dei 640.000 portati nei campi di concentramento in Germania: ne sono morti più di 40.000, pensate! (…)”.

Adesso questa, scomoda, eredità è parte integrante della maggioranza di governo e solo gli ingenui possono esternare "preoccupazione e sconcerto" di fronte ad una “diversa visione” (e interpretazione) della Costituzione data da questa maggioranza.

La Costituzione italiana – ed è lo storico inglese a dirlo! – è basata proprio sulla Resistenza, sulla Liberazione, e oggi, dopo la fine della Prima Repubblica, dopo quasi mezzo secolo, siamo per la prima volta in un momento in cui la vecchia ultradestra torna sulla scena politica. Possono – si chiede retoricamente – i rappresentanti di questo schieramento considerare la Liberazione allo stesso modo dei partiti democratici o dei partiti del centrosinistra che li hanno preceduti al governo?

Certo che no … è la, lapidaria, risposta.

Forse il mio sarà uno sforzo retorico velleitario ma ritengo utile riproporre alla cortese attenzione dei lettori di Fuoriregistro un, commosso, ricordo che Giuliano Vassalli ha rivolto ad uno dei “padri” della nostra Costituzione in occasione del quarantesimo anniversario della sua scomparsa: Piero Calamandrei.

Il mio intento è quello di affermare - con forza - che il revisionismo storico imperante sul fascismo e sul comunismo ha un obiettivo politico preciso e palese: riscrivere la Carta Costituzionale puntando da un lato a riabilitare il fascismo (specie la prima parte ... quella squadristica e violenta) e dall'altro a delegittimare il contributo dei Partigiani alla lotta di Liberazione (e di riscatto) nazionale.

Svuotandane ruolo (politico e miltare), finalità e contenuti sociali.

In quest'ottica diventa più agevole - per i "riformatori a maggioranza semplice" - metterne in discussione l'intero impianto autolegittimandosi nella riformulazione. Il tentativo, maldestro, operato dalla destra di riscrivere la Storia, oltretutto, non è nuovo dal momento che ci hanno già provato negli anni '50.

L’accorata denuncia di questo tentativo scritta, nel 1953, da Piero Calamandrei sulla rivista ``Il Ponte'' ne è la prova.


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 R.A.B.    - 25-04-2004
"…Di questo patto, giurato fra Uomini Liberi che volontari per dignità non per odio, decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo; Su queste strade se vorrai tornare, ai nostri posti ci troverai: Morti e Vivi!
Collo stesso impegno, Popolo serrato intorno al monumento che si chiama:
ORA E SEMPRE RESISTENZA! " Piero Calamandrei