>> continua... "/>
Giovanni Marcianò sul PP3 e sul futuro SNVI
Gruppo di lavoro - 06-04-2004
Premettiamo che le domande rivolte a Giovanni Marcianò (*) riguardano indistintamente i tre progetti, anche se le citazioni utilizzate per le prime sono state prese dalla relazione sul progetto Pilota 1, svolta dal Professor Elias, presidente dell’Invalsi. In ciò confortate da questa dichiarazione contenuta nella relazione dello stesso professore sul Progetto Pilota 2

"Il metodo di valutazione - Il metodo scelto combina la valutazione delle prestazioni degli studenti, attraverso l’uso di prove oggettive appositamente costruite, con la rilevazione delle attività avviate dalle istituzioni scolastiche su specifici aspetti del servizio scolastico. Esso ricalca il metodo utilizzato per la prima valutazione ."


Questa l’intervista


- Il gruppo di lavoro INVALSI che dà inizio alla sperimentazione nel 2001 (a proposito, ora è lo stesso?) dichiara che la prima caratteristica (a proposito, perché caratteristica e non obiettivo?) del progetto stesso doveva essere quella di :
a. misurare, scuola per scuola, il grado di raggiungimento degli obiettivi nazionali stabiliti dall’Alta Direzione (Ministro), integrando gli obiettivi nazionali con quelli dell’autonomia;

Con l'espressione obiettivi nazionali, si intendono gli standard nazionali , peraltro non ancora prodotti, o i due ambiti di indagine previsti dal ministro al momento della nascita del progetto (attuazione del POF e competenze)? L'osservazione ci serve per introdurre la domanda vera: come è possibile partire con un piano di valutazione, se non esistono standard nazionali?

Ho visto un po' po' di ministri dibattersi con questo problema. L'idea del SNVI non e' nata ieri, ma quando qualcuno ha tagliato la testa al toro (ha DECISO ... spero tutti conoscano l'etimologia del verbo decidere) e tra la pressione dell'UE, in cui spicchiamo per la mancanza di un servizio di valutazione nazionale, e i tempi per un processo di difficile avvio (prima gli obiettivi poi la valutazione), ha lanciato i "Progetti Pilota" che - evidentemente in modo indiretto - han portato e portano tutti i soggetti della scuola a confrontarsi.

Non vorrei comunque che permanesse un equivoco di fondo su cui ogni riflessione rischia di scivolare. Ora poi che il decreto e' uscito, penso che tutti debbano premettere ad ogni osservazione che stiamo parlando di "obiettivi nazionali " nel contesto in cui (cito la sintesi pubblicata qui: " Si passa dalla valutazione delle procedure alla valutazione degli esiti formativi in uscita, superando l'auto-referenzialità del sistema scolastico, a supporto di una piena autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche e dei loro processi di auto-valutazione ."

Non vedo in ciò una limitazione dell'autonoma didattica della scuola - e di riflesso di noi insegnanti. Sinora siamo tutti "andati a naso", anzi molte scuole si sono più volte dichiarate "abbandonate" nell'auto-valutazione che non poteva che essere autoreferenziale. E quindi con pochi riflessi verso la progettualità mirata a risolvere tanti limiti - ben presenti a tutti noi - dell'azione didattica quotidianamente espressa in classe. Ora i PP hanno provato a dare alle scuole partecipanti degli elementi di riscontro. Un'esperienza pilota in cui chi ha partecipato ha ben avuto modo di vedere mille limiti, ma anche un dato su cui imperniare poi la propria autovalutazione d'istituto.

Un dato esterno, a volte gratificante, a volte scomodo. Comunque "esterno", e in quanto tale "dato" e non "elaborato" internamente. Ci sono state scuole che han dichiarato di "non riconoscersi" in quel dato (e quindi hanno inviato un feedback con tutte le osservazioni metodologiche del caso, perché si affinasse il processo. Dal PP1, al PP2 e ora al PP3 è stata una continua evoluzione). Molte scuole invece hanno trovato riscontri interni a quel dato esterno, e rinforzati proprio dal valore del "dato esterno" han potuto avviare processi interni di progettazione dell'offerta formativa
.

- La seconda caratteristica dichiarata era quella di : c. utilizzare parametri coerenti con quelli usati dai servizi di valutazione comunitari e internazionali.
Perché non con quelli delle scuole ? Sappiamo che potrebbero essere tanti ( e tanti sono, e ricchi ed articolati), ma perché non aggiungere il riferimento alle scuole? (E' questo che volevamo dire: una cultura valutativa esiste. Corsi e corsi di formazione: inutili?)

Semplicemente perché stiamo parlando di due livelli - quello di SISTEMA SCOLASTICO e quello d' ISTITUTO , che devono correlarsi ma non mescolarsi. Altrimenti dove va a finire l'Autonomia? Non confondiamo il FARO con la BARCA . L'INVALSI sarà il faro (un punto fisso, ben visibile), ed ogni scuola sarà una barca che.- tracciando la rotta preferita - povrà fare rotta non più alla cieca.
Ho reinterpretato metaforicamente il decreto quando afferma (prendo sempre la sintesi di cui sopra) "La valutazione affidata all'Istituto è una valutazione esterna e di sistema che si aggiunge alla valutazione formativa, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli studenti, di competenza dei docenti. Viene così definito il sistema complessivo di valutazione, articolato su entrambe le valutazioni, esterna ed interna ."

Insomma, la funzione dell'INVALSI sarà quella di segnare un punto fisso di riferimento per tutti. Così ogni scuola potrà collocarsi rispetto al riferimento nazionale, e scegliere (non a caso, ma in modo circostanziato) il percorso didattico da programmare . E non solo. Conosco numerosi casi in cui per quanto la scuola possa fare, da sola non potrà mai risolvere i problemi presenti in classe, perché nascono e crescono all'esterno alla scuola. Un riferimento nazionale potrà aiutarla a coinvolgere in un progetto le altre istituzioni del territorio? Se c'e' una situazione critica, un riferimento nazionale darà forza alla scuola nel sollecitare quegli altri soggetti che possono incidere sui fenomeni di dispersione scolastica e che invece - in molti casi - "scaricano" sulla scuola tutta la responsabilità e minimizzano ogni documento prodotto dagli insegnanti come una "visione parziale"
?

- La docimologia è la scienza della misurazione. Piuttosto arida e tecnica (formule, numeri) Che però ha chiari il chi, il cosa misurare ed il perché e a questi "oggetti" adatta gli strumenti ed il metodo. Ma soprattutto, la docimologia calata nell'atto pratico della valutazione misura a "partire da" e "rispetto a". Come si pone l'impostazione del progetto, rispetto a questa procedura "virtuosa" praticata nelle scuole?

I progetti pilota mi sembra abbiano proceduto proprio così. Ma - di nuovo - non confondiamo i livelli. Nessuno prima aveva messo in atto una procedura di valutazione del SISTEMA DELL'ISTRUZIONE (e non dell'istituzione scolastica ...), quindi il "partire da" e' stato certamente critico ... ma e' servito per progettare poi il PP2, e ora il PP3. Basta per il SNVI ? A mio parere ancora no, anche io ho una serie di puntualizzazioni docimologiche a cui non è stata data risposta (dal PP2 al PP3), tuttavia resta in sospeso il problema principale: quanto tempo ancora lasciare le scuole senza un FARO a cui riferirsi?

- Nel linguaggio (che non è solo linguaggio) della programmazione didattica, la prova è una verifica di quello che l'alunno ha appreso dopo una attività. La valutazione scaturisce dal confronto tra risultati della prova stessa e gli obiettivi che con quella attività ci si proponeva di far conseguire. Almeno così mi hanno insegnato. Esiste un rapporto tra questa impostazione ed il progetto che grazie al decreto del 25/03 è ormai diventato "sistema" ?

Quanto la "programmazione didattica" ha in comune con la "programmazione del sistema nazionale dell'istruzione"? Anche qui, si continuano a confondere i piani. E questo è assolutamente fuorviante .

- Quali cambiamenti ed aggiustamenti hanno portato i rilievi fatti dalle scuole nel momento in cui hanno sperimentato i progetti? La dichiarazione che apre la relazione al pp2 non ne indica nessuno. Ed anche altri documenti , che pure si pongono il problema insistono più sul piano organizzativo che su quello di una verifica e, mi si passi il gioco di parole, di una valutazione nel merito dell'impostazione scientifica del progetto. E, contrariamente a quanto si era detto all'inizio, non indicano correttivi al "sistema di istruzione", a meno che, per correttivi, non si intenda la riforma Moratti.

a) Il documento citato - Non penso che una serie di slide redatte per la conferenza dei Direttori generali regionali potesse entrare nel merito docimologico. So bene - per avervi preso direttamente parte - quanto dibattito e quante relazioni dei referenti regionali - loro si' competenti nel merito tecnico - sono stati prodotti. E non un confronto su teorie. Ma sull'esperienza reale delle scuole seguite in loco e centinaia di incontri con insegnanti coordinatori d'istituto e dirigenti scolastici.

b) Correttivi al "sistema dell'istruzione"? - questi non competono certo all'INVALSI. Infatti il decreto dice (uso sempre la sintesi di cui sopra) "Viene - per la prima volta - istituito un Servizio nazionale di valutazione esterna, i cui risultati saranno a disposizione del Governo, del Parlamento e del Paese. Alle finalità del Servizio concorrono l'Istituto Nazionale di Valutazione del sistema di istruzione, così come riorganizzato con il presente decreto, le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, e le istituzioni del sistema di istruzione e formazione professionale, limitatamente ai livelli essenziali di prestazione."

Il che in poche parole vuol dire che saranno le singole istituzioni scolastiche autonome a tirare le somme - dal SNVI e da altri dati in proprio possesso - per decidere se mettere in atto correttivi o meno. La sommatoria dei singoli interventi di ogni istituzione scolastica autonoma porterà a migliorare il “sistema dell’istruzione”? vedremo
.

- Nella relazione del prof. Tornaghi al corso di formazione (non abbiamo compreso bene a chi era rivolto) del 16/17 dicembre del 2003 leggiamo:

" Si è già accennato a uno di questi possibili cambiamenti: i docenti di ogni materia coinvolta potranno ridistribuire gli argomenti da trattare o il tempo da dedicare ad essi in base ai risultati positivi o negativi ottenuti, sempre se ne sono venuti a conoscenza e li hanno analizzati. In verità questa operazione coinvolge anche i nuovi docenti delle stesse materie (ad esempio in caso di cambio dell'insegnante di Italiano fra il biennio e il triennio) e le materie affini "
Questa affermazione sembra confermare il mio timore che il sistema di valutazione nazionale si rivelerà estremamente " invasivo" rispetto alla libertà di insegnamento e comunque vanificherà la proclamata intenzione del ministro di eliminare i programmi centralizzati. Sappiamo - e ci riferiamo soprattutto alle prove di italiano - che l'impostazione è sulle abilità testuali e sulle competenze di astrazione, inferenza, individuazione dei nessi logici ecc, però nemmeno questo è del tutto vero, visto il largo spazio che viene dato all'analisi logica ed a quella del periodo. La cui utilità nessuno mette in dubbio, ma che si vorrebbe essere liberi di insegnare con cadenze ed a livelli tarati sulla classeTimore legittimo il nostro??

A tutti è permesso dubitare e temere. Quindi legittimo. Ma ritengo invece che non sia fondato. Un timore infondato perché:

a) il collega Franco Tornaghi, che ha curato la formazione in Lombardia su incarico dell’USR locale, ha presentato in quel seminario (a cui eravamo presenti noi referenti regionali più un rappresentante di ogni IRRE) sue considerazioni e riflessioni maturate sul campo in Lombardia. E’ uno dei casi che citavo prima. Quindi le sue slide non sono da leggere come “direttive dall’alto” ma “elaborazione tra colleghi” di possibili scenari futuri. Ma vorrei fosse il collega stesso a rispondere alle tue osservazioni, come lì ha risposto alle nostre …. (molte simili a quelle che ha suscitato in te )

b) il SNVI “invasivo” della libertà d’insegnamento? Se leggi con attenzione nelle premesse (sempre dalla sintesi del decreto) dicono: “Si passa dalla valutazione delle procedure alla valutazione degli esiti formativi in uscita”. Quindi il rischio di una valutazione sul “come” tu insegni c’era nei precedenti progetti. Lì sì si rischiava che venisse giudicata la tua operatività. Nel momento in cui qualcuno poteva giudicare la tua programmazione didattica indipendentemente dagli esiti raggiunti. Ora invece il SNVI non entra nel merito del tuo modo di insegnare - proprio perché esiste la libertà di insegnamento - ma osserva i risultati raggiunti. E spero che questa attenzione ai risultati venga considerata un punto fermo anche all’interno delle scuole, in cui troppi bravi colleghi sono “sottostimati” perché poco propensi a mettersi in mostra, mentre tutti conosciamo - ne sono certo - colleghi tanto capaci di apparire quanto poco efficaci in classe
.

- Quale è il rapporto tra il sistema a regime e tutte le pratiche autovalutative esistenti nelle scuole? Da qualche parte viene detto che il questionario di sistema è una guida, in questa direzione. L'abbiamo letto e riletto, ma ci è sembrato solamente un elenco delle attività svolte, uno strumento di rilevazione quantitativo, più che qualitativo.

Spetta alla scuola stessa incrociare dati oggettivi (e quantitativi) dell’organizzazione dell’offerta formativa con le risultanze osservate nelle conoscenze acquisite dagli alunni. Molte scuole in questi anni - dall’avvio della sperimentazione dell’autonomia - si sono dotate di strumenti di valutazione interna ed esterna. Molte si sono fatte certificare ISO 9000 ecc. Ma di nuovo riecco valutazioni dei processi. Ogni scuola ora valuti cosa e quanto investire (in personale e fondi della scuola) nei processi di valutazione e certificazione autonomamente deliberati, rispetto al SNVI che valuta - invece - gli esiti. In modo certamente essenziale, ma con la forza di essere un’azione nazionale, in cui il numero di elementi concorrenti al dato finale è talmente esaustivo da fargli assumere un valore forte sul piano dell’indice di riferimento. Sottolineo di RIFERIMENTO, e non assoluto .

- Quale è il rapporto tra il sistema nazionale e la valutazione della qualità (o meglio certificazione della qualità) che molte scuole stanno facendo, anche con un grande dispendio di risorse economiche?

Partecipare al PP3 e al SNVI non costa nulla. Altri processi di valutazione e certificazione invece hanno un costo, spesso neanche troppo lieve per le sempre limitate casse scolastiche. Nel SNVI il lavoro degli insegnanti che svolgono però il lavoro concreto (coordinatore - somministratori - eventuale gruppo di lavoro - personale ATA …) non può essere disconosciuto. Riterrei quindi prioritario compensare quest’opera, di carattere istituzionale, e poi con ulteriori fondi eventualmente disponibili attivare quante altre iniziative la scuola voglia.

- Come si situa l' integrazione, che è stato il punto di partenza per la nostra ricerca, all'interno del progetto? E' solo un ostacolo alla sua effettuazione? Non è un ambito da valutare e non solo con le semplici domande contenute nei questionari che riguardano la scuola, allegati al progetto? Il modo in cui la prova viene somministrata (a chiunque, anche a chi si sa che non potrà svolgerla) non è una discriminazione mascherata da compassione?

Sì, è un punto debole. Ma come ho già scritto al presidente della FISH nel forum da me moderato su INDIRE ForTic B modulo 6, ben venga il contributo di chi da anni si occupa del tema dell’integrazione. Già ai tempi del PP1 si fece viva l’Unione Italiana Ciechi e dal PP2 in poi sono stati adottati i suggerimenti ricevuti per gli alunni ipovedenti. Il che non toglie che statisticamente il dato della diversa abilità debba essere rilevato e adeguatamente trattato in fase di elaborazione dei dati. Alla pari di chi - non avendo ancora una necessaria padronanza della lingua italiana - necessita di una mediazione per lo svolgimento delle prove. Sono casistiche di cui - tra l’altro - anche solo la corretta quantificazione serve per valutare come agire nel prossimo SNVI.

- Non c'è il rischio che bambini e ragazzi disabili vengano visti, con il progetto a regime, come un rischio di abbassamento delle prestazioni "brute" e non come una risorsa rispetto a tutte le attività che la loro presenza mette in moto nelle scuole ed all'arricchimento culturale ed umano che rappresentano per tutti?

Se non si rilevasse la diversa abilità dell’alunno, allora potresti avere un simile sospetto. Ma proprio questa rilevazione (tramite i codici appositi) permette invece analisi dettagliate e a volte sorprendenti. Non mi stupirei di vedere i ragazzi “diversamente abili” sul piano senso-motorio surclassare in alcuni settori i nostri cosiddetti “normodotati” !

- Si evince dalla documentazione del pp che una certa qual attenzione nei confronti di chi ha disabilità sensoriale di tipo visivo sia stata riservata mentre mancano completamente riferimenti a chi ha per esempio disabilità derivanti da minorazione uditiva o disturbi di apprendimento. Da che cosa nasce questo divario e perchè si viene incontro alle difficoltà di somministrazione solo di una tipologia di alunni?

Come dicevo prima dall’attivarsi dell’Unione Nazionale Ciechi. E dalla collaborazione che ne è seguita. Un esempio da seguire da parte di altre associazioni

- Infine, è possibile avere un commento " a caldo" sul decreto licenziato dal Consiglio dei Ministri??

Preferisco commentare l’attuazione di una norma che la norma in sé. Ho visto troppi bei decreti - negli ultimi 10 anni - stravolti poi dall’attuazione concreta. Arrivederci a commentare il SNVI quando sarà in campo, e non solo sulla carta.



(*) Giovanni Marcianò è docente comandato presso l’USR del Piemonte. Ha seguito quale referente regionale la somministrazione infotelematica del PP2 e ora del PP3. Ha pubblicato sul tema un laboratorio su PuntoEdu, nel modulo B 6 “Valutazione e TIC”, per l’autoformazione dei partecipanti a ForTic - azione B, e modera tuttora il relativo forum.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Salvatore Nocera    - 08-04-2004
LA VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI DEGLI ALUNNI CON DISABILITA’ INTELLETTIVA ED IL PROGETTO-PILOTA 3 DELL’INVALSI



La F IS H, federazione italiana per il Superamento dell’Handicap, ha immediatamente avanzato critiche alle modalità di svolgimento del progetto Pilota 3 per misurare la qualità della scuola. Ciò perché parte da una visione distorta della realtà scolastica italiana che, a differenza degli altri paesi, ha ormai da oltre 30 anni inserito nelle scuole comuni tutti gli alunni con disabilità che rappresentano il 2% circa della popolazione scolastica, distribuito in quasi tutte le classi delle scuole di ogni ordine e grado. Di questi oltre 150.000 studenti, circa il 75% è costituito da alunni con disabilità intellettiva, lieve, media e grave. Pertanto somministrare i questionari, concernenti i livelli di apprendimenti in campo linguistico, matematico e scientifico, a tutti gli alunni, ma prevedendo la non valutazione di quelli somministrati agli alunni con disabilità intellettiva, ci sembra una forte distorsione della realtà.

Si obietta da parte di chi ha predisposto le prove che l’alterazione della media dei risultati si avrebbe invece se si valutassero anche i risultati apprenditivi degli alunni con disabilità intellettiva, perché abbasserebbero irrealisticamente la media.

L’obiezione si fonda però su una assoluta disinformazione su come si è sviluppato il processo di integrazione scolastica in italia e come si sia pervenuti pure, a livello normativo, a delle soluzioni razionali, rispettose delle diversità apprenditive di questi alunni e del sistema d’istruzione.

A partire dalla fine degli anni ’60, si è avviato in Italia un processo didattico di personalizzazione degli interventi per questi alunni che oggi è divenuto obbligatorio per tutti gli studenti con la legge n. 53/03 di riforma-Moratti della scuola.

In tale processo , alla personalizzazione degli interventi didattici ed educativi, segue la fase della valutazione personalizzata degli apprendimenti, fondata sulla fissazione di obiettivi calibrati sulle capacità ed effettive potenzialità di questi alunni e quindi sulla verifica dei risultati ottenuti, rispetto a quelli attesi. Ad es. se per un alunno frequentante la quinta elementare, l’obiettivo atteso è quello di saper leggere e scrivere solo piccole frasi, di saper effettuare solo le somme sino a 20 e di acquisire una comprensione molto semplice del nostro abitat naturale, la valutazione positiva consisterà nell’aver verificato che questi obiettivi sono stati pienamente o quasi raggiunti.

Nel caso di alunni con handicap in situazione di maggiore gravità, tali obiettivi verranno ulteriormente abbassati e talora sostituiti con obiettivi diversificati, come ad es. sostituire la scrittura di frasi con l’apporre una crocetta su una di più frasi prestampate per individuare quella esatta etc.

Nei casi meno gravi, i livelli degli obiettivi attesi vengono invece progressivamente elevati.

In tutti questi casi, è possibile verificare i livelli apprenditivi raggiunti con riguardo a quelli attesi

E quindi valutare se essi sono corrispondenti , inferiori o superiori a quelli

Questi orientamenti adottati nelle scuole di ogni ordine e grado sono frutto di buone prassi , che hanno determinato numerose norme legislative ed amministrative sulla valutazione. Tali norme trovano il loro fondamento nella Sentenza della corte costituzionale n. 215/87, secondo la quale per gli alunni con disabilità intellettiva “capacità e merito non vanno valutati secondo parametri astrattamente oggettivi “, ma tenendo conto delle loro peculiarità personali.

Sulla base di questo fondamento costituzionale il Parlamento ha approvato la L.n. 104/92 che nell’art 16 detta i criteri per la valutazione degli alunni, secondo i quali la valutazione deve riferirsi al piano educativo personalizzato, che può prevedere la sostituzione parziale dei contenuti programmatici di alcune discipline , il quale deve essere calibrato secondo le effettive capacità dell’alunno. La valutazione deve documentare se e quali siano i progressi rispetto ai livelli iniziali di apprendimenti.

Sulla base di tali principi legislativi, tutte le ordinanze ministeriali sulla valutazione, scrutini ed esami a partire dal ’93, hanno ribadito questi orientamenti. Hanno però distinnto per le scuole superiori, al termine delle quali si rilascia un titolo di studio preprofessionalizzante che ha valore legale, tra piani educativi normali o semplificati e piani educativi ”differenziati e diversificati” rispetto ai programmi ministeriali. Nell’uno e nell’altro caso, la valutazione positiva dei risultati realizzati dà diritto al passaggio alla classe successiva, sino alll’ultima; però, nel caso di piani educativi differenziati, non si rilascia il titolo legale di studio, ma un attestato, che certifica i crediti formativi maturati.

Se questa è la normativa e la prassi concernente la valutazione degli apprendimenti degli alunni con handicap intellettivo, convalidate anche dal parere del consiglio di Stato n. 348/91, non si comprende come mai l’INVALSI non abbia fatto tesoro di un lungo e faticoso lavoro pedagogico-didattico, che non falsa la realtà, ma anzi dà a ciascuno il suo secondo le proprie possibilità.

Se si fossero applicati questi criteri, non si sarebbe per nulla abbassata la media dei compagni non disabili, poiché sino ad oggi, la scuola è stata in grado di accogliere e seguire sia gli uni che gli altri, senza creare delle esclusioni, ma anzi realizzando una piena inclusione, rispettosa di tutti, ivi compreso il sistema generale d’istruzione, che, è bene ribadirlo, in Italia prevede, per norma costituzionale, l’integrazione nelle classi comuni e non la “separazione nelle classi speciali”, come avviene altrove.

Ma vi è di più. L’art 12 comma 3 della L.n. 104/92, nel fissare gli obiettivi che deve perseguire l’integrazione scolastica, non si limita a prevedere il profitto negli apprendimenti, ma aggiunge anche “ la crescita nell’autonomia personale “ nella comunicazione, nella socializzazione, negli scambi relazionali.

Di ciò però il progetto Pilota 3 non tiene conto né nel questionario riguardante gli apprendimenti, né in quello di sistema. E’ invece in questo secondo questionario che le tre ulteriori finalità debbono essere valutate, nella Sezione riguardante “gli indicatori di risultato”, se si vuole il rispetto della legge. Lo stesso questionario dovrà prevedere ancheappositi indicatori di qualità dell’integrazione scolastica nelle specifiche Sezioni riguardanti gli aspetti strutturali e di processo

Anzi, una valutazione di sistema non può prescindere dal valutare, tramite indicatori, i suoi aspetti strutturali e di processo (che costituiscono l’imput e l’autput ), oltre le tre ulteriori finalità di cui sopra, che riguardano gli aspetti di esito o” outcome”.

Sugli indicatori di qualità strutturali, di processo e di esito, io, per conto della F I S H, ho predisposto un questionario di rilevazione, che può essere una prima ipotesi di lavoro, modificabile quanto si vuole.

Se pertanto l’INVALSI insisterà nelle modalità attuali, che escludono di fatto dalla valutazione gli alunni con disabilità intellettiva, sarà esso a compiere una alterazione della realtà. Infatti solo nei Paesi dove esistono le scuole speciali e gli alunni con disabilità sono separati dai normali circuiti scolastici dei compagni non disabili, è possibile non tener conto della valutazione dei loro risultati o valutarli in modo separati,senza includerli nella media complessiva.

In Italia, esistono studi seri sugli indicatori di qualità dell’integrazione scolastica da valutare nella media di quelli altri di sistema., Ad es. l’IRRE Lombardia ha curato una ricerca sulla qualità dell’integrazione nelle scuole di crescia, già pubblicata; ad es. il CSA di Vicenza ha curato una ricerca analoga, pubblicandola sul proprio sito elettronico; ad es. l’Associazione Persone Down di Roma ha pubblicato per i tipi della casa editrice Erickson di Trento nel 2000 una ricerca sulla qualità dell’integrazione degli alunni Down. Altre ricerche non pubblicate sono state seriamente svolte in vari CSA d’Italia e presso numerose reti di scuole.Esiste quindi una buona documentazione scientificamente valicata, che l’INVALSI potrà analizzare per rivedere e completare i propri questionari.

Solo così le scuole potranno effettuare un’autovalutazione della propria qualità che tenga conto, nella media, anche di quella dell’integrazione scolastica. Ove la valutazione o l’autovalutazione della qualità dell’integrazione non avvenga o venga esclusa, le scuole che la praticano con serietà, si vedranno penalizzate, perché lavorano più di altre, ma ottengono riconoscimenti inferiori.

La F I S H ha già preso contatti con l’INVALSI perché, già a partire dal prossimo anno, si possa pervenire all’inclusione degli alunni con disabilità intellettiva anche nei suoi questionari. Siamo certi che una soluzione tecnica verrà trovata. Ne va del rispetto della normativa, delle buone prassi realizzate e della professionalità dellì’INVALSI.



Salvatore Nocera

Vicepresidente F I S H