breve di cronaca
Amor di Patria - Alzabandiera nelle scuole di Tokyo
Il Manifesto - 05-04-2004


Docenti obbligati per legge a cantare l'inno nazionale. Chi non lo fa perde il posto

PIO D'EMILIA
TOKIO

Non è uno scherzo. Se non ti alzi in piedi, non ti metti sull'attenti e non canti a squarciagola l'inno nazionale, perdi il posto. L'ukase del governatore di Tokyo Shintaro Ishihara contro i docenti obiettori ha già provocato le prime vittime. Otto insegnanti a contratto (scaduto) hanno ricevuto ieri una lettera in cui il governo metropolitano di Tokyo, dal quale dipendono, comunica che non rinnoverà il contratto. E ciò nonostante il fatto che la legittimità dell'ordinanza di Ishihara, emanata lo scorso ottobre e nella quale si annunciano sanzioni per tutti coloro, docenti e studenti, non dimostrino «rispetto» per la bandiera e l'inno nazionale, sia attualmente al vaglio del tribunale distrettuale di Tokyo. «Sembrava uno scherzo» racconta a il manifesto Kaneko Mitsushi, del coordinamento docenti per la pace «invece il governatore fa sul serio. Per ora ha colpito i più deboli, docenti pensionati che però continuavano ad insegnare a contratto, ma nel mirino ci sono tutti gli obiettori, oltre 300 insegnanti. Hanno già ricevuto due avvertimenti, al terzo, possono essere licenziati».

Il nazionalismo del governatore

Quando nel novembre 1999 il governo Obuchi approvò la controversa legge sull'inno e la bandiera nazionale (fino a quel momento il Giappone, ufficialmente, non li possedeva) le proteste dei sindacati e di vari movimenti civili vennero tacitati da un emendamento dell'ultimo momento: tutte le norme contenute nella legge non sarebbero mai state oggetto di coercizione. In altre parole, il Giappone avrebbe finalmente avuto come tutti gli altri Paesi un inno nazionale ed una bandiera ufficiale, ma la loro esecuzione e utilizzazione non potevano essere oggetto di imposizione. Scuole, aziende e quant'altro venivano «invitate» a mostrare amore e rispetto per entrambi, organizzando l'alzabandiera e il canto dell'inno in occasioni di eventi e cerimonie ufficiali. Da allora, nella maggior parte delle scuole del Giappone, l'inaugurazione dell'anno scolastico e la sua chiusura vengono salutate con l'alzabandiera ed il canto dell'inno. Ma molti docenti, e nelle scuole superiori molti studenti, restano seduti e si rifiutano di cantare. Il Kimigayo, l'inno nazionale, è rimasto invariato da prima della guerra, e contiene una serie di espressioni di eterna devozione all'imperatore che molti giudicano incompatibili con il nuovo assetto costituzionale che il paese si è dato ¡ o meglio gli è stato imposto ¡dopo la sconfitta. Stesso discorso per la bandiera, che in Asia, ma anche tra i giapponesi democratici, viene ancora considerata come il simbolo dell'aggressione militare, delle devastazioni e dei massacri compiuti in nome dell'imperatore.

Tutto ciò sembra essere diventato inaccettabile per Shintaro Ishihara, il governatore «esternatore» di Tokyo, da sempre convinto sostenitore del revisionismo storico e della necessità di reintrodurre sani principi nazionalisti nella scuola dell'obbligo. Così, dopo aver dovuto rinunciare all'idea di fondare un nuovo partito e candidarsi alla guida del paese, Ishihara ha pensato bene di usare tutto il suo potere per fare dell'oramai «corrotta e debosciata» (parole sue) Tokyo, «un nuovo giardino dove sbòccino verità e virtù». Aveva cominciato l'anno scorso, con un blitz nelle scuole dove, con grande soddisfazione di alunni e genitori, erano stati adottati nuovi corsi di educazione sessuale. Sequestro dei libri ed una raffica di diffide ai docenti hanno estirpato le malapiante. Secondo una serie di sondaggi, gli studenti giapponesi sono oramai tra i più precoci al mondo, in quanto a sesso praticato: oltre il 70% dei sedicenni maschi dichiara di avere avuto esperienze sessuali complete, per le femmine la percentuale è appena appena inferiore: il 62%. Forse è per questo che Ishihara ritiene giusto abolire i corsi, o ripristinare vecchi e obsoleti testi in cui manca poco che si citi la pigrizia delle gru (qui non c'è la cicogna) per giustificare la brusca riduzione delle nascite. Vinta la battaglia contro l'informazione sessuale (ma molte scuole continuano ad offrire corsi «illegali»), eccoci alla crociata per l'inno e la bandiera.

Ordine e disciplina

Lo scorso ottobre Ishihara ha emanato un'ordinanza in cui si fissano pedissequamente una serie di obblighi per tutte le scuole: altezza del palco, orientamento della bandiera, necessità che a cantare l'inno siano tutti gli studenti, pena l'imposizione di «debiti formativi» per loro e sanzioni disciplinari per i docenti «incapaci» di formare nuovi cittadini modello. La scorsa settimana, in occasione della cerimonia di chiusura dell'anno scolastico (in Giappone termina a marzo, e riprende a fine aprile), Ishihara ha sguinzagliato oltre un centinaio di funzionari, con tanto di macchina fotografica e taccuino, per prendere nota di tutte le violazioni. Sono tornati con 228 nomi di docenti obiettori. Che ora rischiano il licenziamento. «Stiamo esagerando» ha scritto ieri nel suo editoriale l'autorevole Asahi Shinbun «invece di queste stupidaggini, il governatore dovrebbe occuparsi di fenomeni ben più gravi, come l'abbandono scolastico, la violenza e l'alto numero di suicidi».

Si calcola che in Giappone oltre 250 mila ragazzi in obbligo scolastico non frequentino le lezioni, chiudendosi nelle loro stanze e dando vita al fenomeno degli hikikomori («ritirati dalla società»). Docenti, direzione didattica e genitori, nel timore di ispezioni ministeriali, nascondono il fenomeno, mettendosi d'accordo per non fare risultare le assenze e promuovendo lo stesso gli alunni.


segnalato da Pierangelo Indolfi

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