breve di cronaca
Voci dai luoghi della lotta antimoratti
Il Riformista - 25-03-2004

Polemica. Obiezioni di massa a un editoriale del riformista


Avendo passato gran parte della mia vita a cercare di cambiare la scuola italiana, a rimuoverne le arretratezze e le rigidità, a renderla più aperta al mondo che cambia e al cambiare delle aspirazioni, dei desideri di quelli, giovani e adulti, che alla scuola si rivolgono, mi sono sentito un po' a disagio nel leggere lunedì scorso l'articolo con cui Antonio Polito collocava tutta la sinistra e tutto il sindacato, e tutti coloro che oggi si mobilitano contro la legge del governo di centro-destra, fra gli statalisti incapaci di capire le novità rivoluzionarie - la liberté e l'egalité - finalmente introdotte dalla signora Moratti.
Non essendo come Polito un grande esperto di pedagogia, né di sistemi di istruzione comparati, mi tocca ricorrere, per capire quel che succede nella scuola, all'espediente poco "riformista" di parlare con le persone della scuola che si mobilitano, coi genitori che perdono pomeriggi e sere a discutere del futuro dei propri figli, a fare con loro obsolete assemblee e sessantottini gruppi di studio e notti di lavoro. Forse anche a Polito può interessare sapere chi ho incontrato in questo peregrinare nei luoghi del dibattito e della lotta.

Le insegnanti e gli insegnanti della parte migliore della scuola italiana, quella scuola dell'infanzia studiata in tutto il mondo per la sua straordinaria capacità di tenere insieme il sostegno ai genitori che lavorano con percorsi educativi personalizzati per i loro bambini. Hanno fondati timori che l'anticipo previsto dalla Moratti e l'estrema flessibilizzazione dei percorsi didattici sbilanci la scuola verso un puro e semplice servizio a domanda individuale, enfatizzando la dimensione assistenziale del servizio a scapito di quella educativa. Sarebbe un disastro, perché una buona scuola dell'infanzia è l'antidoto più efficace - concorda su questo l'Europa intera - alla dispersione scolastica nell'adolescenza.

I genitori della scuola a tempo pieno, che hanno sperimentato come una scuola di 40 ore programmate in maniera unitaria, alternando i momenti dello studio a quelli del gioco, dell'esplorazione del territorio e delle sue risorse culturali, sia il più adeguato a sviluppare le "eccellenze" dei bambini e insieme a sostenere quelli con maggiori difficoltà. Non riescono a considerare equivalente il 27 (per tutti) +3 (opzionali) +10 di mensa che il ministro Moratti e il presidente Berlusconi propongono loro. Si arrabbiano anche un po' quando si dice loro che comunque i loro bambini non saranno lasciati per strada. Chiedono alla scuola qualità, e col loro impegno diretto, a fianco degli insegnanti, hanno costruito una scuola di qualità.

Gli insegnanti che hanno lavorato al prolungamento dell'obbligo scolastico oltre la scuola media inferiore e quelli dei tecnici e dei professionali, che si sono impegnati a integrare sapere e saper fare, cultura disinteressata e percorsi professionali. Che hanno lavorato a scoprire il sapere che c'è sul lavoro, e a valorizzarlo per spingere in alto anche i ragazzi con più difficoltà rispetto a un insegnamento puramente formale e disciplinare. Non sono d'accordo con la scelta precoce a 12 anni e mezzo tra percorsi di istruzione e di formazione professionale. Difendono una nuova, importante professionalità basata sulla capacità di integrare e personalizzare.

Infine tanti dirigenti scolastici, e tanti insegnanti che hanno preso sul serio l'autonomia scolastica, e che sono stravolti dal fatto che per la prima volta nella storia d'Italia i programmi della scuola si facciano con un decreto legge del governo (i programmi per legge non li faceva nemmeno la scuola ipercentralistica degli anni '50) e che sempre per decreto si vedono imposti dall'alto moduli organizzativi e didattici che dovrebbero essere decisi dalle scuole autonome.

Tanti, tantissimi amministratori e sindaci delle Regioni e degli enti locali più riformisti d'Italia (persino tanti "riformisti" di centrodestra) stupefatti per la palese violazione del titolo V della Costituzione da parte del governo, che sembra non aver preso atto che la programmazione dell'offerta formativa, le modalità organizzative e gestionali della scuola stessa, non spettano più al centro, ma al sistema delle autonomie locali e alle scuole stesse. Una recentissima sentenza della Corte Costituzionale ha dato loro ragione.
Non ho trovato traccia dei “gentiliani di sinistra” che preoccupano Polito, quelli che tuonavano contro la riforma Berlinguer - De Mauro perché inquinava la grande tradizione del liceo e della cultura classica. A loro probabilmente sta benissimo la canalizzazione precoce della Moratti, che li esonera dal fare i conti con gli aborriti temi dell'integrazione e del confronto col mondo che cambia. Chissà che il ruggito di Polito non h svegli dal letargo.


Andrea Ranieri, Segreteria Nazionale DS
Sul Riformista di giovedì 11 marzo 2004




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