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Della libera stampa
Aldo E. Quagliozzi - 06-03-2004

Era il 4 Marzo – ho ottimi motivi per ricordare quella data – e mi alzai prima del solito. Sherlock Holmes non aveva ancora terminato di fare colazione.

La padrona di casa si era ormai assuefatta alla mia abitudine di poltrire a letto fino a tardi, e non aveva ancora preparato il mio posto a tavola.

Con l’irragionevole petulanza propria degli uomini, suonai il campanello avvertendo bruscamente di essere pronto.

Poi presi un settimanale e cercai di leggere nell’attesa. Il mio coinquilino consumava silenziosamente il suo toast.

Uno degli articoli nel settimanale era sottolineato a matita. Ovviamente lo lessi.

Era intitolato piuttosto pretenziosamente “ Il libro della vita “ e voleva dimostrare quanto un uomo che sappia osservare possa apprendere dall’esame sistematico di ciò che gli si presenta davanti.

( … ) “ Puzza molto di teoria elaborata da qualche perdigiorno nel privato del suo studio “ esclamai. “ Non ha applicazione pratica. Mi piacerebbe proprio vederlo su una carrozza di terza classe della metropolitana, qualora gli chiedessero di individuare il mestiere dei passeggeri. Scommetterei mille sterline che non ci riuscirebbe. “

“ E perderebbe “ disse calmo Sherlock Holmes. “ Quanto all’articolo, l’ho scritto io. “ ( da “ Uno studio in rosso “ di Arthur Conan Doyle )

Lamenta il nostro “ egoarca “, in una afflitta e spontanea Sua dichiarazione all’ Agi del 27 febbraio 2004:

“ ( … ) Vengo insolentito tutti i giorni non solo da “ l’Unità “, ma anche da altri giornali che vanno diffondendo la linea dello sfascio e il pessimismo.

Io sono solare, vado avanti con ottimismo e perseveranza, ma credo che questo sia suicida e masochista. ( … ) “

Buon per Lui l’ottimismo, che di certo non è di maniera; riportano i quotidiani dei Suoi grossissimi incrementi patrimoniali nell’ultimo anno, benedetto solo per Lui.
Ma per il resto, cosa importa? Lui vive nella solarità e persevera a non guardare con attenzione ed a trascurare la quotidianità sempre più problematica di chi lo ha eletto, ma anche di quelli che si farebbero amputare le mani pur di non votarlo. Che questa pratica non si stia per caso diffondendo tra i primi, ovvero quelle anime candide che hanno abboccato alle Sue false promesse?
Ma è il Suo debordante “ io “ il problema dell’egoarca, e di conseguenza di tutti i suoi sventurati conterranei. Non esiste lifting di sorta che possa ricondurlo in termini umanamente accettabili.
Scriveva quel sovversivo, e comunista pure lui, di Adam Smith nel libro primo della “ Ricchezza delle nazioni “ :

“ ( … ) L’esagerato concetto che la maggior parte degli uomini ha della propria abilità è un male antico rilevato dai filosofi e dai moralisti di tutti i tempi.

L’assurda presunzione della propria buona fortuna è stata meno notata. Tuttavia, se possibile, essa è anche più diffusa. ( … ) “

Il guaio massimo è che, la Sua buona fortuna, non è la nostra fortuna.



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