Non siamo un istituto costituzionale passivo
Precarius - 03-03-2004
La strada percorsa finora dal movimento, in opposizione alla riforma della scuola, è stata disagevole, spesso insidiosa, caratterizzata da momenti di forte disgregazione sindacale. Le istanze della protesta, però, maturate tra i lavoratori, fuori da logiche di appartenenza, sono forti, pressanti, avvertite profondamente perché gravi sono gli scenari liberisti che la restaurazione feudataria dell’istruzione prefigura. Iscritti con diverse tessere associative, allora, riuniscono, collegano nelle fondamenta delle strutture sindacali, quell’unione generale che i vertici, con logiche campanilistiche, disattendono sempre più. Questo processo, attenzione, non riguarda solo i “confederali”, ma anche le associazioni professionali ed i comitati di base.
Tutti quelli che contrastano , direttamente e chiaramente, il processo “morattiano” di ricostruzione delle valenze formative degli alunni, nonostante le avversità, hanno quasi raggiunto uno dei tre obiettivi essenziali per fermare il disegno governativo di riforma dell’istruzione : lo sciopero generale e particolare per la scuola.
Quando gli Unicobas, i Cobas , più diverse realtà provinciali della Gilda, con difficoltà, hanno indetto la giornata di astensione dal lavoro del 1° Marzo, il “problema “ sciopero è esploso sul territorio nazionale in ogni singola scuola, con tutto il carico di responsabilità da tempo disattese.
Direttamente con le assemblee sindacali, indirettamente con comunicazioni personali e documenti privati “allargati”, ogni iscritto ha pressato il proprio sindacato verso lo sciopero generale unitario, verso l’adesione alle iniziative dei coordinamenti dei genitori, verso la condivisione dei tavoli e le iniziative di protesta dei cittadini.
Per questo è stato fondamentale lo sciopero del 1° Marzo, perché ha costretto tutti ad affrontare il problema.
Quello che si chiede, ora, è lo sciopero di tutti su di un’unica data. E si può realmente iniziare a credere di essere vicini all’obiettivo.
La debolezza del Governo, in particolare del MIUR, con tutti gli organi di stampa ad esso vicini, sta proprio nel dare continuamente informazioni parziali, censurate, strumentalizzate a disegnare un consenso degli insegnanti all’operato del Ministro, una tranquillità, tra la categoria, che non esiste affatto…
Per questo motivo, uno sciopero unitario della categoria, con l’appoggio degli studenti, delle famiglie, con una adesione che supererebbe certamente il 60%, chiuderebbe le scuole, screditerebbe totalmente la presunta condivisione dei lavoratori della scuola alla riforma voluta dal Ministro della Pubblica Istruzione. Avrebbe un indiscutibile effetto traino sulle proteste locali e particolari, sulle manifestazioni generali.
Inoltre avvenendo a ridosso delle imminenti elezioni , godrebbe di una risonanza decisamente maggiore rispetto all’ordinario ambito sindacale.
Quindi, oltre al fondamentale ricorso alla Magistratura, i lavoratori della scuola, costruirebbero un’insormontabile barriera anti-manipolativa, una sorta di “referendum” della categoria pronunciato a tutela della Scuola.
In generale, è la seconda esperienza riformatrice “diretta” che vive la Scuola negli ultimi anni. Nessuno sembra aver compreso bene il concetto che qualsiasi disegno di ristrutturazione dell’istruzione e della formazione degli alunni deve partire, prima di tutto, dai docenti e dalle famiglie. Sembra quasi un procedere a tentoni, ma non è così.
Ci si può chiedere allora a cosa vuol condurre la politica di una riforma organizzata per tentativi?
Ogni proposta “impresentabile” è stata nel tempo parzialmente emendata a seguito di proteste ed annotazioni di grossolani “errori”. Addirittura, oltre all’assurdità delle numerose bozze bocciate a seguito di protesta, esistono circolari ministeriali che si annullano a distanza di pochi giorni! E’ un modus operativo realmente pericoloso! Qualcuno sta sottolineando il fatto che negli studi iniziali della riforma, nella primissima versione del decreto, diverse disposizioni portavano verso un' ambientazione favorevole all’eliminazione del valore legale del titolo di studio. Il 28 febbraio, durante la manifestazione di Roma, alcuni colleghi della scuola elementare leggevano un autorevole parere sull’impossibilità di eliminare l’esame di quinta nell’ipotetica, futura, “primaria”, che tale tentativo, se legittimato, costituirebbe un grave precedente…
In effetti, non basta cambiare il nome per annullare un Ordine Scolastico, che continua di fatto ad esistere, per il quale la Costituzione prevede specifico esame. Operazione completamente diversa aveva compiuto il Ministro Berlinguer, accorpando, di fatto Elementari e Medie…
Perché è rimasta una simile disposizione, così priva di senso rispetto a ciò che prevede il Dettato Costituzionale all’Art.33?Perché si continua a tentare?Come mai tra il curriculum di alcuni esponenti politici del Ministero figura, con ostentazione, l’esperienza maturata per l’abolizione del valore legale dei titoli di studio?
Se è vero che la realtà politica ed economica di ogni società condiziona il sistema pedagogico ed istruttivo, è anche vero, però, il contrario…
I docenti non si stanno tirando indietro in questo processo complesso, la relazione è dialettica, bidirezionale.

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