tam tam |  libri  |
Un esempio di convivenza
Liberazione - 02-03-2004


Riproposto, dopo vent'anni, il libro di Piero Agostini sulla questione sud-tirolese
Trentino Alto-Adige,
un esempio di convivenza



Devoluzione, Senato delle regioni, Parlamento del nord, federalismo "solidale": in un accavallarsi confuso di termini, slogan e proposte concrete si mette in queste settimane in moto quel processo di potenziale scardinamento dell'unità d'Italia che è in prospettiva una delle più nefaste conseguenze della politica del centro-destra, condizionata in questo caso dai ricatti della Lega nord. Per questo è utile rifarsi, come insegnamento e confronto, a quel tanto di autonomia già operante nel nostro ordinamento, e in particolare alle dosi per così dire di "quasi federalismo" riscontrabili nell'esperienza delle Regioni a statuto speciale. E in questo quadro un interesse specifico ci sembra possa essere attribuito alle vicende della Regione Trentino-Alto Adige, oggi articolata - in seguito alla riforma degli anni '70 - in due province sostanzialmente autonome l'una dall'altra: una esperienza non solo di autogoverno assai avanzato (appunto di tipo "quasi federale") ma anche di positiva soluzione dei problemi di convivenza fra popolazioni diverse, con il soddisfacimento dei diritti e delle istanze delle minoranze tedesca e ladina; minoranze autentiche, reali, con profonde radici storico-culturali, e non prodotto di fantasie oniriche come la Padania di Bossi. Utile ed anche avvincente risulta dunque la lettura del bel libro: "Alto Adige - La convivenza rinviata" del giornalista Piero Agostini, uscito nel 1985-86 e riproposto adesso, con una presentazione aggiornativa di Umberto Gandini e un prezioso indice-glossario delle voci autonomistiche, dalla piccola ma dinamica casa editrice Praxis 3 di Bolzano (pp. 271, Euro 18,00). Il volume traccia una storia critica della questione sudtirolese con particolare attenzione all'analisi di quel processo di trasformazione istituzionale, ma anche politico, culturale e sociale, messo in moto dalla crisi degli anni '60 (gli anni "del terrorismo" in Alto Adige) e della successiva riforma dell'autonomia. Piero Agostini - nato a Trento, una vita dedicata al giornalismo, caduto nel 1992 "sul campo" per un infarto che lo ha stroncato in redazione - ha scritto il suo libro sull'onda dell'emozione suscitata nel Trentino-Alto Adige (ma non solo) dalla clamorosa affermazione del Msi nel maggio 1985, cui fece riscontro un anno dopo un episodio di segno per così dire eguale e contrario, vale a dire la cosiddetta "rivolta degli Schützen" in seno alla Südtiroler Volkspartei in chiave palesemente irredentistica. Di qui un tono generale di disincanto, se non addirittura di pessimismo, che spiega quel titolo sulla "convivenza rinviata". Ma si era allora, ripetiamo, nel vivo della cronaca e dunque delle emozioni. Oggi Umberto Gandini corregge il tiro, ritenendo che a quasi vent'anni di distanza «quelle cronache sono diventate documenti storici importanti, esattamente come le altre pagine di questo volume»; per cui oggi a suo avviso lo stesso autore avrebbe parlato piuttosto di "convivenza precaria" o di "convivenza faticosa". Una ipotesi la cui credibilità è sottolineata non solo dalla esperienza di allora, ma dal recente ripetersi nelle elezioni regionali del novembre scorso della duplice affermazione delle due destre contrapposte, e sia pure in termini e misura in parte diversi da allora. L'autonomia dunque funziona, la convivenza è malgrado tutto una realtà, ma molti problemi restano: una lettura dalla quale c'è comunque da trarre qualche lezione anche per il presente.

Giancarlo Lannutti



  discussione chiusa  condividi pdf

 Emanuela    - 02-03-2004
Una citazione dal libro di Piero Agostini:

Ho quasi consumato, per il grande uso che ne ho fatto, una bellissima immagine di Joseph Roth su ciò che è, o che dovrebbe essere, o che potrebbe essere una regione di frontiera.

“Alla frontiera – scriveva Roth – non si vedevano né orsi né lupi. Dalla frontiera si vedevano soltanto i tramonti del mondo”.

E ho sempre pensato che ogni frontiera, dalla più prossima alla più eccentrica, dalla più mite alla più insanguinata, non può esistere che al centro di un’alternativa secca: o essere, più di ogni altra realtà, lontana, periferica, invivibile e, quindi, due volte “provincia” e due volte povera; o essere invece come Roth l’ha immaginata e vissuta, ossia un poggio privilegiato dal quale sia possibile cogliere prima del tempo e prima di altre realtà i grandi flussi del pensiero, i grandi moti dell’umanità, le scosse della cultura, i segni del cambiamento che vengono dai due mondi, da tutti i mondi, che quella frontiera divide o geograficamente, o etnicamente, o politicamente. I tramonti del mondo, certo. Ma anche le albe. Anche il senso di cento e cento giornate mai uguali a sé stesse. Anche il fuoco delle tensioni o il piacere incomparabile della conoscenza e della tolleranza.