Il 18/02/04 è stato presentato ai sindacati lo Schema di decreto legislativo concernente l’ “
Istituzione del servizio Nazionale di valutazione del sistema di istruzione e di istruzione e formazione e riordino dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e di formazione”.
Il decreto prevede l’istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema, per i cui fini viene riorganizzato l’Istituto nazionale di valutazione del sistema (D. Leg.vo 20/07/99, n° 258). Il nuovo istituto assume il nome di
INVALSI. L’istituto che si configura come “ente di ricerca strumentale con personalità giuridica di diritto pubblico…”, è soggetto alla vigilanza del MIUR. Le direttive vengono emanate dal Ministro relativamente al sistema d’istruzione, dal Ministro MIUR, previo concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e sentita la Conferenza Unificata, relativamente al sistema di istruzione e formazione.
Gli “organi” dell’Istituto (Presidente – nominato dal Ministro previa delibera del Consiglio dei Ministri; Comitato direttivo di cinque membri: 3 nominati dal Ministro MIUR, 1 dal Ministro del lavoro e 1 dal Presidente della Conferenza di Presidenti delle Regioni; Collegio dei revisori dei conti) hanno incarico triennale rinnovabile per un ulteriore triennio. E’ prevista anche la figura di un Direttore generale, scelto dai membri del Comitato direttivo.
L’Istituto può avvalersi, per l’area tecnica della valutazione, della collaborazione degli ispettori tecnici del MIUR. Esso può inoltre avvalersi di “personale amministrativo, tecnico o di ricerca comandato o collocato fuori ruolo, proveniente dall’amministrazione dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dalla scuola o da altre amministrazioni dello Stato, dalle università, da enti pubblici compresi nel comparto della ricerca, dalle Regioni e dagli Enti locali. I comandi durano un quinquennio e sono rinnovabili solo dopo un intervallo triennale. L’Istituto può inoltre servirsi di esperti, stipulando con gli stessi “contratti di ricerca e di prestazione d’opera”.
Compito dell’Istituto è quello di valutare “l’efficienza e l’efficacia del sistema educativo di istruzione e di istruzione e formazione professionale, inquadrandone la valutazione nel contesto internazionale. Esso effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta educativa, culturale e didattica delle istituzioni di istruzione e di istruzione e formazione professionale, anche nel contesto dell’apprendimento permanente. L’Istituto, altresì, nell’ambito delle prove previste per l’Esame di Stato conclusivo dei cicli di istruzione predispone, per la loro scelta da parte del Ministro, le prove a carattere nazionale, sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento del corso ed in relazione alle discipline di insegnamento dell’ultimo anno di ciascun ciclo, e provvede alla gestione delle prove stesse, secondo le disposizioni emanate in attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera c della legge 28 marzo 2003, n° 53”.
L’istituzione di un organismo centrale di controllo sull’efficacia e l’efficienza del servizio di istruzione costituisce il logico corollario sia del processo di autonomia scolastica che del processo di autonomia territoriale avviato dalla riforma del titolo V della Costituzione. E’ impensabile infatti un decentramento decisionale e operativo che non contempli, contestualmente, un accentramento del controllo. Dalle esperienze già effettuate in molti paesi europei, si rilevano due elementi critici:
1) l’altissimo costo dell’operazione;
2) la sua ininfluenza nella fase successiva al controllo, laddove si dovrebbero eventualmente aggiustare situazioni non soddisfacenti. Le scuole britanniche qualitativamente degradate, ad esempio, tali rimangono dopo la fase di controllo, che sfocia spesso nella semplice chiusura degli istituti che non rispondono ai criteri di efficienza e di efficacia pre-determinati.
L’esperienza dei paesi europei ha inoltre evidenziato l’alto impatto dei meccanismi di controllo, che vengono effettuati in prevalenza nelle fasi conclusive dei percorsi, sulla natura e la qualità dell’insegnamento impartito.
Natura e contenuto delle prove determinano natura e contenuti dell’insegnamento
Il processo è abbastanza evidente: se alla fine di un percorso si colloca una prova configurata con tests, i docenti saranno automaticamente indotti a strutturare il loro insegnamento in funzione dei tests. Cosa che in genere indebolisce fortemente la preparazione generale umanistico-critica.
Inoltre il contenuto dei tests vincola in modo stretto l’insegnamento, con un crollo dei livelli di preparazione (i tests sono inevitabilmente strutturati su standards minimi) e una forte alterazione della libertà di insegnamento costituzionalmente garantita.
LA VALUTAZIONE BUROCRATICA, QUANDO GIUNGE A SOSTITUIRE PRESSOCHE’ IN TOTO LA VALUTAZIONE PROFESSIONALE, CHE E’ PARTE INTEGRANTE DELLA FUNZIONE DOCENTE, ALTERA LA FIGURA PROFESSIONALE DOCENTE E ABBASSA I LIVELLI GENERALI DI PREPARAZIONE DEGLI STUDENTI
La bozza di decreto presentata il 18 febbraio ai sindacati presenta almeno altri due elementi di forte criticità: la totale auto-referenzialità - i membri del comitato direttivo sono tutti di nomina ministeriale - e l’assoluta mancanza di criteri espliciti per la nomina degli esperti, per i quali si parla soltanto di una “accertata professionalità”.
Con ciò si verrà a creare un organismo tecnico di valutazione, totalmente controllato dal potere politico di turno, in linea divergente con le scelte effettuate nei paesi europei (solo un esempio: l’analogo organismo inglese, denominato OFSTED – Office for Standards in Education - è indipendente dal ministero).
Anna Pizzuti - 25-02-2004
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Ho letto con molta attenzione l'articolo del quale condivido in pieno le conclusioni.
Nei giorni scorsi ho cercato la bozza di questo decreto, senza trovarla.
Vorrei che riflettessimo tutti sul fatto che ciascun pezzo di questa riforma è sviluppo e completamento dell'altro, che il disegno è complessivo.
E tutto finalizzato all'abbassamento del livello dell'istruzione, come gli autori fanno notare.
Le scuole si sono prestate e si stanno prestando, passivamente, alla sperimentazione dei vari progetti.
E invece dovrebbero ribellarsi, se sapessero difendere la loro autonomia. E la libertà di insegnamento.
Perchè anche qui di questo si tratta, come fanno rilevare gli autori. Ho avuto modo di guardare la prova di italiano per le classi prime del superiore dello scorso anno. Non coincide con la programmazione che attuiamo nella nostra scuola. E' un assurdo didattico. Ma l'anno prossimo, probabilmente coinciderà, perchè ci si adegua, perchè non si sa bene che fine faranno queste rilevazioni (che, insisto col dire, sono verifiche e non valutazioni) e che ricaduta avranno sulle scuole.
I colleghi che sono andati alla riunione provinciale di presentazione, mi raccontavano che il relatore (purtroppo non so chi fosse) sosteneva che tanto si sa già quali saranno, orientativamente, i risultati. Penalizzanti, ovviamente, per l'Istruzione professionale (visto che bisogna dimostrarne il fallimento....) Nonostante ciò, si continua ad accettare e ci si prepara ad assorbire anche quest'altro aspetto del processo distruttivo della scuola pubblica. Come fosse un gioco....
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