Primo decreto attuativo, il giallo continua oppure no?
E' passato un mese esatto dal 23 gennaio, quando il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente, dopo una gestazione di quasi nove mesi, il decreto sulla scuola dell'infanzia e sul primo ciclo di istruzione, eppure il testo non e' ancora entrato in vigore. Sono sorti ulteriori problemi che mettono a rischio l'emanazione di questo sofferto provvedimento? Gli oppositori della Moratti possono contare su un ormai insperato stop al primo decreto attuativo della riforma?
No. Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, secondo quanto risulta a Tuttoscuola, ha apposto la sua firma e inviato il testo, come da prassi, al Guardasigilli. Forse gia' sulla Gazzetta ufficiale di oggi il decreto legislativo, con gli allegati delle Indicazioni nazionali e del profilo conclusivo che ne fanno parte integrante, sara' pubblicato, probabilmente in un supplemento speciale, data la mole della documentazione.
Ma cosa ha ulteriormente ritardato l'emanazione del decreto, che giunge con un preoccupante ritardo rispetto ai tempi necessari per le operazioni di avvio dell'anno scolastico, con le famiglie che vogliono certezze e le scuole bisognose di un quadro normativo certo e chiaro?
C'e' chi ha scritto che il testo era fermo alla Corte dei Conti, chi ha ipotizzato un veto da parte del presidente della Repubblica. Niente di tutto questo: i problemi che hanno ritardato la pubblicazione in Gazzetta ufficiale non erano, a quanto pare, di natura contabile o politica, ma tecnico-giuridica.
Il riferimento normativo fatto nel testo del decreto uscito da Palazzo Chigi all'articolo 8 del DPR n. 275/1999 (il Regolamento sull'autonomia scolastica), in base al quale dovranno essere definiti successivamente i regolamenti di attuazione per la scuola dell'infanzia, per la scuola primaria e per la scuola secondaria di I grado, non e' stato ritenuto conforme dagli uffici del Quirinale alla previsione della legge di riforma che, infatti, prevede un'altra norma di riferimento, l'articolo 7 della legge 53/2003, per definire i regolamenti di attuazione.
Si e' pertanto provveduto a sostituire il riferimento all'articolo 8 del DPR 275 con l'articolo 7 della legge di riforma, e il segnale verde per la pubblicazione del decreto e' scattato. Ma l'attuazione non sara' certo una strada in discesa.
15 milioni e mezzo di italiani coinvolti da settembre nella riforma della scuola
Sul perche' si sia acceso un dibattito cosi' vasto sul decreto legislativo per il primo ciclo di istruzione non possono esserci dubbi. Si tratta del primo passo di un progetto complessivo di riforma della scuola. E' giusto e doveroso discuterne, sviscerarne i limiti, le possibili conseguenze, testarne la tenuta. Possibilmente farlo, e non sempre sta accadendo, con spirito costruttivo, abbandonando preconcetti, posizioni troppo di parte e discutendo sui contenuti. Si va a toccare un settore strategico, una trave portante dell'edificio su cui si basa la crescita culturale e lo sviluppo e la competitivita' futuri del sistema Paese. E che tocca, direttamente o indirettamente la vita quotidiana di tanti milioni di italiani. Abbiamo provato a fare due calcoli.
L'avvio da settembre dell'innovazione nelle scuole dell'infanzia, primaria e secondaria di I grado, statali e paritarie coinvolgera' direttamente all'interno della scuola piu' di cinque milioni e mezzo di persone tra alunni, docenti e dirigenti scolastici (senza contare il personale Ata sfiorato dalla riforma). Scuola dell'infanzia e scuola primaria parteciperanno in blocco con le classi e le sezioni di tutti gli anni di corso; la scuola secondaria di I grado partecipera' per il momento soltanto con le classi del primo anno.
In particolare, gli studenti “cavie” saranno 5 milioni, i docenti dei vari ordini di scuola, statale e paritaria, coinvolti saranno piu' di mezzo milione (527 mila); i dirigenti scolastici, per lo piu' di scuole statali, saranno circa 10 mila.
Fuori dalla scuola - ma non troppo, vista la centralita' che ad essi assegna la riforma - quasi dieci milioni di genitori.
In totale,
quindici milioni e mezzo di italiani: piu' di un quarto della popolazione nazionale. E di questi 10,5 milioni sono adulti con diritto di voto… La riforma e' anche un fatto politico: una buona riforma puo' diventare un successo elettorale; una riforma non gradita, invece…