Comunicare
Nico d'Aria - 16-02-2004
Prima di cominciare: da noi, quando un allievo riceve una lettera importante, chiede a un insegnante di leggerla ad alta voce a tutta la classe. Fate così anche voi?

E-mail n° 2 da Nico d’Aria a Pianeta Terra


Cari terrestri, grazie;

immaginatevi che faccia hanno fatto gli scienziati, quando hanno saputo che un ragazzino come me aveva saputo comunicare nientemeno che col Pianeta Terra, Sistema Solare! Neanche i grandi sono mai riusciti a comunicare con un popolo così lontano!
Bene, ora che abbiamo imparato a comunicare, che ne dite di comunicare davvero e dirci delle cose importanti?
Per noi la cosa più importante è l’avventura capitata al mio popolo 3 sgrunf fa (secondo il computer, in tempo terrestre fanno circa 9 anni). Ancora adesso, quando racconto cosa ci è successo, mi manca il respiro.
Io c’ero.
Certo, avevo solo 2 sgrunf, ma ero già abbastanza grande per capire bene e ricordare perfettamente.
Ho visto tutto. Anzi, dovrei dire che ho sentito tutto; la catastrofe si è sentita con il tatto e con quel terribile pizzicore nelle orecchie. Anche nel mezzo di quel disastro, quello che si vedeva con gli occhi sembrava perfettamente normale; tutto tranne le facce terrorizzate della gente.
Secondo gli scienziati era un “terremoto ad alta frequenza”.
Però, a dir la verità il terreno non tremava affatto, lo hanno chiamato terremoto perché era un tremito intenso e sottile di tutte le cose.
Immaginatevi tutto un popolo che corre verso le astronavi, città intere di persone che mettono in una valigia le cose più preziose e si accalcano alle rampe di lancio per scappare prima possibile.
Mia mamma correva per la casa con una grossa borsa e ci metteva le cose importanti: la carta di credito, gli spazzolini da denti, delle fotografie, del cibo, qualche vestito caldo... Papà spegneva il rubinetto del gas, staccava la luce, chiudeva le persiane. Io ho preso la cartella, ho rovesciato per terra tutti i videolibri di scuola e ci ho messo dentro il mio pelouche e il mio piccolo tesoro: un libro antico, di quelli di carta, con le pagine che si voltano una per una col dito. Abbiamo chiuso le borse e poi, via! più in fretta della voglia di piangere.
Era bello, il nostro pianeta. Adesso è disabitato, siamo tutti scappati.
Dopo poche ore eravamo tutti in orbita, nelle astronavi; attraverso le grandi finestre dell’astronave sembrava solo una palla che rotolava pigramente.
Era la nostra casa, a cui non saremmo più tornati.
Tutti piangevano, io no. Certo, anch’io ero triste, molto triste. Ma vedevo nel cielo tantissimi pianeti e stelle. Dicevo a me stesso: “ne abbiamo perduto uno, ma forse ne troveremo altri”.
Con le astronavi il mio popolo ha girato un po’, qualche settimana. Si è fermato su un piccolo asteroide Ptrwq, dove fa freddo e c’è poca terra coltivabile.
Dovevamo starci per pochi mesi, giusto il tempo di coltivare un po’ di cibo; ma gli adulti erano troppo tristi per cercare un posto migliore e non hanno avuto il coraggio di ripartire.
Scusate, non mi sono neanche presentato.
Intanto il nome, mi chiamo Nico. Nico d’Aria. Poi la lingua, che è il qwrtp; è una lingua un po’ difficile, ma per voi non è un problema perché il computer la traduce automaticamente.
Poi la mia razza... quella non so se dirvela. Il problema è che voi siete di un pianeta lontano... sapete come vanno queste cose, no? Ognuno pensa che la gente normale sia quella come lui. Insomma: se uno di voi capitasse in un pianeta abitato da lombrichi grigiastri con zampe a rotelle e proboscide parabolica, sicuramente quelli lo guarderebbero e direbbero: "guarda quel bambino terrestre, che creatura orribile! Come siamo fortunati noi ad essere normali ".
Che corpo avete, voi terrestri? Adesso descrivo la mia razza, e spero che quelli come me non vi facciano paura, schifo o qualche altra brutta sensazione. Comunque ecco come siamo fatti noi.
Siamo mammiferi bipedi. Abbiamo al centro del corpo un busto, da cui partono due zampe chiamate “gambe” verso il basso e due braccia, una a destra e l’altra a sinistra; in fondo a ogni braccio c’è una mano, capace di prendere gli oggetti tramite cinque dita.
Sul busto, sul punto più alto è appoggiata un’unica testa. La posizione del nostro corpo, quando siamo svegli, è dritta rispetto al terreno; quando dormiamo invece è distesa.
La testa è sferica, la metà dietro è coperta da abbondanti lunghi peli che chiamiamo capelli. Sulla metà davanti abbiamo della pelle che si chiama “faccia”. Per noi è normale tenere la faccia nuda, non ci vergognamo. C’è un buco che chiamiamo bocca, che serve per alimentarci e respirare. Poi abbiamo nel bel mezzo della faccia un organo che può respirare e percepire odori; è una proboscide corta corta, che chiamiamo “naso”. Poi abbiamo due occhi, cioè due sensori visivi che percepiscono i colori, le luci, le distanze...
Naturalmente in mezzo alla fronte abbiamo il monitor, se no come potremmo videoparlarci? Il nostro è un simpatico display elettroluminoso cerebroconnesso a cristalli liquidi, che per comodità chiamiamo “visore cerebrale”. Non è naturale, voglio dire che quando nasciamo siamo senza. Sette settimane dopo la nascita di un bambino, viene un dottore e glie lo applica alla fronte, lo collega al cervello e si fa una bella festa. Da quel momento impariamo a usare la mente per videodire le nostre parole e per videoleggere le parole nel visore degli altri.
La prima parola che si impara a videodire è quasi sempre “mamma”: le lettere appaiono in fila sul display del bambino e la madre corre a chiamare il papà tutta emozionata.
Tanti secoli fa, nell’era primitiva, non c’erano i display frontali, la gente diventava adulta senza. Nessuno sa come facessero le persone a videoparlarsi; chissà, forse usavano dei gesti.
Mi sembra di non aver dimenticato niente... Ah già, le orecchie.
Le orecchie sono una coppia di curiose tazzine di carne attaccate alla testa, una a destra e l’altra a sinistra. Nessuno le considera importanti, perché non servono a niente. Eppure io continuo a chiedermi: se la Natura ce le ha date, un motivo ci deve pur essere! Deve essere qualcosa che è rimasto dai tempi dell’evoluzione, anticamente dovevano servire a qualcosa, forse milioni di anni fa, quando i nostri antenati avevano la coda e le mani palmate...
Su questo argomento ho cercato in diversi videolibri, ma ho trovato poco: gli scienziati hanno fatto tre ipotesi.

1. Una teoria dice che, siccome si arrossano quando ci si imbarazza, probabilmente in tempi molto antichi servivano al corteggiamento tra giovani maschi e femmine, come le piume dei pavoni. Una prova a favore di questa teoria è data dalle ragazze, che ancor oggi usano le orecchie per appendere graziosi orecchini che le fanno diventare ancora più carine.
2. Una seconda teoria dice che sono ali atrofizzate; secondo questa idea un tempo erano molto più grandi e permettevano alle persone di volare e farsi portare dal vento...
3. C’è poi una terza teoria: le orecchie anticamente servivano a disperdere l’eccesso di calore del corpo quando i bambini avevano la febbre...

Non è tutto, c’è anche una vecchia leggenda popolare secondo cui le orecchie servivano a “sentire” qualcosa nell’aria. E’ una storia strana, di persone magiche che comunicavano con delle specie di onde, percepibili attraverso le orecchie... ma tutti dicono che è solo una stramba superstizione.
Vi chiedo scusa, chissà perché perdo tanto tempo a parlare di orecchie... Lo so che non servono a niente, ma a me incuriosiscono. Forse voi avete qualche ipotesi: secondo voi quale può essere l’utilità delle orecchie? Vorrei fare altre domande: il vostro corpo di terrestri com’è? Ditemelo tranquillamente; comunque voi siate fatti, mi interesserà; non ho pregiudizi, perché a me piacciono tutte le forme di vita intelligenti.
Un’altra domanda: come comunicate tra di voi?
Per favore usate parole semplici, se no il traduttore automatico non riesce a tradurre dal terrestre al qwrtp.
Se domani ho tempo vi mando una e-mail con le parti più avventurose della storia.

Aspetto una vostra risposta.

A presto,
Nico


continua
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