Grazia Perrone - 10-02-2004 |
Sarà, forse, per caso ma - da questa "analisi" - è totalmente assente la dimensione docente. Una "lacuna" grave ... per un'Associazione culturale di docenti e che denota la pervicacia nel perseguire il medesimo disegno velleitario e confusionale della scorsa legislatura basato sulla superficialità analitica, sull'impreparazione, sul vuoto pedagogico e sulla totale indifferenza per gli aspetti sostanziali della prassi didattica. A questo aggiungo l'azione congiunta del sindacalismo confederale che - unitamente ai "poteri forti" e a tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi 14 anni - ha fatto sì che - contratto dopo contratto, accordo dopo accordo - la professione docente subisse la più mortificante e totale "impiegatizzazione" mai riscontrata in alcun paese civile. E' grazie a simili "analisi" sociologiche e politiche che la professione docente italiana ha perso (forse per sempre) quel profilo intellettuale e deontologico che ne dovrebbe costituire il ruolo e la funzione sociale. Che tristezza ... |
Angela Salvati - 10-02-2004 |
Il tema della scuola che vogliamo non può essere disgiunto da una riflessione seria sulla professione docente, e fin qui Grazia Perrone ha ragione, leggendo però il testo completo dell'articolo "La scuola che vogliamo"- rintracciabile sul sito di Proteo Fare Sapere - si può evincere che é questa la conclusione a cui arriva anche l'autrice che, alla fine del suo articolo, cita il rapporto Eurispes in cui si afferma che per migliorare la scuola italiana bisogna partire dal corpo docente e "Restituire alla funzione docente il ruolo e il prestigio sociale che ha sempre avuto in tutte le società tecnologicamente ed economicamente più avanzate". Credo che oggi più che mai occorra evitare le polemiche ed entrare nel merito dei problemi, a meno che non si voglia, ancora una volta, che gli insegnanti, coloro che fanno scuola, siano estromessi dal dibattito. Ci sono le forze per resistere oggi e iniziare al contempo una riflessione sulla scuola che vogliamo? |
gp - 11-02-2004 |
Non sono mai stata “diplomatica” nel senso che (e nella misura in cui) ho sempre detto – senza inutili perifrasi – quello che pensavo senza preoccuparmi di … “piacere” all’interlocutore di turno. Tanto premesso prendo atto del tuo rilievo in virtù del quale evinco (correggimi se sbaglio) che l’Autrice della nota in oggetto avrebbe “accessoriato” – con un riferimento al rapporto Eurispes pubblicato nel sito Proteo Fare Sapere – il suo intervento con un riferimento alla “restituzione alla funzione docente del ruolo e del prestigio sociale che ha sempre avuto in tutte le società tecnologicamente ed economicamente più avanzate” . Bene! Mi verrebbe da chiedere – retoricamente - chi dovrebbe ... "restituire"?. E cosa avrebbero "perso" - in passato - i docenti italiani rispetto ai colleghi delle società tecnologicamente più avanzate? Ma non lo faccio. Mi limito a rilevare – senza alcun intento polemico … te lo assicuro – che nel documento che stiamo discutendo “l’Autrice” non utilizza mai la parola … “docente". Se non in forma "subordinata" ad una citazione ... appunto! Perché? |