breve di cronaca
Riforma, pro e contro: confronto Bertagna-Maragliano
Il Nuovo - 18-01-2002
MARAGLIANO
"Quella Moratti è una riforma gentiliana"


Roberto Maragliano che nel 1997 ha coordinato la Commissione dei 40 saggi con il compito di elaborare la riforma dei cicli spiega i limiti del progetto di legge presentato dal nuovo ministro dell'Istruzione.

di Alberico Giostra

ROMA - Roberto Maragliano, 56 anni, insegna tecnologie dell'Istruzione e dell'apprendimento presso l'Università Roma Tre ed è responsabile del laboratorio di tecnologie audiovisive. Nel 1997 ha coordinato la cosiddetta Commissione dei 40 saggi che aveva il compito di iniziare ad elaborare la riforma dei cicli di Luigi Berlinguer. Maragliano è dunque uno degli ispiratori di quella che lui stesso indica come "la più ambiziosa delle riforme scolastiche mai tentata dai tempi di Gentile oggi, l'unica che si sia proposta di adeguare le strutture dell'istruzione alla domanda sociale".

Una riforma sulla cui mancata attuazione Maragliano si mostra esacerbato: non solo perché il centrosinistra non ha dimostrato - a suo dire - sufficiente volontà di difenderla -, ma anche per lo spirito "vandeano" di un centrodestra che l'ha "eversivamente" sospesa. Maragliano accusa la sinistra conservatrice di aver lasciato prevalere la sua anima "liceale, togliattiana e latinista", ricordando orgogliosamente che "come i tranvieri non possono fare la riforma dei trasporti, così gli insegnanti non possono fare la riforma della scuola. La riforma la doveva fare la società, cioè gli utenti, i ceti che ne usufruiscono e non gli insegnanti. La riforma Berlinguer è fallita nel trovare alleanze nella società, si è richiusa nella scuola ed è stata fatta a pezzi dagli insegnanti, che come tutte le corporazioni italiane tengono famiglia".

Un'amarezza solo in parte lenita da quel simmetrico fallimento che Maragliano attribuisce al suo antagonista Giuseppe Bertagna, la cui riforma, secondo lui, sta finendo stritolata dalle mediazioni politiche. "Ora è chiaro che nella scuola italiana il cambiamento vero è impossibile, un consolidato sistema di interessi blocca ogni tentativo di innovazione". "Prima di iniziare a parlare della riforma dei cicli debbo fare una distinzione di fondo - esordisce Roberto Maragliano - non possiamo mettere sullo stesso piano una legge che non è stata attuata, come la legge 30 approvata dal centrosinistra, con un progetto, quello Bertagna che stenta ad essere definito".

La riforma di Berlinguer prevedeva due cicli anzichè tre, unendo scuola elementare e scuola media in un ciclo di sette anni e lasciando l'istruzione secondaria superiore a cinque anni. Qual era il senso di questa organizzazione?
Noi sentivamo l'esigenza di dare una formazione di base omogenea ed estesa su cui innestare dei percorsi di differenziazione successivi. Una scuola primaria che avrebbe fornito gli strumenti fondamentali e le consapevolezze base del conoscere, del riconoscersi e dell'agire lasciando gradatamente sviluppare dei percorsi di differenziazione. Il nostro progetto prevedeva 7 anni di scuola di base, 5 di secondaria e 9 anni dell'obbligo. Gli ultimi due anni dell'obbligo sarebbero stati spesi nella secondaria e sarebbero stati gli anni dell'orientamento e della definizione del progetto che poi sarebbe stato speso nel biennio successivo o nella scuola o nella formazione, per poi uscire verso l'Università a 18 anni. Con il primo ciclo avremmo dato le conoscenze e con il secondo avremmo approfondito le competenze acquisendo le conoscenze, superando l'ambiguità mai risolta della scuola media.

Il presupposto era che tra scuola elementare e media esistesse, come esiste, una cesura troppo marcata che accresceva i fallimenti scolastici e la dispersione?
Esattamente. Per troppo tempo la continuità tra i due ordini è rimasta affidata al volontarismo degli insegnanti. Grazie al ciclo unico si superava il passaggio traumatico tra una scuola "buona", le elementari e una "dura", le medie. Nelle elementari se un bambino non impara è colpa della maestra, nelle medie il fallimento è colpa del ragazzo. La scuola elementare è educante, quella media giudicante, l'elementare punta al successo della scuola, del gruppo, la media interroga, da il voto, e spesso lascia il ragazzo in solitudine. Ecco perchè un primo ciclo più lungo come noi volevamo avrebbe accompagnato meglio il passaggio dall'infanzia alla preadolescenza.

Il problema fondamentale dunque era riformare la scuola media.
La riforma Berlinguer avrebbe portato finalmente a compimento quella riforma della scuola media del 1962 che, unificando avviamento e ginnasio, era stata lasciata a metà, come una riforma incompiuta. Questa riforma coincideva con l'innalzamento dell'obbligo scolastico a 14 anni. Per cui occorreva chiedersi: perchè mantenere cesure così rigide tra elementari e medie se si hanno 8 anni di obbligo che di fatto stabiliscono un percorso unico? La riforma Berlinguer risolveva questo problema perchè risolveva il problema dei fallimenti scolastici delle medie inferiori, che tradizionalmente venivano scaricati sulle superiori, naturalmente in presenza di un obbligo scolastico elevato di un anno. La riforma Bertagna invece lascia immodificato il "gene" della scuola media.

Gli insegnanti delle scuole medie come giudicavano la vostra riforma?
Era una trasformazione della scuola media che purtroppo non è stata minimamente capita dagli insegnanti. Temevano di essere declassati ad insegnanti elementari mentre dovevano essere orgogliosi di essere associati a loro.

Come sarebbe stato il liceo della riforma Berlinguer?
Sarebbe durato cinque anni. Ci sarebbero state innovazioni per i primi due anni nei quali avremmo allargato la base culturale comune, oggi sacrificata nei tecnici e nelle professionali. Noi volevamo allargare l'area comune del curricolo e non restringerla separando i due canali come fa Bertagna. Il fatto che l'obbligo arrivasse fino al secondo anno del secondo ciclo ci costringeva a trovare un equilibrio fra l'area comune e discipline di indirizzo. Inoltre avremmo ridotto la disperante quantità di indirizzi liceali. Al Ministero dell'Istruzione nessuno sapeva esattamente quanti fossero, fino a quando abbiamo scoperto che un impiegato dell'ufficio che si occupava di esami di maturità era il solo detentore del prezioso segreto: e ci rivelò che erano oltre 110.

Qual è il rimprovero principale che muove alla riforma Bertagna?
Le differenze con la bozza Bertagna sono pesanti. Nella legge 30 avevamo 7 anni di scuola base e due orientativi ma dentro un percorso comune. Qui abbiamo 8 anni comuni ma non unitari più un anno dell'obbligo che si spenderà o nella scuola o nella formazione. In questo modo il problema dell'orientamento rifluisce nella scuola media rendendola ancora più dura. E' la vittoria del Liceo gentilianamente inteso. La nostra riforma dei cicli consisteva nello spostare il grande "centro" rappresentato dai licei nella scuola di base. Nel complesso l'insieme di idee della riforma Bertagna sono per un verso reticenti per un altro pericolosissime. Reticenti perchè di fatto non affrontano il nodo dei contenuti e della loro revisione mentre noi lo avevamo fatto preliminarmente. Pericolosissime perchè si propongono di dividere l'enciclopedia curricolare in materie obbligatorie e facoltative dove nelle facoltative rientreranno tutte le materie non liceali. Questa è la conferma del gentilianesimo di fondo della riforma Bertagna. La differenza tra la nostra riforma e la loro riforma è tra chi voleva cambiare la scuola perchè non era abbastastanza aperta al mondo e chi voleva cambiare perchè la scuola si era troppo aperta al mondo. Per ora prevalgono questi ultimi.

Che cosa accadrà alla scuola italiana una volta attuata la riforma Moratti-Bertagna?
Si svuoterà di senso. Questa riforma prescinde dalle esigenze di una società che investe enormemente sulle conoscenze ed è costretta a farlo fuori della scuola. Lo fa con il mercato, con i media e ormai ha accettato l'estraneità della scuola dal mercato, dai media eccetera. Un bambino di scuola elementare è maestro dei suoi insegnanti in fatto di computer e di lingue straniere. Questo accade perchè la società ha investito in lui a prescindere dalla scuola. La scuola italiana avrebbe dovuto muoversi per far fronte a questo movimento di redistribuzione di funzioni, ma non lo ha fatto.

Lanci una sfida al ministro Moratti.
Io sfido la Moratti a mettere i computer in classe. Non nei laboratori, chiusi come dei libri in biblioteca, ma nelle aule, così come i libri stanno negli zainetti o sui banchi. Il computer deve essere usato come una lavagna. Ma la Moratti non ce la farà mai. E sa perchè? Perchè non lo consentiranno gli insegnanti i quali hanno paura di perdere la loro centralità. Il sapere della Rete non è gerarchico, non è disciplinare, mentre gli insegnanti preferiscono le gerarchie e le discipline tradizionalmente intese. Io sono per una scuola "indisciplinata" non nel senso del sette in condotta ma nel senso epistemologico

BERTAGNA
"La riforma Berlinguer è anticostituzionale"


Il professor Giuseppe Bertagna è la mente del progetto del ministro Moratti che ridisegna i cicli dalle elementari fino ai liceo. L'uomo, insomma, che ha rimesso nel cassetto la riforma Berlinguer.

di Alberico Giostra

Classe 1951, docente di filosofia dell'educazione all'Università di Bergamo, ancor prima docente di fiolosofia nei licei, il professor Giuseppe Bertagna collabora da tempo con la casa editrice La Scuola di Brescia. Il suo è ormai un nome popolarissimo fra studenti, genitori e insegnanti. A lui si deve infatti la riforma del ministro Moratti che ridisegna i cicli dalle elementari fino ai liceo. E', insomma, l'uomo contemporanamente più amato (dal Polo) e più odiato (dal centrosinistra e da alcune sigle del mondo sindacale) per aver rimesso nel cassetto la riforma Berlinguer.

Professor Bertagna, perchè avete modificato la legge di riforma dei cicli di Berlinguer che non era ancora stata attuata?
A non consentire l'attuazione della legge sono state le inadeguatezze del piano di fattibilità elaborato dal Ministro De Mauro, che hanno consentito alla Moratti di dire che la legge non è stata sospesa ma semplicemente non perfezionata. Era intervenuta anche una sentenza della Corte dei Conti, una del Tar del Lazio e la critica del Consiglio superiore del Ministero della Pubblica Istruzione. Ma fin qui siamo ai pretesti e non agli argomenti. L'argomento decisivo che ha spinto a porre mano alla legge 30 è che questa legge non aveva nel suo codice genetico il titolo V della Costituzione così come era stato riformato dal Parlamento e successivamente da un referendum.

Sostanzialmente Lei sta dicendo che l'Ulivo faceva la riforma della scuola non rendendosi conto che si metteva contro la Costituzione?
E' proprio così. Anche perchè la riforma della scuola è stata fatta un anno prima ed è stata fatta in pieno periodo statalista e di monopolio del Ministero della Pubblica Istruzione. La legge 30 era letteralmente incompatibile con la Costituzione. Il centro, lo Stato cioé, deve dettare le norme generali e deve assicurare la prestazione dei livelli essenziali riferita al godimento dei diritti civili e sociali dei cittadini stessi. Se il diritto all'educazione fino a 18 anni è un diritto essenziale lo Stato può dettare solo i livelli essenziali di questa prestazione. Questa è la vera motivazione per cui si è cambiata la legge 30.

Siete stati accusati di aver cancellato l'obbligo scolastico previsto dalla Costituzione.
Il concetto che l'obbligo scolastico si svolga nelle scuole dello Stato mentre l'obbligo formativo si svolga negli istituti regionali, e quindi che ciò che è garantito dalle scuole statali è nobile e rassicurante mentre ciò che è assegnato alle regioni è plebeo e precario, rappresenta una mentalità ormai improponibile. Ecco perchè siamo stati costretti a superare il concetto di obbligo scolastico e formativo e a parlare di obbligo di formazione almeno per 12 anni, o comunque fino all'ottenimento di una qualifica. Perchè se entriamo nell'ottica del godimento di un diritto essenziale come quello all'istruzione per 12 anni, e diciamo che questo è un bene deve essere soddisfatto dalla Repubblica, non possiamo più introdurre gerarchizzazioni di sorta tra istituzioni scolastiche che dipendono dallo Stato e istituzioni che dipendono dalle Regioni. Perchè ormai sono pari.

Lei con questo vuole rispondere alle polemiche che hanno investito la Moratti, accusata di aver creato una scuola di serie A e una scuola di serie B?
Abbiamo detto che la vera sfida è che il canale della formazione professionale non sia più una scuola di serie B ma di serie A. Perchè non possiamo più immaginare di affidare qualcosa alle regioni che sia residuale e ospedaliero. Questa ottica gerarchizzata delle formazione professionale è una grande offesa alle Regioni. Per non tradire la nuova Costituzione siamo stati costretti ad elevare il livello delle scuole professionali. Lo Stato deve intervenire con il principio di sussidarietà per supplire alle inefficienze delle Regioni. Se le Regioni non ce la fanno ad offrire una scuola di serie A lo Stato deve intervenire. Ma prima si deve vedere se le Regioni non ce la fanno a fornire un percorso di eccellenza.

Si dice che avete costretto le famiglie a una scelta troppo radicale fra licei e istruzione professionale...
A 14 anni non si sceglie per la vita. A parte che abbiamo introdotto tutta una serie di cautele per rendere permeabili i due tipi di scuola fino a 18 anni, non abbiamo attribuito carattere drammatico alla scelta perchè chiediamo alle Regioni per la prima volta di assumersi l'onere di interpretare in via esclusiva la formazione professionale non nel modo addestrativo e squalificato con cui finora è stata intesa, al servizio più delle aziende che della persona, al servizio di automatismi e meccanicismi, ma di invertire questa logica concependo unite formazione e istruzione. Per cui se la nostra formazione contiene l'istruzione, qual è il dramma della scelta? Se si sceglie per le scuole professionali non si sceglie un canale inferiore.

La grande novità sarà la frequentazione di stage aziendali e l'alternanza scuola-lavoro.
La posizione davvero conservatrice era quella della riforma Berlinguer. Noi abbiamo proposto l'alternanza scuola lavoro non come contratto ma come grande canale formativo. Sarà possibile diplomarsi e lavorare, studiare latino e greco e frequentare aziende. Si prolunga il percorso formativo di un anno ma si rende possibile all'istruzione di diventare formazione e alla formazione di riempirsi di istruzione. L'unica cosa che ci si può davvero rimproverare è di essere stati troppo temerari, che abbiamo voluto raccogliere una sfida che non tutte le Regioni possono sostenere. Ma noi non potevamo continuare a tollerare che una Regione potesse avere livelli di apprendimento della matematica come Singapore e altre invece del livello dell'Angola.

Nella sintesi del rapporto finale lei scriveva: è inopportuno ridurre ad un unico ciclo di sette anni elementari e medie, ovvero quello che la riforma dei cicli di Berlinguer cercava di fare. Perchè questa inopportunità?
Noi abbiamo chiesto ai genitori se erano d'accordo all'unione di scuola elementare e media. Solo il 20% ci ha risposto di sì. Noi non abbiamo mantenuto la scuola elementare e la media così come erano. Noi chiamiamo la scuola elementare scuola primaria e la scuola media scuola secondaria di I grado. Non è un caso. Noi cercavamo di distinguere tra un sapere primario non ancora formalizzato e categorizzato dalle discipline e un sapere secondario in cui questi canoni formalizzati e mobili entrano prepontemente nell'organizzazione del sapere. Noi non abbiamo lasciato le due scuole così come erano. Infine posso dire che non abbiamo voluto disturbare l'attuale organizzazione del personale. Pensi che caos si sarebbe creato mescolando gli insegnanti della scuola media e quelli delle elementari. Noi vogliamo collegare le due scuole solo attraverso il quinto anno, collegando i due ordini di saperi e i tipi di apprendimento. Quando il processo di trasformazione sarà assimilato vedremo se si andrà a questo 5+3 o ad un 4+4 o addiritura ad un 6+6.

Lei scriveva che era preferibile evitare una scolarizzazione precoce. Ma ora il nuovo disegno di legge della Moratti parla di anticipo a due anni e mezzo per le materne e cinque anni e mezzo per le elementari.
La moglie ubriaca e la botte piena non si possono avere. Se lei considera che avevamo previsto un liceo di quattro anni con un diploma a 18 anni, con la nuova scelta del liceo a cinque anni le scelte sono due: o si esce a 19 anni o si entra prima. Uscendo a 19 anni non si rispetta una direttiva europea. Quindi la scelta dell'anticipo è obbligata e la soluzione trovata mi sembra molto prudente.







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 Gabriele Boselli    - 20-01-2002
Si poteva sperare (o, a seconda dei punti di vista, temere) che la forte discontinuità politica della committenza e la differenza delle storie culturali e pedagogiche della commissione rispetto alle precedenti teste d’uovo del Principe portasse a un disegno fortemente innovativo rispetto a una certa piattezza intellettuale del disegno berlingueriano. Dopo l’ uscita del rapporto, le speranze e i timori credo siano destinati ad attenuarsi. Leggo in quel centinaio di pagine una prevalente continuità nel segno di un rinnovato ossequio all’egemonia della Tecnica e dell’Economia, di un omaggio solo formale alla grande tradizione culturale dell’Occidente (di cui non si coglie la valenza produttiva di nuovi campi di significato) e di una sostanziale non connessione epistemologica tra nuclei di pensiero, evoluzione dello spirito soggettivo e strutturazione dei cicli d’istruzione. Vedo nel rapporto un eccessivo pensare all’ esito finale anche di tipo professionale, alla “resa” in termini economici dell’apparato di istruzione. Peraltro, questi sono i tempi.
In positivo noterei una curvatura maggiormente pedagogica del disegno, un maggior realismo delle finalità e dei percorsi previsti (Bertagna per sua e, spero, nostra fortuna è stato ispettore fino a tre anni fa), una certa attenzione alla specificità della scuola rispetto alle altre agenzie di comunicazione.
E’ chiaro che nel ricorrente confronto con Gentile chiunque –di sinistra o di destra che sia- è destinato a soccombere. Ci vorrà qualche secolo perchè la titanica costruzione filosofico-pedagogica gentiliana solo cominci a essere compresa
Perciò diciamo che, al di là delle architetture dei cicli, la scuola ha bisogno di inventare (trovare, immaginare) una gamma di senso delle direzioni, dei piani delle coerenze direzionali di fondo sottostanti o percorrenti la piega dell’epoca. Di essere una scuola che sappia pervenire a interpretazioni originali del mondo e sappia progettare le forme inevitabilmente irregolari (ma non caotiche o deintenzionalizzate) della didattica che dovranno resistere alle vettrici di piegamento della contemporaneità. Capire e progettare per non doversi completamente adattare; conservare così anche per gli eredi la dignità del magistero. La scuola come scuola delle fondazioni (non dei fondamenti) può cercare rendersi conto delle mutazioni categoriali del pensiero, di capire i saperi del nuovo mondo e di istruire nei linguaggi utili alla sopravvivenza nel Mercato Unico Mondiale; deve però, secondo il mandato plurimillenario d’Israele, della Grecia, di Roma e della pedagogia d'Occidente, cercar di educare orientando alla vita nonché al mondo come luogo dell'accadere umano.
Anche se nei documenti di Maragliano e Bertagna il legame con la miglior tradizione italiana è tenue e la proiezione sul futuro modesta (speravo in un nuovo documento più gentiliano e meno berlingueriano), pur con molti errori e lacune qualcosa di buono potrebbe anche nascere.

 riccardo gasperoni    - 20-01-2002
Venerdì scorso sono andato in una classe 1° dell'I.T.I.S. "B.Pascal" per sotitutire un collega assente.
Ho chiesto ai ragazzi quale argomento stessero svolgendo "stiamo studiando gli achei, e la civiltà Micenica". Ma non l'hanno già studiata alle Elementari e poi alle medie ? Chiaramente in quinta a malapena riescono a fare la prima gruerra mondiale. Bastavano queste semplici considerazioni a far pendere la bolancia verso un ciclo primario unico. Il "buco" dell'istruzione solo le medie, la scuola elementare funziona bene ! i docenti delle medie dovevano essere fieri di essere accumuinati a loro, forse era la volta buona che imparavano anche loro un qualche rudimento di epistemilogia e di programmazione.

 Renato Tubére    - 24-01-2002
Grazie a voi, amici di FUORIMARGINE, ho potuto finalmente farmi un'idea su cosa ispiri rispettivamente la riforma abortita del centrosinistra e la riforma annunciata del centrodestra.
Io approvo senz'altro quest'affermazione di Bertagna: "NON SI SCEGLIE PER LA VITA A 14 ANNI!".
Sulla futura attuazione della medesima, nutro ancora perplessità, che spero verranno fugate da opportuno buon senso!
Mentre del professor Maragliano è davvero detestabile il suo livore verso tutto e verso tutti per la mancata attuazione della LEGGE 30: bisogna saper perdere, caro professore, soprattutto quando si dimostra di non saper conoscere la società in cui si vive!
E voi docenti universitari della sinistra post-sessantottina siete ormai come i dinosauri: una specie in via d'estinzione ... per fortuna dei nostri figli!!!