breve di cronaca
Dimissioni sì, dimissioni no
L'Unità - 16-01-2004
Scuola, la Moratti cancella il tempo pieno. L'Ulivo ne chiede le dimissioni



Un ministro serio si sarebbe dimesso. In una delle giornate più surreali del sua gestione, Letizia Moratti ha scelto di continuare ad andare contro il resto del mondo, in nome di quello che è stato definito «efficientismo suicida», devastante per la scuola, ma persino per la Casa delle Libertà, che anche su questa storia ha dimostrato tutta la sua crisi. E contro l'ennesima sortita del ministro che continua a sentirsi manager, si è scagliata tutta l'opposizione: «Ha compiuto tre gesti inqualificabili insieme. Ha gettato definitivamente la scuola nel caos. Ha scavalcato il Parlamento tentando di applicare un provvedimento assai contestato. Ha di fatto abolito il tempo pieno, ai danni degli alunni, delle famiglie e dei docenti. Non paga, al danno ha aggiunto la beffa di una lettera di rassicurazioni ai genitori», hanno dichiarato in una nota congiunta i capigruppo al Senato di Ds e Margherita, Gavino Angius e Willer Bordon.

Poltrone incollate

Le dimissioni naturalmente non sono arrivate, anzi, è stato ottenuto di far ritirare quelle della relatrice di maggioranza al decreto attuativo della legge sui cicli, Angela Napoli (An), che nel frattempo era già stata sostituita con l'ignaro deputato di Forza Italia, Sergio Granani. Tutta la vicenda, dicono ancora Angius e Bordon, è «un segno del malessere dilagante di fronte al comportamento di un ministro che in due anni e mezzo ha raggiunto il solo obiettivo di attaccare le fondamenta della scuola pubblica. Sostituire il tempo pieno con un doposcuola significa infatti privare i bambini di istruzione ed educazione, trattare i docenti come babysitter e mettere in difficoltà le famiglie, specie quelle meno abbienti».

Tutti contro

La denuncia dei due esponenti dell'Ulivo, riprende sia le contestazioni che quasi all'unanimità sono venute dal mondo scolastico nel corso delle audizioni di queste settimane, sia le ragioni che avevano indotto la relatrice alle dimissioni: «Ora chiediamo al ministro Letizia Moratti di farla finita coi colpi di mano, con gli annunci e con i pasticci. Le chiediamo di ritirare la circolare e il decreto, ammettendo che non riuscirà ad attuare la sua legge sui cicli neppure per il prossimo anno. Le chiediamo di riprendere il confronto con tutte le parti interessate e con il Parlamento per l'attuazione della legge delega. Le chiediamo di non alterare leggi e progetti che hanno dato buoni frutti, come il tempo pieno. Le chiediamo di ottenere finalmente i finanziamenti annunciati da Berlusconi in persona, dei quali finora non c'è traccia, e di risolvere il problema del precariato docente. Le chiediamo in poche parole di ridare qualità alla scuola pubblica».

Il futuro ipotecato

Che il ministro ascolti le richieste dell'opposizione, dopo aver ignorato una per una tutte le istituzioni, i sindacati, i rappresentanti dei genitori e quanti le chiedevano di cambiare strada, appare difficile: «Se non otterremo risultati immediati saremo costretti a chiedere le sue dimissioni», concludono Angius e Bordon.

Preoccupato per il destino della scuola pubblica, lo stesso segretario dei Democratici di sinistra, Piero Fassino: «Si smantella il tempo pieno, non si sa a quale scuola iscrivere i nostri figli. Il rischio è che le famiglie italiane siano sempre più inquiete di fronte ad una scuola che non è in grado di garantire ai bambini e ai ragazzi quel futuro sereno che tutti vogliamo», ha dichiarato al Tg3, annunciando che sabato prossimo i Ds manifesteranno a Roma «insieme a genitori e insegnanti per protestare contro i provvedimenti della Moratti e per salvare la scuola italiana e il futuro dei nostri figli».

Piazza canta

Una manifestazione che ha giocato un ruolo importante nel caos di questi giorni: «È evidente che, anche nella maggioranza, ci sono forze più sensibili a questa mobilitazione e altre meno - ha spiegato Ranieri, responsabile cultura della segreteria dei Ds - anche perché si tratta di una mobilitazione spontanea, non ideologica, venuta non a caso dei comitati dei genitori, quelli che, grazie all'azzeramento del tempo pieno, hanno visto per primi gli effetti della legge Moratti».

Capricci e balletti

Ranieri ha avuto parole di stima per Angela Napoli: «È una delle poche nel centro destra che sa quello che dice», diametralmente opposto il giudizio sul ministro: «Irresponsabile, incompetente e arrogante». L'esponente diessino, infine, Ranieri, ha messo sull'avviso per la possibilità che l'intero decreto, se e quando sarà emanato, venga annullato dal Consiglio di Stato: «C'è un evidente eccesso di delega e si rischia la bocciatura, come è già avvenuto, e anche in quel caso lo avevamo detto, per la riforma dell'Università».

La scelta dello scontro, con il rischio di sfasciare tutto, secondo i Ds, è tutta da addebitare al ministro: «Era possibile rinviare d'un mese il termine per le iscrizioni, dando respiro a genitori e dirigenti scolastici, e avere così il tempo di emanare un decreto che tenesse contro delle osservazioni di tutti - ha spiegato ieri la parlamentare dei Ds, Alba Sasso - noi non avremmo sollevato obiezioni. Questo decreto pasticciato e pasticcione, invece, non può che essere rivisto». Un giudizio condiviso anche da altre forze del centrosinistra: «I cittadini sono stanchi di pagare sulla loro pelle questi balletti, questi scontri di potere interni nelle verifiche del Polo di centro-destra - hanno dichiarato i senatori verdi, Fiorello Cortiana e Loredana De Petris - invece del ritiro delle dimissioni di Angela Napoli, ritirino il decreto». Dello stesso tenore, il commento della capogruppo di Rifondazione comunista in commissione Cultura alla camera, Titti De Simone, che ha chiesto al ministro di fermarsi: «Non si può imporre al mondo della scuola una riforma che nessuno vuole più, neppure la sua maggioranza».

Mimmo Torrisi
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 ilaria ricciotti    - 16-01-2004
Berlinguer e con lui il governo a cui apparteneva sono caduti per molto meno. Chiedere le dimissioni di questo Ministro è il minimo che si possa fare. Stiamo andando allo sfascio: la gente comune con cui parlo non apprezza nulla di esso. Provare per credere.