Agrégation
Teo Orlando - 10-01-2004
Proposta di valorizzazione dei docenti di scuola secondaria impegnati in attività di ricerca

La questione relativa alle "differenziazioni" tra gli insegnanti non va posta in termini di carriera, di area separata (anche se i sindacati come la CGIL-Scuola, e in particolare il preside Panini, che di quest'ultima è segretario nazionale, mi dovrebbero spiegare perché si sono tanto strenuamente opposti all'area separata per i docenti quanto hanno invece perorato quella per i dirigenti - e tra un po' per i direttori amministrativi...) e di presunte gerarchie meritocratiche: tutto ciò rischia solo di spaccare la categoria e di creare reazioni come quella scatenata con l'idea del cosiddetto "concorsone" di Berlinguer, poi naufragata.
Visto che definire quali siano gli insegnanti "migliori" è un'impresa disperata, se non impossibile ("essere un buon insegnante" assomiglia al "bene" secondo il filosofo britannico George E. Moore: è un predicato indefinibile), mi sembra più opportuno istituzionalizzare maggiormente le differenziazioni dei compiti e le diverse vocazioni che già oggi a vario titolo caratterizzano il corpo docente. Infatti, ci sono docenti che si occupano volentieri di attività gestionale-amministrativa, collaborando con l'ufficio di presidenza; docenti che sono particolarmente interessati alle funzioni strumentali al POF; docenti che, invece, preferiscono dedicarsi alla ricerca e allo studio in un contesto extrascolastico e universitario; docenti che collaborano con riviste e giornali o attendono alla libera professione; docenti, infine, che si preoccupano solo di trasmettere il loro sapere con l'impegno didattico quotidiano. Ognuna di queste categorie andrebbe valorizzata in modo diverso, ma non secondo scale gerarchiche.
In particolare, per quanto riguarda il rapporto scuola/università, che è il tema che più interessa l'ADI ( Associazione dei dottorandi e dottori di ricerca italiani), di cui sono membro, ritengo che il modello francese sia quello più rispondente alle nostre esigenze, grazie in particolare all'esistenza dell'agrégation, una specie di superabilitazione conseguibile per mezzo di un concorso estremamente selettivo: i docenti muniti di tale titolo hanno diritto a uno "sconto" sull'orario scolastico e possono insegnare anche all'università (dove il loro orario si completerebbe, con la prospettiva poi di passare definitivamente all'università, anche come formatori di altri docenti). In attesa di creare qualcosa come l'agrégation anche in Italia, si potrebbe cominciare a tener conto degli insegnanti forniti di dottorato di ricerca, attualmente il massimo titolo di studio conseguibile in Italia.
In questo modo non si creerebbero tanto insegnanti di serie A e di serie B, ma si valorizzerebbe semplicemente la maggiore vocazione di taluni alla ricerca, mentre quelli che vogliono essere valorizzati nelle attività di supporto alla didattica e, in generale, organizzative e gestionali lavoreranno di più nella scuola con un monte ore scolastico maggiorato.
Se infatti venisse posta ai sindacati la questione dei docenti che collaborano con l'università non in termini economici, ma in termini di agevolazione della loro attività di ricerca, può darsi che sarebbero più sensibili verso queste richieste. Io penserei a:
1) Uno sconto sull'orario, che da 18 ore su cinque giorni potrebbe passare progressivamente a 14 su quattro e 12 su tre (un semi-part time), a retribuzione invariata.
2) Una corsia preferenziale per l'attivazione di contratti di insegnamento universitari nei corsi di laurea triennale e in quelli specialistici che sostituiranno le SSIS.
3) L'affidamento di corsi di aggiornamento per i colleghi che invece stanno a scuola a tempo pieno. Penso che difficilmente si potrebbero fare obiezioni, anche perché già ora molti colleghi si trovano nelle situazioni 1 e 2 (ma sono costretti a ricorrere al part time da 9 a 12 ore con stipendio diminuito di almeno 1/3).
Ho poca fiducia, tuttavia, che sindacati e MIUR accolgano proposte del genere: come al solito noi dei modelli stranieri tendiamo a copiare il peggio (ad es. l'alleggerimento dei contenuti, l'abolizione degli esami di riparazione, la progressiva emarginazione delle lingue classiche, ecc.) e non il meglio (appunto l'agrégation, il raccordo scuola-università, un'offerta facoltativa, secondo le preferenze e le attitudini, di alcune discipline negli ultimi anni di liceo, le classi preparatorie alle cosiddette Grandes Écoles in Francia, ecc.).


interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Sabatino Martelli    - 11-01-2004
Da grande estimatore della scuola e della cultura laica francese, ritengo tuttavia che l'agrégation, quando viene applicata alla scuola secondaria, determina una ingiusta disparità retributiva ed oraria tra docenti di un medesimo istituto.

 Laura Venuti    - 11-01-2004
La tua proposta mi trova pienamente d'accordo.Infatti, insegno latino e greco nel liceo classico, ma sono un'archeologa e collaboro con il Museo Archeologico di Firenze.Mi occupo di ricerca nell'ambito della ceramica antica e mi piacerebbe dedicare più tempo ( senza rinunciare all'insegnamento) a questa attività e, perché no?, insegnare all'Università. E questo è il desiderio anche di altri colleghi glottologi e filologi. Almeno nella nostra classe di insegnamento ( A052), nella quale molti docenti hanno specializzazioni ed anche dottorati conseguiti all'estero,mi risulta questa sia un'esigenza molto sentita.

 Teo Orlando    - 11-01-2004
La risposta di Sabatino Martelli sembra dettata da una specie di riflesso condizionato tipico di una certa ideologia pseudo-egualitaria ed appiattente che scatta non appena qualcuno osa anche sostenere che ci sono insegnanti che hanno vocazioni e interessi diversi. Io, invece, non ho parlato per nulla di quella che lui ritiene "una ingiusta disparità retributiva ed oraria tra docenti di un medesimo istituto". La mia proposta era proprio finalizzata a evitare che venisse percepita una simile ingiustizia: infatti, io sostenevo che la retribuzione rimanesse invariata e che la parte di orario (1/3) non impiegata nell'insegnamento scolastico venisse sfruttata per l'insegnamento e la ricerca universitaria. Al limite, un'integrazione retributiva potrebbe essere ipotizzabile da parte dell'università (del resto già ora i supervisori del tirocinio alle SSIS hanno una piccola integrazione contrattuale). Insisto, la mia proposta non è volta a creare insegnanti di serie A e di serie B, come il solito mantra demagogico-sindacale ama ripetere, ma a valorizzare quegli insegnanti che vogliono dedicarsi alla ricerca senza perdere tempo in inutili attività burocratiche e con un ragionevole alleggerimento dei compiti di insegnamento scolastico. Se poi il collega vede in ciò un'ingiusta disparità, è probabile che non sappia neppure lontanamente quanto sia impegnativo e faticoso dedicarsi seriamente alla ricerca (ad es., per limitarmi al campo umanistico, leggere decine di libri in tedesco o latino e scrivere in inglese) e che preferisca una concezione della professione docente di carattere impiegatizio, connessa al tempo trascorso a scuola e, probabilmente, alla timbratura del cartellino.
Scusate la durezza della replica, ma ho voluto fugare con decisione ogni equivoco e fraintendimento.
Teo Orlando