breve di cronaca
Rimandata la riforma
Corriera della sera - 12-01-2002
Scuola, rimandata la riforma Moratti

Polemica sulla prima a cinque anni. Dubbi e critiche, il governo rinvia il varo

di Giulio Benedetti
ROMA - Il Consiglio dei ministri non ha approvato la riforma della scuola. La proposta ha incassato l’apprezzamento del capo del governo Silvio Berlusconi e del vicepresidente Gianfranco Fini. Il varo tuttavia è stato rinviato ad una delle prossime sedute e rispunta anche l’ipotesi di una legge delega. La complessità del tema, la necessità di chiarire meglio alcuni punti e i tempi stretti della seduta hanno suggerito di prendere tempo. Fino all’inizio della riunione l’approvazione era data quasi per certa. Ma durante la discussione la proposta di revisione della legge 30 del febbraio 2000, più conosciuta come riforma dei cicli o riforma Berlinguer, ha subito un colpo di freno da una parte del mondo cattolico, contrario alla proposta della Moratti di consentire alle famiglie di mandare i propri bambini alle materne e alle elementari rispettivamente a due anni e mezzo e cinque anni e mezzo. Il ministro, nell’ultima versione della proposta portata a Palazzo Chigi, ha infatti ipotizzato l’iscrizione in prima elementare anche per i bambini che compiono i sei anni entro il 30 aprile. Si tratta di una novità molto apprezzata dalle famiglie che, se vogliono avvantaggiare negli studi i loro figli, ora devono iscriverli alla «primina» in scuole private. Nelle scuole non statali circa il 25% dei ragazzi è un anno avanti, contro il 6% delle scuole statali dove non si può frequentare la prima a 5 anni ma è consentito solo essere ammessi direttamente, dopo un esame, alla seconda classe. La «primina» va molto di moda nel sud del Paese: il record è detenuto da Napoli, con un 20% di bambini di 5 anni che frequentano la prima classe. Il centro ha detto no anche alla suddivisione in bienni didattici delle elementari e medie. I ministri Giovanardi e Buttiglione hanno sollecitato una pausa di riflessione per valutare meglio questo aspetto. Il presidente del Consiglio ha accolto la richiesta. «Bisogna fare degli approfondimenti su alcuni punti - ha dichiarato il ministro alle Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione - anche se si tratta di questioni che non toccano l’impianto sostanziale del progetto di legge». «Ci siamo dati tempi brevi. Arriveremo ad una conclusione definitiva in una o due settimane al massimo», ha concluso Buttiglione.
Durante la discussione, che si è protratta per circa due ore, non sono mancate osservazioni di natura tecnica: dai costi agli aspetti riguardanti la devolution . Ma il punto più delicato, tra gli otto articoli della proposta, si è rivelato la possibilità concessa alle famiglie di mandare i figli a scuola a cinque anni. Nei giorni scorsi la Cisl aveva già mostrato in modo netto il suo dissenso sotto il profilo pedagogico. I maestri, si argomentava, avrebbero dovuto insegnare a bambini di età differente, a quelli di cinque anni da poco compiuti e a quelli di oltre sei anni, quindi con livelli di maturità abbastanza diversi.
Poco prima della riunione il presidente del gruppo parlamentare Ccd Cdu alla Camera, Luca Volonté, aveva parlato di «analogie di una certa gravità con la riforma Berlinguer». Durante la riunione è stato fatto notare che la Casa delle libertà, quando era in carica l’ex ministro Berlinguer, si era opposta all’ipotesi di un avvio anticipato a scuola dei bambini. Anche l’altra osservazione, riguardante i bienni didattici, cioè la scansione degli otto anni di elementari e medie in quattro periodi, con un biennio a cavallo fra i due tipi di scuola, ha avuto un suo peso. I ministri del biancofiore hanno infatti messo in rilievo la similitudine tra questo ciclo di otto anni e il precedente ciclo unitario di base della proposta di Berlinguer.
Adesso l’esecutivo se vuole rispettare l’impegno del ministro Moratti, cioè l’avvio graduale della riforma per il prossimo settembre, dovrà accelerare i tempi. Tra l’altro si pone anche il problema delle iscrizioni, quelle alle prime classi scadono il 20 gennaio: come si devono regolare le famiglie che intendono mandare a scuola i figli a 5 anni, sempre che questa possibilità sopravviva? Il governo dovrà probabilmente concedere una deroga per le iscrizioni.
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E in Consiglio il ministro alzò la voce: «Qui mi gioco tutto»

Dal tabellone colorato per spiegare la riforma alle domande sui costi. Il nodo delle «primine», esclusiva degli istituti privati

Per spiegare ai colleghi di governo la riforma della scuola, il ministro Letizia Moratti si è presentata in Consiglio con un tabellone colorato. L’inizio è stato tutto un velluto. Il vicepremier Gianfranco Fini si è congratulato con toni solenni: «Questo è un passaggio storico. Questa è la vera riforma dopo quella di Gentile e Bottai. Lasciamo perdere il tentativo di Berlinguer che è fallito. Noi invece stiamo mantenendo le promesse fatte agli elettori». Poi, però, in due ore di discussione, la Moratti ha dovuto far fronte a una serie infinita di dubbi, di questioni. Quasi un assedio. Tanto che in alcuni passaggi, così riferisce un ministro, avrebbe lasciato capire che con quel progetto era in gioco la credibilità del suo mandato. Una minaccia di dimissioni? Qualcuno in Consiglio l’ha interpretata così, anche se in serata tutti smentivano. Tuttavia prima Fini, poi il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e i ministri Giuliano Urbani e Antonio Marzano hanno fatto da argine alle critiche. La discussione è entrata nel vivo quando un ministro, fissando meglio il tabellone morattiano, ha rotto l’incanto: «Scusate, ma se le elementari sono quelle colorate di verde, che cos’è quell’azzurrino del quinto anno? E le medie allora dove sono?». La Moratti, indicando una a una le caselle del cartellone, ha spiegato che, da questo punto di vista, si torna all’era pre-Berlinguer. Elementari e medie non si toccano. Ma il centrista Carlo Giovanardi si è inserito con un’altra osservazione: «Però vedo che il terzo anno delle scuole medie è dedicato all’orientamento. Forse qui dobbiamo cambiare qualcosa». Rocco Buttiglione, invece, ha esordito, richiamando la necessità di potenziare i contenuti «spirituali e morali» dell’insegnamento; poi ha sollevato il problema «dell’accesso anticipato alle elementari». I ragazzini che cominciano a cinque anni potrebbero avere difficoltà psicologiche nell’età della pubertà. Il nodo, implicito nell’argomento dei centristi, è che le scuole private (in gran parte cattoliche) potrebbero perdere l’esclusiva sulle «primine» (le classi per alunni di 5 anni e mezzo).
Il confronto si è poi spostato su un campo più politico. Assente Umberto Bossi è toccato al ministro della Giustizia Roberto Castelli far valere le ragioni della Lega. Castelli ha fatto notare che lo schema Moratti è stato «costruito» sulla cornice del federalismo «così com’è oggi, cioè quello voluto dall’Ulivo». Ma noi cambieremo tutto con la «devolution», ha aggiunto. Conclusione del leghista: è previsto un meccanismo per armonizzare la riforma della scuola coi nuovi poteri che saranno conferiti alle Regioni? Nessun problema, ha risposto Letizia Moratti, la riforma è compatibile anche con una diversa distribuzione di compiti tra centro e periferia.
A quel punto è intervenuto il titolare dell’Economia, Giulio Tremonti, «pesando» le misure morattiane sulla bilancia dei costi e dei benefici finanziari per lo Stato. «Quanto ci costa?» ha sintetizzato Tremonti. Per il primo anno una decina di miliardi, è stata la replica, in lire, della Moratti. Per il resto è difficile fare calcoli. Proposta di Tremonti: e allora meglio non correre rischi. Facciamoci dare una delega dal Parlamento: così potremo graduare i tempi e i costi d’attuazione. Ma il ministro dell’Istruzione scuote la testa. La Moratti non è disposta a lasciare nelle mani del Tesoro il «calendario» della riforma.


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 stefania balducci    - 13-01-2002
avrebbero dovuto insegnare a bambini di età differente, a quelli di cinque anni da poco compiuti e a quelli di oltre sei anni, quindi con livelli di maturità abbastanza diversi.


GIA' oggi i maestri insegnano a ragazzi che ancora non hanno compiuto 6 anni( nati a dicembre) e ragazzi che hanno quasi 7 anni ( nati a gennaio), la scansione temporale è sempre la stessa sia che lasi guardi in un senso, (ossia bambini che compiono 6 anni nei primi 4 mesi dell'anno successivo) sia che la si guardi nell'altro ( bambini che compiono 6 anni negli ultimi 4 mesi dell'anno). I signori cattolici hanno solo difeso la scuola privata.
Ma come si spiega la" leggenda metropolitana" che la riforma Moratti Bertagna favorisce la scuola privata ( a detta di professori e studenti) se viene bocciata in cdm proprio da coloro che difendono la scuola privata.
O non ho capito nulla o qualcuno ha mescolato le carte