L’anno che ci lasciamo alle spalle passerà alla Storia come quello della prima guerra “preventiva” del ventunesimo secolo e del battesimo della nuova “dottrina” americana basata sul concetto della democrazia da … “esportare”. Anche con la guerra!
E’ l’anno della divisione europea sul tema – strategico – della politica estera e del semestre di presidenza italiana che ne ha accentuato le contraddizioni e le carenze.
E' l'anno in cui il Presidente della Repubblica ha rispedito alle Camere una legge ritenuta incompatibile con il dettato Costituzionale e con la decenza. Aggiungeremmo noi.
Per rimanere nel nostro ambito di competenza specifica il 2003 è stato l’anno della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della nuova legge di riforma scolastica: la n. 53/03. Poca cosa … in realtà. Poco più di un “contenitore” all’interno del quale sono indicate le linee guida della "nuova" scuola pensata in funzione del … “superamento” del monopolio statale dell’istruzione. Concetto liberistico tanto ambiguo quanto pernicioso esplicitato dal ministro Moratti sin dal suo primo discorso davanti ad una platea attenta e interessata: il Meeting di Cl svoltosi, nel 2001, a Rimini.
Le ipotesi riformatrici che sono circolate in questi mesi e lo stesso primo decreto attuativo - formulato in prima battuta il 12 settembre scorso – recentemente emendato, su proposta della Conferenza unificata Stato-Regioni, ci inducono a formulare un giudizio radicalmente negativo poiché il “modello” scolastico abbozzato ci sembra orientato, soprattutto, verso l’acquisizione di abilità, competenze e saperi “verificabili” e “misurabili”, in funzione di una scuola progettata in previsione della competizione sociale ed economica generalizzata anziché porre al centro delle sue attenzioni la formazione umana e culturale della persona, la visione di una democrazia pluralista, multietnica e positiva.
Il 2003 è stato l’anno in cui è stato siglato – dopo cinque scioperi! – il contratto-scuola che vede, – per la prima volta –, il “sorpasso” stipendiale dei DSGA (ex Segretari) nei confronti del personale docente.
E’ un contratto definito “buono” da alcuni; duramente stigmatizzato da altri ma che rispecchia – a nostro avviso – la tendenza già presente, sottotraccia, in tutti i contratti di natura “privatistica” sottoscritti dal 1995 in poi.
Contratti in cui, l’assillo del “prodotto” scolastico, l’esigenza (divenuto diritto) al “successo formativo” dello studente, l’obiettivo della prestazione ottimale (la “performance”, il “top”…), la rappresentazione economicistica del lavoro docente (in termini di diplomati/laureati “sfornati” dalle scuole/aziende), la rimodulazione professionale standardizzata degli “operatori” scolastici, l’impegno ossessivo a favore dell’efficacia e dell’efficienza (due espressioni ormai immancabili in qualsiasi documento ministeriale, sindacale e … giornalistico!!) ci sembrano i pilastri portanti.
Il 2003 è stato l’anno delle elezioni RSU che hanno decretato la vittoria della CGIL e la, secca, battuta d’arresto del sindacalismo di base … che conserva, però, alcune prerogative democratiche giuridicamente rilevanti. Prima fra tutte, la facoltà – pur non firmando un Contratto non condiviso - di indire assemblee in orario di servizio.
Ancora per tre anni, dunque, nelle italiche scuole sarà possibile ascoltare una voce fuori dal coro.
Ed è questo il punto che – senza entrare nel merito della dialettica sociale che lasceremo ai singoli soggetti - ci preme sottolineare.
Una scuola laica, democratica e pluralista – per dirla con Guido Calogero - è una scuola in cui non c’è mai nessuno che abbia ragione senza la possibilità che qualcun altro gli dia torto.
(…)”
Ma questo aspetto del laicismo scolastico, il quale c’impone di preoccuparci sempre del fatto che nella scuola si ascoltino le voci più diverse (giacché quel che anzitutto rende adulti, nella formazione civica e morale degli uomini non è tanto il far vedere le cose in un certo modo, quanto il far vedere che ci sono altri uomini che la vedono altrimenti), ci fa nello stesso tempo scorgere anche il secondo e più radicale aspetto della cosa. E cioè che è vana, o almeno senza intrinseco fondamento, la nostra difesa del laicismo della scuola, se anzitutto laici non siamo noi nel nostro modo di insegnare. Non è laico – quali che siano le sue idee in sede religiosa o filosofica o politica – un professore che quando è in classe dice:”Qui il padrone sono io”, e non tollera che i suoi scolari discutano di quanto egli ha detto, e invece di conversare pacatamente con loro e di aiutarli a discutere anche tra loro in modo da scoprire a poco a poco le varie difficoltà e da aiutare a superarle (educando così, proprio a tale continuo esercizio ed esempio, a quella legge del dialogo che è la regola fondamentale di ogni moralità e civiltà) si limita a dar loro cose da studiare a memoria, e poi li interroga per vedere se ne ricordano, e a segnar voti sui registri, e a mettercene di cattivi in condotta se non stanno zitti. Non è un laico un professore che non la smette di insegnare in quel modo autoritario e antiquato, anche se il preside o il ministro continuano a imporglielo invece di incoraggiarlo a fare il contrario. (…) Non dimentichiamo, tuttavia, che è inutile, alla lunga, essere liberali o laici sui giornali e nel Parlamento se innanzitutto non lo si è col proprio portiere, coi propri figli e coi propri scolari. Qualunque valore noi chiediamo alla civiltà di garantirci, il suo metro ultimo siamo noi: e solo in quanto noi abbiamo sperimentato e dimostrato in noi medesimi, nella nostra vita di tutti i giorni, che convivere dialogando è meglio che convivere indottrinando.
Abbiamo il diritto di preferire una scuola laica a una scuola confessionale; una scuola che discuta a una scuola che inculchi la verità (…) "
[1].
E’ questo lo spirito che anima
il progetto di Fuoriregistro e che ci sforzeremo di perpetuare anche per l’anno appena iniziato. Un “luogo” della rete in cui tutte le idee – purché civilmente espresse – abbiano diritto di cittadinanza e nel quale a nessuno è consentito esprimere un’opinione … senza che vi sia qualcun altro che possa affermare il contrario.
Buon Anno a tutti e a tutte.
[1] Guido Calogero - Il Mondo - 6 dicembre 1955
La redazione - 10-01-2004
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Ringraziamo Elpidio ed Ilaria per i loro particolarissimi pensieri, così come tutti e tutte coloro che ci hanno inviato mail di augurio e di amicizia.
Salutiamo Grazia Perrone che si unisce a l lavoro redazionale e rinnoviamo il nostro costante invito alla partecipazione ed alla collaborazione, senza la quale Fuoriregistro non potrebbe esistere!
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