breve di cronaca
Scuola, stoppato il ddl Moratti
La Repubblica - 12-01-2002
Scuola, stoppato il ddl Moratti

Buttiglione: riforma storica, non si decide su due piedi

L'approvazione a ritmi forzati del piano che cambia volto all'istruzione non c'è stata. Dopo ore di discussione, i dissensi manifestati da CCD-CDU e LEGA hanno costretto Berluscono al rinvio. COPERTURA FINANZIARIA, DEVOLUTION, ISCRIZIONE A CINQUE ANNI I PUNTI CONTESTATI

Ora tutto slitta di almeno una o due settimane, ma non si esclude che il governo opti per una delega da affidare al Parlamento

di GIANCARLO MOLA
ROMA — La scuola firmata Letizia Moratti può aspettare. La volontà di ferro di una donna poco abituata a sentirsi dire di no si è infranta sul muro di gomma dei dissensi del governo Berlusconi. Il Consiglio dei ministri ha infatti rinviato l'approvazione della riforma voluta dalla «lady di ferro». Troppe obiezioni al progetto elaborato dal ministro dell'Istruzione sono arrivate da Lega e CcdCdu, ma anche dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Troppe, per essere risolte anche in una riunione fiume durata quasi quattro ore. Alla fine di una giornata di estenuante attesa, la festa si è trasformata in uno smacco. Tanto che il ministro ha preferito far saltare all'ultimo momento la conferenza stampa annunciata in mattinata e affidare il compito di affrontare i giornalisti al suo portavoce Roberto Pesenti.
Eppure la Moratti ha speso tutte le sue inesauribili forze per chiudere ieri. Dopo mesi di lavori quasi forzati di tecnici e consulenti, ha voluto imprimere al suo progetto un'altra accelerata. Nelle tre settimane successive agli Stati generali della scuola ha incontrato 250 persone. Poi, negli ultimi sette giorni, la stretta decisiva: tappe forzate dalle 7,30 alle 20,30 e anche oltre. Ogni giorno. Oltre cento ore di lavoro. Giovedì aveva visto i sindacati e le regioni (tutti scontenti, anche perché la legge è stata illustrata solo nei punti principali). Ieri è stata la volta della Conferenza dei rettori e il Consiglio nazionale della pubblica istruzione. L'ultimo incontro è finito alle 15. Un'ora dopo è cominciato il Consiglio dei ministri, quello nel quale la Moratti aveva voluto inserire, in extremis, la sua riforma.
Le cose, però, non sono andate per il verso giusto. E lo si è iniziato a capire poco prima delle 18.30, quando le agenzie hanno battuto una minacciosa dichiarazione del presidente dei deputati CcdCdu Luca Volonté: «Emergono alcune analogie di una certa gravità e che a suo tempo denunciammo con la riforma Berlinguer». Parole che hanno dato l'idea di quello che stava succedendo a Palazzo Chigi. Nonostante la determinazione del ministro, spalleggiato addirittura da Silvio Berlusconi, la discussione, infatti, si era fatta serrata. C'erano problemi di copertura finanziaria (7,79,8 miliardi di euro, circa 1519mila miliardi di lire), che preoccupavano Tremonti. Problemi di devolution (la Lega riteneva che affidare alle regioni solo l'istruzione professionale fosse una pesante «ipoteca sul futuro»). Problemi di merito, sollevati dai centristi della maggioranza, che non vedevano di buon occhio la divisione in bienni della scuola primaria e la possibilità di iniziare i cicli già a cinque anni. Assi portanti della riforma, non dettagli. Che hanno finito per bloccare tutto. Tanto che, dopo l'annuncio del rinvio, il ministro della Politiche comunitarie Rocco Buttiglione spiegava soddisfatto: «Non potevamo decidere una riforma storica come questa su due piedi».
E allora tutto rimandato. A quando? Buttiglione parla di «una o due settimane». Ma il cammino della riforma è ora in salita. A questo punto la Moratti deve rivedere, suo malgrado, il progetto. E non è escluso che alla fine il governo opti per una delega da affidare al Parlamento.
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IL RETROSCENA

Il ministro dell'Istruzione è deluso, Berlusconi cerca di rimediare: "Ti do la mia parola..."

La lavagna colorata non basta e Letizia si ribella: "Non ci sto"

Il premier aveva raccomandato: approviamola, poi si faranno i cambiamenti

di (b.j.)
Ad essere sinceri, Berlusconi stavolta ci teneva proprio. Teneva a che la riforma della scuola passasse in Consiglio dei ministri anche per dare un segnale di normalità dopo le burrascose settimane passate con il caso Ruggiero. Così, si è alzato in piedi, il premier, fianco a fianco con Letizia Moratti, per illustrare personalmente l'antiriforma dei cicli scolastici, sfoderando a sorpresa uno sgargiante cartellone esplicativo di due metri per uno, pieno di freccette e diagrammi messo a punto su esplicita richiesta dal brain trust del ministero.
Peccato. Perché l'impegno persuasivo del Cavaliere, spalleggiato da un'entusiasta prolusione del vicepremier Fini che ha ringraziato la collega dell'Istruzione per l'imponente lavoro svolto, non è bastato. E non è bastata neppure la raccomandazione dello stesso Berlusconi, che l'altra sera, incontrando i parlamentari di maggioranza, aveva detto: «Intanto approviamola, è una cosa aperta, ci sarà tutto il tempo in Parlamento per fare qualche aggiustamento».
Niente da fare. In Consiglio dei ministri centristi e Lega si sono messi di traverso. E ancor prima l'inflessibile Tremonti. Il quale ha spiegato con il massimo garbo che una riforma di questa portata ha dei costi. E non te la puoi mica cavare così, indicando una previsione di spesa compresa fra i 15 e i 19 mila miliardi (di lire; in euro fa 7,79,8 miliardi) per i prossimi tre anni. «E a regime quanto si spende?», ha incalzato, «e la copertura dove andiamo a prenderla?». Son cose da approfondire meglio, ha chiesto il ministro dell'Economia. Da approfondire meglio senz'altro, lo hanno spalleggiato Buttiglione e Giovanardi, mentre Castelli, in assenza di Bossi e Maroni, esprimeva generiche e un po' confuse perplessità a nome della Lega, preoccupata soprattutto che con la devoluzione dell'istruzione tecnica si esaurisca tutto il federalismo scolastico.
La signora Moratti la cui poltrona di viale Trastevere in vista di un rimpasto fa gola a tanti colleghi non ha apprezzato affatto. «E' da lunedì scorso», è insorta visibilmente seccata, «che ho passato intere giornate, dalle sette del mattino alle otto di sera, a sentire tutti i soggetti coinvolti: regioni, presidi, sindacati... Ho tenuto costantemente al corrente i responsabili scuola dei vostri partiti e adesso voi fate così. Non ci sto». Berlusconi l'ha rassicurata: «Hai fatto un ottimo lavoro e tutti te ne abbiamo dato atto. L'impianto non si tocca, ti do la mia parola, è solo questione di dare a tutti il modo di approfondire meglio. Meglio rinviare». E così è stato.

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Carlo Giovanardi, ccd, titolare dei Rapporti con il Parlamento, spiega il dissenso con la Moratti

"Caro ministro, troppa fretta così rischiamo di finire nel caos"

In extremis Non mi puoi fare avere il testo del ddl alle tre del pomeriggio quando il cdm sta cominciando

di BARBARA JERKOV
ROMA — Carlo Giovanardi, ministro del Ccd per i Rapporti con il Parlamento, assicura che non c'è stato proprio nessuno stop alla riforma Moratti. L'impianto non si discute, garantisce: «Esprimo massimo apprezzamento per il lavoro della mia collega».
Però, ministro, proprio voi centristi vi siete opposti piantando dei paletti che hanno impedito al Consiglio dei ministri di varare ieri il provvedimento. O non è così?
«E' così, sì. Ma soprattutto per una questione di metodo».
Metodo?
«Le pare che una riforma di questa delicatezza, una riforma storica nel vero senso della parola, una riforma su cui ci giochiamo la faccia, una riforma per cui nella scorsa legislatura abbiamo fatto le barricate contro Berlinguer...».
Cosa c'è che non va in una riforma tanto importante?
«C'è che non mi puoi far avere il testo alle tre di pomeriggio quando il Consiglio dei ministri sta per cominciare».
Ah. A lei non l'hanno fatto avere un prima?
«Mica a me, a tutti. Non l'hanno neppure mandato al preconsiglio, come si fa sempre. Perfino Tremonti se l'è trovato lì sul tavolo, senza avere il tempo per studiarselo un po' bene, per approfondire le cose. Se la riforma l'avessimo approvata così, dopo un paio d'orette scarse di discussione, sarebbe stata sì una cosa scandalosa. O no?».
E dopo questa prima discussione cos'ha trovato che non la convince nel progetto Moratti?
«Premesso che nel complesso la ritengo una proposta positiva, dal momento che effettivamente raccoglie l'enorme lavoro che abbiamo fatto in Parlamento nella scorsa legislatura...».
Premesso questo?
«...e che la riforma della scuola, contro questa cosa dei cicli che voleva farci mandar giù la sinistra, è sempre stata un cavallo di battaglia del centrodestra, che crede nel mantenimento della scuola tradizionale impostata sul binomio elementarimedie. Beh, detto ciò, ci sono almeno due aspetti che secondo me, secondo noi, vanno capiti un po' meglio».
E allora: primo aspetto, ministro?
«Questa storia dell'anticipazione, che permette ai bambini di entrare alla scuola materna a due anni e mezzo invece che a tre, e alle elementari a cinque anni e otto mesi invece che a sei».
Dov'è il problema?
«Il problema sta nell'onda anomala che si verrebbe a creare almeno nella fase di transizione, mettendo in classe insieme bambini di età diverse. A quell'età, un anno e mezzo di differenza può essere una cosa enorme. Ma se l'immagina lei il caos che rischiamo?».
Quindi lei è contrario?
«Quindi io dico che bisogna approfondire. Ci sono aspetti psicologici, pedagogici da valutare meglio».
Diceva che i problemi sono due.
«L'altro è appunto la scomposizione e ricomposizione dei cicli. Lo sapeva lei che ben l'ottanta per cento degli italiani ci chiede di mantenere elementari e medie?».
No.
«Ecco, invece è proprio così. Allora se la Moratti dice, giustamente, che vuole salvaguardare l'impostazione preBerlinguer, poi che mi significa questa scomposizione degli otto anni dell'obbligo in quattro bienni? La riforma accorpa ad esempio la quinta elementare con la prima media: quindi quelle che diventano, elementari o medie? Allora pure qui dico; un momento, fermiamoci a riflettere».
E la devolution di ben il 25 per cento degli studenti italiani alle regioni? Di questo che gliene sembra?
«Il passaggio alle regioni dell'istruzione tecnica ormai è un dato acquisito, nessun problema. Però insisto che una riforma tanto importante nessuno può chiederci di approvarla a scatola chiusa, prendere o lasciare».




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 riccardo gasperoni    - 13-01-2002
Se veramente la Moratti ha fatto così, non ha dato modo agli altri di studiare il progetto e di riflettere sul suo impatto e sui costi, è stato saggio rinviare.
Che fretta c'è ? Meglio concentrarsi su problemi più urgenti ed attuali, quali ad esempio l'esame di Stato. Attualmente non sappiamo come sostenerlo, chi saranno i commissari, la composizione delle commisssioni, il ruolo del Presidente della Commissione o Commissioni. La riforma è inevitabile e decisamente necessaria per adeguarci agli standard Europei e per rispondere alle nouve esigenze culturali degli allievi e della società.
E' importante fare chiarezza e dare sicurezza ai docenti agli studenti ed alle famiglie senza pasticciare e voler fare le cose così per farle e quasi per dispetto in contrapposizione alla legge 30. La scuola è come un grosso Elefante e pertanto ha una grande inerzia ed ha necessità di tempi per maturare e digerire le novità ed i cambiamenti. Mi sembra che nonostante la mole di lavoro da voi illustrata, sostenuta dalla Moratti, sia ancora insufficiente per poter portare avanti una riforma così importante, ha ragione Buttiglione.
Una vena leggermente polemica..non vorrei che il tutto fosse dettato solo da puri interessi economici..!
Saluti a tutti
:--)
Riccardo

 Andrea Cardelli    - 20-01-2002
...che la Moratti se ne intenda di petrolio... sicuramente...
...che la Moratti sappia esattamente come sbarcare il proprio lunario...sicuramente... (vedi le società in cui è presente...)
ma che la Moratti se ne intenda di scuola ... ho più di qualche dubbio...
Non è ora che la riforma sia fatta da coloro che vanno veramente nelle classi, che prendono una miseria e che si chiamano a furor di popolo "insegnanti"?
E' una delle tante vergogne nazionali!
(non che il caro Berlinguer abbia fatto meglio!!!)
Andrea