Claudio Sgarbi - 06-12-2003 |
Caro collega, io personalmente trovo avvilente che trovino ancora spazio ragionamenti che assomigliano più a sarcastiche farneticazioni suggerite dal livore piuttosto che ad argomentazioni esposte lucidamente e chiaramente. Appartengo , ahimè, alla famigerata categoria dei collaboratori del Dirigente Scolastico, a quella esigua schiera di docenti che pur non perdendo contatto con la realtà quotidiana della didattica in aula (non ho alcuna ora di distacco, anzi, il più delle volte sono utilizzato in situazioni di emergenza per coprire i vari colleghi assenti) raddoppiano il proprio tempo al servizio della scuola, della sua funzionalità e dei suoi utenti. Sei libero di crederci oppure no, comunque io te lo dico lo stesso, le mie ore di servizio sono 18 frontali di insegnamento e altrettante sono quelle di servizio per le varie funzioni di cui sono referente all'interno della scuola (un ITIS con 1800 studenti) ...e parlo solo delle ore che faccio a scuola. Capisco da me che a volte la didattica quotidiana ne possa risentire, ma ricordo che nei miei ultimi 25 anni di insegnamento questo succedeva anche quando non ricoprivo alcun ruolo o incarico diverso da quello di semplice docente che è poi quello che ho la presunzione di essere tuttora . Ora non voglio assolutamente fare polemica ed iniziare una telenovela dove ciascuno espone le proprie ragioni , ho voluto semplicemente risponderti per ricordarti che si possono argomentare le ragioni proprie o quelle del proprio sindacato, senza ledere la sensibilità di persone (perché si tratta di persone, non di categorie) che per un vissuto personale, per storie diverse, si trovano su percorsi diversi dai tuoi, ma comunque all'interno, questo sì, di un'unica categoria di lavoratori che purtroppo sembra trovarsi d'accordo sempre e solo nel distruggere il lavoro altrui. Senza rancore, cordiali saluti Claudio Sgarbi |
Donatella - 07-12-2003 |
un colpo al cerchio e uno alla botte.... e come la mettiamo con quei docenti che continuano imperterriti a insegnare, cioè a trasmettere conoscenze o meglio contenuti, nè più nè meno come trent'anni fa, senza porsi lontanamente la domanda" la scuola, gli alunni, le necessità sociali e culturali sono invariati? " Carissimo io sono nella scuola da ben 39 anni, amo stare in classe, mi sono sempre aggiornata e formata, ma purtroppo vedo intorno a me, e non pochi, colleghi anche giovani, che insegnano guardando l'orologio , snobbano le opportunità di formazione, rivendicano migliorie economiche ma non inseriscono nel loro bagaglio professionale la parola "qualità". Come vedi il problema non è solo nella categoria dei dirigenti, ma anche molto più negativamente fra noi, perchè siamo noi in diretto contatto con alunni e famiglie.... "fatti non foste per viver come bruti , ma per seguir virtude e conoscenza", se non ricordo male il buon vecchio Dante... il che vuol dire che non possiamo pensare di aver tutto acquisito anche come professionisti... ciao Donatella. |
Giovanni La Villa - 07-12-2003 |
Caro collega Ho la convinzione che la problematica da te evidenziata, e di cui nessuno può disconoscere l'importanza, venga affrontata dagli attori principali (tra questi non annovero i docenti: brilliamo per la nostra assenza) in modo sostanzialmente ipocrita. Si deve dimostrare agli insegnanti che il dovuto riconoscimento economico è indifferibile; per ottenerlo bisogna essere però "professionali". In questo modo qualcuno potrà avere qualche soldo in più, gli altri meriteranno di continuare a "soffrire" ma soprattutto la quadratura del cerchio sindacal-governativo sarà raggiunta. La Scuola italiana si è retta fino ad oggi (non mi pare che ci siano stati disatri epocali, sul versante istruzione e formazione) soprattutto sul lavoro di quegli insegnanti "non professionali": sempre mal pagati ma, talmente attaccati al loro lavoro, che hanno continuato a svolgerlo bene, sempre e comunque. Ciò non vuol dire dire che il livello professionale degli insegnanti e la Scuola, nel suo complesso, non debbano crescere sempre di più: è una meta legittima che dovrà, certamente, essere sempre perseguita. La Scuola in quanto struttura organizzata ha certamente bisogno di quadri dirigenti : ben vengano e provengano dall' insegnamento. Ma la Scuola in quanto agenzia educativa ha ancora più bisogno di bravi professionisti dell'educazione: questo è il punto nodale. Si capisce che ammettere che tutti gli insegnanti non possono che essere bravi professionisti equivarrebbe a dire che non possono continuare ad avere un così scarso riconoscimento economico: costerebbe troppo!. Ma se guardiamo al costo, tutto il resto diventa esercizio ipocrita: è meglio continuare a fare il nostro lavoro, come abbiamo sempre fatto. Però, non ci si dica che con la carriera per pochi, e comunque relativa ad aspetti marginali dell’attività docente, finirà finalmente quella condizione di perenne insoddisfazione professionale degli insegnanti (il cui riconoscimento sociale è oramai ridotto a zero: come può essere diversamente se sono "poveri"?). |