“Il Riformista” e i riformisti: la miseria della politica
Giuseppe Aragno - 04-12-2003
Se la qualità più richiesta – e meglio pagata - in un giornalista è la capacità di disinformare, non puoi meravigliarti che certa cartastraccia trovi modo di passare per stampa. Destra, sinistra o centro, va bene comunque. “Il Riformista” o “La Padania”, ognuno ha i suoi campioni.
Va così un po’ dovunque.
In politica, per dirne una, a far la differenza è ormai l’arte di rappresentare se stessi. Al peggio, se ti riesce, e sembri un dio. Di qui, la maggio-minoranza, la pace-guerra, l’azienda che fa scuola e la scuola che fa azienda, le finte lotte in piazza e, nei palazzi, l’ammucchiata orgiastica delle compromissioni.
Di qui l’apparenza: D’Alema, Fini, Berlusconi e il crollo verticale della partecipazione.
Attorno a quest’Olimpo di scribacchini e guitti, lo spettacolo è inedito persino per chi, come è accaduto a noi, ha fatto del trasformismo una scienza affidata alla storia. All’ombra dei riformisti di tutti i colori, entro un sottobosco umido ed ombroso, che questioni di smog fanno ormai giungla tropicale, consulenti, esperti e referenti la fanno da padroni: è la sublimazione sudaticcia dei processi di osmosi, il trionfo del compito passato sottobanco, della prassi sindacale assimilata a logica aziendale e della logica d’azienda che rivendica, in termini di sindacato, il diritto di pesare a corpo morto sullo stato e ad accusarlo poi di debolezza.
A Campione, che, sottobraccio a Berlinguer e alla Moratti, s’avventura in un riformistico delirio sulla scuola, una domanda in tema di giocatori e squadre retrocesse. Pensa, Campione, che, se lo volessimo appioppare in blocco, a prezzi di liquidazione, a squadrette di dilettanti, il parco giocatori di cui lei stesso fa parte, troverebbe acquirenti? Il mercato è spietato, caro riformista, e la prevengo: faremmo un gran buco nell’acqua anche a volerlo regalare. Penso lo sappia: non è questione di tempo. No: non ci riusciremmo mai.
Che fa, Campione? Discute di insegnanti e di scuola con Berlinguer e la Moratti?

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 Osvaldo Roman    - 04-12-2003
La politica non deve essere mai "misera "e neppure "miserabile".

Segnalo ad Aragno una dichiarazione che L. Berlnguer inviò al Corriere della Sera in occasione delle prime uscite del gruppo "bipartisan”.
Se la conosceva ha sbagliato ad associare l’ex ministro alle posizioni di Campione

. "Bipartisan? Io non c'entro!”

Luigi Berlinguer,
Consiglio Superiore della Magistratura

Ho letto con sorpresa l’articolo del 22 ottobre a firma Campione e Ribolzi sulla scuola. In quella pagina il mio nome è richiamato ben 5 volte, e il tono generale degli articoli potrebbe indurre il lettore a pensare che un mio silenzio copra un sostanziale consenso con quel che si dice in quei testi.
Per questo mi sono risolto a rompere il riserbo che mi ero imposto per la nuova funzione istituzionale che ho assunto nel Consiglio Superiore della Magistratura, e a scrivere che non condivido quell’articolo. Non ne condivido la corposa (anche se forse per taluno involontaria) valenza politica, che certo è preminente rispetto ai suoi contenuti e proprio per questo non avrà alcun effetto bipartisan. Né condivido molte delle sue valutazioni, a cominciare dall’equidistanza fra le grandi riforme introdotte nel quinquennio riformatore e la fase attuale. L’autonomia, la continuità curriculare, il nuovo impianto didattico, l’estensione dell’obbligo scolastico, l’introduzione (nuovissima) dell’obbligo formativo, l’integrazione tra istruzione e formazione professionale, l'educazione continua, la riforma del ministero sono tutte realizzazioni di ieri, che oggi versano in evidente difficoltà. Né condivido il giudizio che si dà sulla natura dell’opposizione attuale alla politica del governo. All'inizio di questa legislatura l’Ulivo ha manifestato tutta la sua disponibilità per valutare tutti assieme come procedere e attuare le leggi dello Stato e a migliorarle ove necessario, ma si è trovato di fronte a una volontà iconoclasta per edificare e sperimentare una cosa che non esiste. Questa disponibilità nell’Ulivo, c’è, tuttora, perché tutti hanno a cuore l'istruzione dei propri figli; ed è certamente apprezzabile qualunque sforzo volto ad elaborare e affrontare i contenuti della scuola nuova, senza spirito di appartenenza. Solo però se questo avviene nella massima chiarezza, senza sconti nei confronti di chicchessia, specie quando sono in ballo i valori portanti del sistema scolastico nazionale.



 ilaria ricciotti    - 05-12-2003
Ecco questo è L. Berlinguer, non il campione, ma l'uomo ed il politico che ha dato una svolta importantissima allla scuola italiana. Ha cercato di ripulire quel calderone affumicato, chiamato scuola, lucidandolo a nuovo dentro e fuori. La scuola che avrebbe voluto realizzare L. Berlinguer non è di certo quella che sta propinando questo governo. La scuola berlingueriana era una scuola per tutti e di tutti che rispettava la Costituzione e soprattutto le esigenze dell'alunno, dell'operatore scolastico e del genitore. la scuola Moratti è una scuola agli antipodi di questa, che di fatto si sta proponendo come un'istituzione atta a soddisfare i bisogni dell'alunno, soprattutto di quello che non può permettersi di realizzarsi in una società basata sul "chi comanda fa legge" e che sta diventando sempre più costosa .

 Giuseppe Aragno    - 05-12-2003
Poche parole, Roman, che mi sembrano incontestabili, per capire se c'è un modo per evitare malintesi.

1) La politica non può essere diversa da ciò che ne fanno i politici.
2) Berlinguer ha condiviso le idee di Campione in versione “sinistra”.
3) Una legge per la quale, “al fine di rendere effettivo il diritto allo studio e all'istruzione a tutti gli alunni delle scuole statali e paritarie […], lo Stato adotta un piano straordinario di finanziamento alle regioni […] da utilizzare a sostegno della spesa sostenuta e documentata dalle famiglie per l'istruzione mediante l'assegnazione di borse di studio di pari importo” è in patente contraddizione con le seguenti prescrizioni: “la Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. La prima è la legge n. 62 del 10 marzo 2000 firmata Berlinguer, la seconda è parte integrante della Costituzione della Repubblica.
4) Si possono avere idee diverse – apparentemente o sostanzialmente - e procurare in comune danni a qualcuno o a qualcosa.

Mentre scrivo, alla televisione di Stato ci sono Veltroni e Fini. Fanno l’elogio dei moderati. Veltroni si domanda come sia possibile la convivenza di Bossi con uomini che hanno la cultura politica di Buttiglione e compagni e la sensibilità e l’onestà di Fini, che ha avuto il coraggio di pronunziare le “splendide” – proprio così, splendide – parole che il leader di AN ha pronunziato in Israele.
Fini si compiace e consente. E’ vero – dice - destra e sinistra hanno in identico problema. Una ha Bossi, l’altra Bertinotti.
Veltroni non replica. E’ d’accordo.
Questa è la squadra dei politici che ci ritroviamo: "scamorze".
Con tutto il rispetto per le "scamorze".


 Osvaldo Roman    - 07-12-2003
Non è una risposta nel merito perché parla d’altro.Me ne dispiace perché conferma la mia critica.
Per l’altro di cui parla ignora che la formula della “borsa di pari entità” è proprio l’obiettivo contro cui si sta mobilitando la destra in questi giorni alla Camera e che nella legge 62/2000 all’articolo 1 e richiamato non a caso il secondo comma dell’articolo 33 della Costituzione. E poi., quando si afferma che L. Berlinguer “ha condiviso le idee di Campione” si dimostra che a volte il livore fa smarrire il senso del ridicolo!

 ilaria ricciotti    - 07-12-2003
No, e poi no. Continuo ad interrvenire a difesa di Berlinguer e se permetti, caro Giuseppe, di Veltroni. Anch'io seguo i diversi dibattiti in TV e non mi sembra che su alcuni programmi televisivi la sinistra in generale possa tanto parlare. Per farlo si deve arrabbiare, deve alzare la voce, passando per antidemocratica. Ritornando a quanto tu affermi, a proposito sia di Berlinguer che di Veltroni o di Bertinotti o di chiunque dichiari di essere di sinistra, io ripeterò fino alla nausea che non è questo il momento per criticare i nostri politici di sinistra ed in particolare dei DS. Se proprio lo vogliamo fare, inviamo loro dei fax o e-mail alle sedi di segreteria o alle loro segretarie in Parlamento. Ieri, caro Giuseppe, io ero a Roma e quel fiume in piena di gente che ha esternato le sue opinioni in merito al governo berlusconi e chiaramente ha reclamato i suoi diritti, aveva una sola controparte: questo governo e questa opposizione. Non ho sentito nessuno gridare contro Fassino, Rutelli o altri uomini di quella sinistra che tu spesso, troppo spesso punzecchi ed accusi e che erano tra noi. I tuoi scritti sono ricchi di input e molto espressivi, ma da essi si capisce che una certa sinistra ha provocato in te una ferita inguaribile. Peccato! Mi dispiace! Ma credimi e non me ne volere, dai l'impressione che tu voglia sfogare tutta la tua rabbia molto di più nei confronti di una certa sinistra piuttosto che di questa destra su cui ci dovremmo tutti concentrare per farla cadere, prima che continui a compiere guai sempre più irreparabili.

 Giuseppe Aragno    - 07-12-2003
Fuoriregistro fa miracoli, Roman, e bisognerà brindare, nonostante i toni suoi… civili. Abbiamo trovato un punto d'incontro e sottoscrivo. E' vero, verissimo: il livore fa smarrire il senso del ridicolo!
In quanto a te, Ilaria, forse te l’ho già raccontata, ma vale la pena di ripetersi. E' una storia, vera, breve e, ciò che più conta, istruttiva.
Mussolini socialista, processato per le sue idee, rivolto al giudice, affermò:
- Vostro onore mi consente di parlare e sarò breve. E’ vero, ho scritto un articolo in cui esaltavo la repubblica. L’ho fatto, e voi me l’imputate. Voi dovreste invece ringraziarmi. In un mondo di monarchici, un repubblicano, uno solo almeno, è necessario. Se non ci fosse, il re dovrebbe farselo costruire! Circondato com’è di servi sciocchi, non avrebbe altro modo per valutare se stesso.
Vedi, Ilaria, tra me e te c’è solo uno scontro di idee. Tu mi fai un attacco piuttosto personale, e pazienza, io mi tolgo il cappello. Noi però non abbiamo attorno solo compagni.
Senza volertene, credimi.



 Redazione    - 07-12-2003
Riceviamo da altra lista un comunicato che ci pare utile pubblicare come ulteriore approfondimento del dibattito qui aperto

Cari compagni,
probabilmente già sapete che, l’11 dicembre 2003, il vicepresidente del Partito dei Lavoratori Ungherese, il compagno Attila Vajnai verrà processato, perché durante una conferenza stampa ha messo all’occhiello un distintivo con la stella rossa: come sapete, in Ungheria l’uso di simboli del movimento operaio e comunista non viene consentito e viene punito penalmente.
In questa occasione, intendiamo attirare la vostra attenzione su alcuni sviluppi negativi che si sono registrati in materia di diritti democratici e anticomunismo nell’Unione Europea.
Il 30 ottobre, il Presidente della Commissione Europea, Sig. Romano Prodi, rispondendo all’europarlamentare del Partito Comunista di Grecia Stratis Korakas ha affermato che “la messa al bando del Partito Comunista in un paese che sta per entrare nell’UE, in nessun caso può rappresentare causa di particolare dibattito o critiche nell’ambito dei criteri politici prima menzionati” (il riferimento è ai criteri di Copenhagen).
La risposta del Sig. Prodi è da riferirsi alla lettera che il parlamentare europeo gli ha indirizzato, protestando per la presa di posizione del Commissario dell’UE Sig. Verheugen, nella discussione
avvenuta il 30 settembre 2003 nel corso della seduta del Comitato per gli affari esteri del Parlamento Europeo. Rispondendo a una domanda circa le clausole che mettono fuori legge i partiti comunisti e i loro simboli, ha detto: “Se mi è consentito esprimere un commento politico,
posso affermare che se personalmente avessi sperimentato ciò che i popoli hanno sperimentato in Europa Orientale, sarei il primo a chiedere che il Partito Comunista sia messo al bando in quei paesi”.
Tali posizioni anticomuniste, assunte da personalità ufficiali dell’UE, costituiscono entrambe una provocazione verso i sentimenti democratici dei popoli dell’Europa e una minaccia per i diritti democratici nell’Unione Europea e nei suoi stati membri.
Pensiamo che queste dichiarazioni non solo legittimano le clausole non democratiche, anticomuniste, le interdizioni e le persecuzioni in una serie di stati membri dell’UE, ma creano le condizioni per una potenziale estensione di tali misure agli altri stati membri, dal momento che introducono l’idea che la democrazia e la messa al bando dei partiti comunisti sono compatibili.
E’ interessante notare che questi sviluppi hanno luogo nel momento in cui l’UE sta elaborando la cosiddetta “Costituzione Europea”, alla vigilia delle elezioni per il Parlamento Europeo.

La Sezione Internazionale del Partito Comunista di Grecia