Fabrizio Dacrema - 04-12-2003 |
Qual è la situazione del primo decreto attuativo della legge 53/03 dopo la manifestazione del 29 novembre ? La manifestazione unitaria di sabato scorso ha ottenuto un significativo successo politico: studenti, insegnanti, genitori insieme ai sindacati confederali e a un vasto schieramento di associazioni professionali e di soggetti della società civile hanno detto un no di massa alla controriforma Moratti e un sì a riforme che rilancino e qualifichino la scuola pubblica. Il decreto sul ciclo primario, che il governo vuole approvare in tempi brevi, ha avuto particolare attenzione, sia dalla piazza che negli interventi dei relatori ufficiali. Su questo punto, nello stesso giorno, si sono riempite anche altre piazze italiane, in particolare l’accento è stato posto sulla difesa dell’esperienza del tempo pieno. Dopo il 29 novembre le difficoltà del Ministro Moratti ad imporre la controriforma della scuola dell’infanzia, elementare e media sono decisamente aumentate. Innanzi tutto lo schieramento politico e sindacale che chiede il ritiro del decreto si è rafforzato. Prima era solo la CGIL Scuola (anche nell’agosto scorso votammo da soli contro il decretino che tentava di anticipare la controriforma), ora anche la CISL lo chiede: Daniela Colturani ha detto parole chiare dal palco di Piazza Farnese. Tutti i comuni italiani, attraverso l’ANCI, hanno chiesto radicali modifiche del decreto. Decine di migliaia di firme si stanno raccogliendo per sostenere il ritiro del decreto, montagne di agende propagandistiche della controriforma vengono restituite al mittente, iniziative e appelli per fermare la Moratti si sviluppano in tutto il paese. In particolare sulla sorte del tempo pieno negli ultimi giorni si è sviluppata la polemica. Come noto il governo ha diffuso una “interpretazione autentica” del testo del decreto, secondo la quale il tempo scuola di 40 ore è comunque garantito. Il commento governativo del testo del decreto in realtà rivela soltanto il timore del governo di sostenere pubblicamente le decisioni prese e scritte nel testo del decreto. Il tentativo di ingannare i cittadini non riesce però a superare l’esame testuale: sono, infatti, espressamente abrogati gli artt. 130 e 162 (c. 5) del Testo Unico che rendono possibili gli attuali modelli di tempo pieno e prolungato; il tempo scuola obbligatorio è di 27 ore settimanali (art. 7 c. 1) sia per la scuola primaria che per la secondaria di primo grado, cui si possono aggiungere 99 ore annuali (3 settimanali) per la primaria e 198 per la secondaria (6 settimanali), facoltative e opzionali (una sorta di doposcuola per i meno abbienti); è espressamente escluso dal tempo scuola, sia obbligatorio che facoltativo e opzionale, il tempo dedicato alla mensa; l’organico di istituto, destinato a sostituire gli attuali organici funzionali (così definiti perché comprendono anche quote di contemporaneità docente), è rigidamente finalizzato a garantire le sole attività previste ai commi 1 e 2 dell’art. 7 (quota obbligatoria e quota opzionale e facoltativa, esclusa la mensa). Non c’è bisogno di essere raffinati esegeti di testi giuridici per capire che, se il decreto viene approvato senza modifiche, tempo pieno e prolungato sono destinati ad essere cancellati per essere sostituiti da doposcuola e che, a regime, alle scuole non sarà più attribuito l’organico statale per coprire il tempo dedicato alla mensa. Al Ministero, fino ad oggi non hanno avuto il coraggio di ammettere questa semplice ed evidente verità; alcuni supporter ministeriali sono arrivati addirittura a sostenere che si starebbe diffondendo una leggenda metropolitana circa la cancellazione del tempo pieno. Tra i narratori di questa leggenda metropolitana vi sarebbero anche l’ANCI e la Conferenza Unificata Stato-Regioni. I primi, infatti, hanno formulato precisi emendamenti per salvare il tempo pieno come progetto educativo unitario e per ottenere la garanzia del personale docente statale per l’assistenza educativa durante il tempo della mensa, e la seconda ha spostato al 10 dicembre l’espressione del proprio parere, nonostante le pressioni ministeriali a fare in fretta, anche per verificare la disponibilità del Ministero ad accogliere gli emendamenti in questione. Allo stato attuale sembra impossibile un parere favorevole della Conferenza Unificata senza che il Ministro modifichi il testo in parti sostanziali. Il dibattito parlamentare iniziato in Commissione Istruzione del Senato il 26 novembre scorso si presenta altrettanto complicato: il Presidente della Commissione Asciutti ha accettato la proposta di una preliminare consultazione di tutti i soggetti interessati, esattamente ciò che fino ad ora il Ministero si è rifiutato di fare (ottima occasione per fare arrivare in Parlamento la voce della scuola). Occorre, inoltre, tener presente che l’accettazione da parte del governo di alcuni emendamenti, essenziali per ridurre il dissenso nei confronti del provvedimento, come ad esempio quelli sul tempo scuola, riaprirebbe la questione della copertura finanziaria: non dimentichiamo che questo decreto non è stato preceduto da un preventivo provvedimento di copertura finanziaria, come espressamente prescritto dalla legge 53/03 per volontà di Tremonti, perché si prevede un autofinanziamento derivante dalla contrazione degli organici a seguito della riduzione del tempo scuola. Inoltre i tempi per far partire la controriforma dal prossimo anno scolastico stanno diventando sempre più stretti, la scadenza delle iscrizioni per il 2004/05 è alle porte, una volta oltrepassata senza l’approvazione del decreto, l’attuazione per il prossimo anno scolastico diventa ingestibile. La situazione è quindi meno rosea di come la dipinge il sottosegretario Aprea, convinto che il decreto sarà approvato senza emendamenti e in tempo utile per le iscrizioni. |