Michele Gaeta - 29-12-2001 |
Se è vero in generale che non sempre le critiche sono strumentali e strumentalizzate, come afferma l'autore di questo intervento (e come usa dire chi non le vuole accettare), a maggior ragione lo si deve dire in questo caso in cui stiamo per subire una riforma che influenzerà non solo la vita degli addetti ai lavori ma anche degli "utenti" (termine odiato da molti ma che fra breve sarà modificato in "clienti"). Per dimostrare Vi faccio partecipi del mio caso: - Docente precario da 14 anni che non ha avuto l'abilità e/o la fortuna di entrare nell'esercito degli immessi in ruolo di questa estate (me ne rammarico non tanto per il fatto in sé ma quanto perché devo sopportare l'incredulità di quanti, di destra o sinistra, non ci credono, dopo aver ascoltato i numeri forniti dai mass media), ma che sicuramente avrà la fortuna di entrare nell'esercito di quelli che saranno estromessi dalla scuola in seguito ai tagli post-riforma. - Padre di un bambino di 5 anni che il prossimo anno scolastico deve frequentare la prima elementare. - Abitante di un quartiere periferico di Bari, di un quartiere a rischio in una città a rischio. Ho ricevuto il P.O.F. della scuola pubblica a cui intendo iscrivere mio figlio. Con sorpresa vedo che svolgono molte attività di laboratorio per tutte le classi. E' vero che molte volte questo documento è "pompato" per attirare il pubblico, ma se anche fanno la metà delle cose scritte sono una manna dal cielo in una zona come questa. (In particolare mi ha colpito il progetto "Gli effetti del pericolo della paura sull'uso e la forma della città contemporanea italiana") Sapendo che la riforma prevede di rendere facoltative alcune discipline, quali educazione fisica, educazione musicale e altro, sono diventato triste al pensiero che gli utenti (ancora!) di questa scuola per risparmiare, perché il loro portafoglio non consente di fare altro, chiederanno di insegnare solo a leggere, scrivere e far di conto. In tal modo il divario sociale fra ricchi e poveri (che esistono ancora!) aumenterà notevolmente. Tutto ciò conferma che molte volte chi pensa alle "Riforme per la Scuola" le pensa guardando gli istituti delle zone centrali delle grandi metropoli, ma non tiene presente che il maggior numero di scuole sono in piccoli paesi e nelle periferie, in cui la loro presenza, con tutti i disagi che devono affrontare coloro che ci lavorano, sono comunque un segno della presenza dello Stato. Eliminare anche questo vuol dire creare delle Favelas. |
Mario LORENZO - 29-12-2001 |
Ho letto attentamente e più volte l'articolo di Consalvo Babboni. Alla fine mi sono arreso. Mi sembra che trasuda livore nei confronti degli insegnanti, nonostante lui dica di esserlo. Non conoscendolo, la prima impressione che ha comunicato in me è stata quella dell'insegnate tipo: "tutti i miei colleghi sono degli emeriti cretini che non hanno voglia di far niente". La seconda inpressione è stata quella di tipo: In quanto operatore della scuola ho la competenza della materia scolastica. Credo che non sia sufficiente vivere in un ambiente per essere a conoscenza delle problematiche. Se questo fosse vero tutti potrebbero essere chiamati a dire laloro in materia scolastica per il solo fatto che hanno trascorso alcuni anni della loro vita seduti tra i banchi. Sarebbe come chiedere un parere giuridico ad un usciere di tribunale sol perchè vi ha lavorato 30 anni. Avanza critiche e mette in dubbio la preparazione degli studenti italiani in confronto ai loro colleghi europei. A tal proposito alcune considerazioni: 1 di quali studenti sta parlando? dei suoi? e se così fosse chi è il responsabile della loro preparazione? 2 verso la fine del suo articolo afferma che i nostri studenti liceali non hanno niente da invidiare ai loro coetanei europei. Ebbene decida! E' vera la prima o la seconda affermazione? 3 mi sembra di capire che i suoi giudizi siano dettati da quei preconcetti che all'inizio dell'articolo cerca di addossare ad altri. Come può affermare che la preparazione degli studenti iatiani sia inferiore a quella degli europei? Presumo che abbia lavorato, visitato o almeno avuto qualche contatto sia pur sfuggevole con qualche scuola europea. Oppure le sue affermazioni sono il frutto del "così si dice", "così è scritto sui giornali" ? Chi scrive ha insegnato per ben due anni in un prestigioso liceo francese. Posso dire con cognizione di causa che quanto affermato dal Babboni e non solo da lui, non corrisponde a vero. Certo, lui dirà, mi riferivo alle scuole tecniche o professionali. Va bene! Ha mai parlato con un tecnico italiano (quelli che noi chiamiamo periti) quando lavorano all'estero e scoprono che coloro che nei paesi del nord europa sono chiamati ingegneri con il nostro sistema scolastico tali non sarebbero? 4 Cosa pensa della relazione Bertagna che inserisce l'insegnamanto della religione cattolica tra le materie degne di particolare importanza formativa? ed altre come musica, artistica tra quelle da relegare nei laboratori? (A scanso di equivoci non insegno nè musica nè artistica). Ma, forse Babboni ha dimenticato che viviamo in Italia. Dove sono custoditi i 3/4 dei beni artistici mondiali? Forse Babboni ha dimenticato il melodramma, l'importanza della musica nella cultura italiana. 5 infine vorrei ricordare "vigliaccamente per spirito corporativo" la storia delle scuole private in Italia. Molti per non dire quasi tutti i difensori della scuola pubblica dimostrano una certa ritrosia a dire quanto tutti sanno. Nel nostro paese tranne rarissimi ed encomiabili casi di scuole private serie le altre sono dei diplomifici. Non è casuale egregio Babboni che il ministro Moratti ha proposto commissini interne per gli esami di maturità. A tal proposito le voglio raccontare un episodio di cui è stato attore un mio amico e collega. Durante gli esami di maturità di due anni fa il mio collega chiede alla suora che gestiva i rapporti con la commissione il programma di storia della'rte che le alunne avevano svolto. Tra i vari argomenti vi era "l'impressionismo". Durante le interrogazioni il mio amico si rese conto che la conoscenza di questa corrente artistica era molto limitato. Dopo veloci indagini scopre che lo studio si era limitato a tre paragrafi. Infatti se le domande erano riferite a questi tre paragrafi le allieve rispondevano altrimenti ....... pazienza. Ci rifletta Babboni! Intanto la saluto cordialmente. |
Luciano Albanese - 30-12-2001 |
Ho letto il rapporto Bertagna, edizione integrale e ridotta. Ho letto anche la sfilza di nomi che fanno parte della "Commissione", per cui non mi rivolgerei tanto al Ministro, quanto agli illustri collaboratori, per alcuni rilievi sulla "proposta generale". 1- La riduzione di un anno era prevista anche dal "Riordino dei Cicli", tuttavia concordo sul fatto che 5+3+5 darebbe al sistema scolastico italiano un vantaggio reale sugli altri, specie nel settore dei Licei con finalità prevalentemente "accademiche". Praticamente, però, la riduzione l'abbiamo già fatta. Due mesi di non-scuola all'anno, in cinque anni sono 10 mesi, un anno scolastico! 2 - Avere un buon sistema per la formazione professionale era l'aspirazione di Prodi, che come tanti altri in Europa, guardava al sistema tedesco. Non capisco, quindi, la critica di sinistra all'attuale proposta. 3 - Valida la prospettiva di non precludere l'accesso all'Università a nessuno che abbia percorso l'iter scolastico di 12/13 anni e abbia raggiunto un livello di preparazione adeguato. 4- Nella critica all'attuale proposta si dimenticano gli investimenti dello Stato per la formazione professionale post-scuola e il proliferare di corsi nei quali si riversano migliaia di studenti "delusi" dalla scuola e dall'Università. Non sarebbe meglio spendere questi soldi nel corso della formazione professionale scolare? 5 - Lasciare la "Terza media" o "ottavo anno" di scuola, per orientare "realmente" gli studenti alla scelta successiva, risolve quei problemi che hanno i ragazzi dove questa scelta va fatta a 11 o 12 anni. 6 - Ridurre le Materie obbligatorie in modo ragionevole consente ai ragazzi di sceglierne delle altre verso le quali hanno più attitudini e in cui l'età dice poco o niente. Si va a "ripetizione" di Latino, ma si pratica danza o tennis o basket nonostante le ore di Musica e di Educazione Fisica. Si obbliga il docente di lingua straniera a mettere SEX invece di QUATTRO e poi si accetta "La certificazione esterna" come valida. Sarebbe scandaloso avere nelle scuole italiane "corsi" e attività che consentono ai ragazzi di fare i primi passi verso scelte future? Siamo sinceri, nell'attuale Scuola Media, quante attività si fanno a scapito della preparazione alla Scuola Superiore? Non sarebbe il caso di razionalizzare un po' meglio tutto questo indipendentemente dai governi o dai Ministri? 7 - L'insegnante unico nelle Elementari non ci sarà mai più, non certo, però, con l'attuale sistema dei moduli. Non esistono modi migliori per dare "formazione di base comune" e corsi extra per livelli? Penso alla Lingua straniera, al Computer. L'aggiunta che fino adesso abbiamo fatto è stata di tipo "accademico", tutto a tutti, dalla scuola elementare alle Superiori. Non ci è mai passato di mente che alcune materie opzionali possono essere una tortura o per la "ripetitività" ciclica o per le difficoltà incontrate? Immagino un bambino di prima elementare che a casa usa il computer e a scuola deve "imparare" ad accenderlo perché questo è il livello del compagno di banco. Eppure il compagno di banco è più bravo di lui nella lettura. Che un gruppo di esperti consultato dal Ministro dia delle indicazioni non mi allarma, mi fa pensare. Non sono due maestre che sanno le stesse cose e si dividono le "materie" che migliorano la scuola, ma due insegnanti che sanno cose diverse e sanno darle ai ragazzi piccoli o grandi. Ero d'accordo con Prodi sulla formazione professionale, con Berlinguer sull "riordino dei cicli" all'europea, ma la scomparsa della Scuola Media, come grado intermedio prima delle Superiori, ha disorientato sia sul piano dei programmi che su quello dei docenti. Passare da 13 a 12 anni non deve essere una questione occupazionale, ma un problema di validità di un sistema scolastico. Conoscendone altri, preferisco quello italiano di 13 anni. Infine, sarei non solo per criticare Esperti e Ministro, ma per preparare un progetto alternativo, sul quale beccarmi una caterva di critiche da parte dei colleghi. Perchè si discute sempre su quello che preparano gli altri e mai su una proposta di riforma presentata dalle categorie? Manca ai Docenti la capacità di tener presenti "politicamente" le esigenze del Paese? Manca ai Docenti la capacità di mettere insieme "vedute diverse" per concordare su un progetto che non sia di questo o di quel partito di cui si fa parte? Se è questo il problema, allora bisogna contentarsi o di Berlinguer o di Moratti e degli esperti che consultano. Dietro di loro litigheranno i Docenti che hanno scelto l'uno o l'altra. Luciano Albanese |
Nella Lucia Zini insegnante - 30-12-2001 |
E' difficile discutere pacatamente con persone che parlano di una scarsa attitudine allo studio come se fosse un elemento del DNA, e non un problema di motivazione da recuperare, ma proverò soltanto a fare due domande all'estensore dell'articolo ( che non conosco, e quindi non so quanto sa di scuola) . 1) si è mai interessato o divertito a vedere la provenienza sociale degli alunni delle varie tipologie delle scuole superiori, dai classici ai professionali, per non parlare della formazione professionale, e se siamo d'accordo sul fatto che una cultura anche del lavoro è buona ( ed io lo sono), come mai manca nei Licei, e non viene introdotta nemmeno dal progetto Bertagna? 2) E' vero, anche gli studi più recenti hanno mostrato che 35 o peggio 36 ore di scuola non sono vantaggiose per gli studenti: la riforma Berlinguer-De Mauro aveva infatti proposto 30 ore, e ci sono molte scuole che già da più di 5 anni, collegate tra loro, e seguite e monitorate, stanno sperimentando forme di autonomia e di orari di 30 e 31 ore, senza dover scendere a orari poco significativi , o eleminare drasticamente discipline; il progetto Bertagna deve per forza ignorare tutto quello che c'era prima? |
Alberto M. Onori - 30-12-2001 |
Posso essere d'accordo sul fatto che 35 o 40 ore di scuola alla settimana siano eccessive, quindi da anni dico (tra il sospetto e il malanimo di alcuni colleghi) che ci voleva una riforma capace di diminuirle. Se questo costituirà un problema per i nuovi arrivi nella scuola, sarà loro cura fare in modo di volgere le proprie capacità e conoscenze anche ad altri campi; quelli che già nella scuola ci sono e sono di ruolo hanno il posto garantito assieme allo stipendio, in fondo. Quello che non accetto è il giudizio tranchant sulla ormai perduta possibilità di successo didattico nei confronti degli allievi dei professionali. Io ci insegno da 5 anni e le mie ragazze (sono soprattutto femmine, insegno in un turistico) trovano tutte lavoro, ma anche i ragazzi dell'indirizzo meccanico e di altri indirizzi trovano da lavorare anche per merito nostro. Mi pare fuori di luogo giudicare con spocchiosa sufficienza la loro dignità di allievi e il nostro lavoro di docenti. In ogni modo le scuole le fanno gl insegnanti. Io nella formazione mi ci trovo bene, e spero di continuare a lavorarci, anche se insegno lettere. Se poi codesta mia scelta ingenererà in qualche strano oligarca della cultura la mia degradazione a insegnante di seconda o terza scelta, pazienza. I miei bimbi, le mie bimbe, mi daranno sempre la soddisfazione vera, il resto è blah blah. Senza offesa per nessuno. |
Luigi Asperti - 02-01-2002 |
Da genitore di due bimbe di cinque e due anni dico: - no alla scuola attuale; - no alla scuola della Moratti; - si alla scuola di Berlinguer-De Mauro, l'unica che teneva in considerazione le vere esigenze didattico-pedagogiche degli studenti, dalla materna alle superiori, senza accettare compromessi ne con gli operatori della scuola, molti dei quali (i più miopi?? i più lazzaroni??) infatti l'hanno ostacolata per meri interessi personali, ne con i potentati che gestiscono le scuole (diplomifici) private. L'unica inoltre che considerava la scuola come risorsa su cui investire e non come spesa per la società su cui tagliare inesorabilmente. La pecca della riforma Berlinguer-De Mauro? Essere troppo moderna e, quindi, rivoluzionaria. |
gpferrario - 03-01-2002 |
Sono perfettamente d'accordo con quanto ha scritto. Finalmente una posizione argomentata e non animata da puri pre giudizi di parte. Purtroppo a questo da tempo noi docenti siamo abituati: slogan che alcuni autopatentasi "democratici" o salvascuolapubblica si rimpallano a vicenda, confermandosi senza alcuna riflessione critica nella loro missione: impedire ogni tentativo serio di cambiare in meglio la nostra scuola. |
prof pino arpaia, verbania - 07-01-2002 |
Assolutamente delirante. E forse forse anche sottilmente fascista. |