I buoni e i cattivi
Concetta Centonze - 15-11-2003
Non ho dubbi che siamo in lutto per quanto è accaduto e l'uomo moderno esprime il dolore nel silenzio, al contrario dei nostri antenati che lo manifestavano chissosamente.
Tuttavia , si tratta di un silenzio colmo di cose non dette e che anzi se si dicessero solleverebbero scandalo, comporterebbero il rischio di essere etichettati per falchi o per colombe, per detrattori o per fautori, per filoterroristi o peggio.
Una riflessione, tuttavia, mi sento di farla a mio rischio e pericolo.
E' sottile il discrimine che passa tra truppe di occupazione e truppe di pace fino a quando una qualsiasi guerra non si sia conclusa.
Se la guerra non è conclusa , siamo in guerra e in guerra - forse la realtà virtuale, la democrazia virtuale, i leaders virtuali ce lo hanno fatto dimenticare - si spara, si colpisce il nemico, si uccide e i muore: ma proprio sul serio nel senso che chi è morto non si può più rialzare come in una fiction o come fosse una puntata di "scherzi a parte".
Siamo sicuri che si sia trattato di una attentato terroristico e non di un'azione della suddetta guerra, azione legittimata dal fatto stesso di essere in campo?
Chi sono i buoni e chi sono i cattivi?
Credo alla buona fede di molti, ma alcuni di questi molti - anche cariche di Stato - giudicano in base ad un sistema di valori cavallereschi e leali che non esistono più (se pure sono mai esistiti fuori dall'immaginario dei vati) e non esistono perchè siamo abbastana acculturati da capire che dietro le guerre ci sono interessi economici o di potere: proprio per rispetto di chi è morto, nessuno ha il diritto di essere ingenuo!

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 rita    - 16-11-2003
condivido ma con una piccola premessa: cattivi sono tutti coloro i quali scatenano guerre in nome di dio, della democrazia, di interessi economici o quant'altro. E' così sottile il confine tra giusto e ingiusto, tra vivere civile e annientamento totale che , forse, converrebbe davvero dichiarare guerra a chi fa la guerra, con tutte le nostre forze e il nostro vivere quotidiano.

 Agnese    - 17-11-2003
condivido e mi preoccupo: tra stato e patria si insinua un che di mistico che ha contagiato tutti; non sarà che il nuovo secolo porta con sé, oltre al crollo delle ideologie, un neoromanticismo in cui tutte le differenze si confonderanno nell'infinito?
"Perciò l'amor di patria deve governare lo stato come suprema incontrollata istanza, in quanto lo limita nella scelta dei mezzi necessari al suo scopo immediato: la pace interna."
Fichte, "Discorsi alla nazione tedesca" (VIII)