Il movente
Marino Bocchi - 03-03-2001
Un sogno, Erika e’ uscita da un sogno o da un incubo oppure da un’indagine sulla condizione giovanile, che e’ quasi lo stesso. Coi suoi capelli biondo-castani che le accarezzano le spalle, i suoi occhioni sgranati, il suo bel profilo da modella sedicenne. Erika e’ di ghiaccio quando, nella caserma dei carabinieri, ricostruisce il massacro da cui e’ sfuggita correndo sulle sue gambe adolescenti o quando riconosce nel giovane albanese uno dei due uomini che le hanno massacrato la madre e il fratellino, quando abbraccia il padre, quando da sola con Omar, senza sapere di essere spiata dalle cimici , lo conforta, lo rassicura: tanto non ci prenderanno, stanno credendo alla nostra storia. Erika e’ cinica, dura: non mostra la minima incertezza, neppure un vago ravvedimento, mentre nel carcere minorile racconta che e’ stato lui, Omar, a colpire, Omar, il ragazzo di famiglia operaia che i genitori di Erika rifiutano perche’ di condizione sociale troppo inferiore alla loro. Erika e’ una bambina irresponsabile, non sa quello che ha fatto: trascorre i pomeriggi a giocare a carte con una sua compagna di cella, la quale, per aver ucciso una suora, non ha avuto lo stesso onore di finire sulle aperture dei quotidiani e a nessuno che sia venuto in mente di domandarsi perche’ Ambra no ed Erika si’. Forse perche’ Erika e’un mostro: viveva in una famiglia serena, benestante, frequentava la scuola delle famiglie-bene di Novi Ligure, ricco guardaroba, molti soldi in tasca, un padre che l’adorava, una madre che solo ogni tanto le diceva che, no, questo non si puo’ fare, il fratellino che la descrive con parole d’amore appassionate nei suoi temi.
Manca il movente, forniteci una ragione, un pretesto, grida l’opinione pubblica. E i giornali riempiono le pagine di commenti: si scatenano le firme illustri della scienza specializzata. Divergenti su questioni marginali , convergenti su un punto: eccolo finalmente il tema che fa tanta audience, il Disagio Giovanile. Erika ne’ e’ una vittima, dalla settimana scorsa la piu’ illustre. Cronisti e opinionisti si dividono la scena: gli uni impegnati ad occuparsi di seguire la cronaca di Erika ghiaccio- mostro-bambina, gli altri ad arrabattarsi con le infinite sfumature semantiche del Disagio. Il movente e’ proprio questo: vuoto di valori, permissivismo, mancanza di regole, indifferenza tra bene e male, apatia. Non c’e’ la droga, qualcuno vada a cercarla. Eccola li’: Erika e’ una cocainomane, ogni tanto si fa pure con delle massicce dosi di Lsd. Il cerchio si chiude.
Come direbbe il tenente Colombo ora abbiamo il mezzo, l’occasione e il movente. Un movente di gruppo. Essendo che il vuoto di valori marchia tutta una generazione, non e’ importante che sia toccato ad Erika, poteva capitare ad un altro, perche’ solo un adolescente, se si escludono gli immigrati clandestini, e’ capace di un’efferatezza del genere. Lo sanno bene i coetanei i quali, riuniti alcuni giorni dopo il fatto per discuterne con Paolo Crepet, fanno a gara a proporre le pene piu’ pesanti per il delitto commesso dai due fidanzatini. Eh gia’, sghignazza sotto i baffi l’attento cronista, si chiamano fuori perche’ sanno che Lei e’ una di loro, come loro. Terminata l’assemblea, Veronica “infila il piumino e va fuori, sotto la neve, nel suo mondo normale, dove ha paura di incontrare un’altra Erika, un altro Omar. Il suo mondo da difendere. Cacciandoli via. In un carcere. Per sempre”. Bel finale, degno di Repubblica.
Ma perche’ proprio Erika?

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