Banalizzazione e standardizzazione
Paolo Francini - 27-02-2001
Ritengo che questa riforma sia l'atto finale di un coerente disegno teso a rendere la scuola italiana una scuola di servizi e mansioni, luogo di addestramento e di intrattenimento sociale più che di formazione culturale. Il disegno è ormai largamente realizzato.

La scuola, dal mio punto di vista, ormai superato, è una istituzione democratica, il cui ruolo è di trasmettere ai giovani un insieme di concetti, idee e capacità, un patrimonio che chiamiamo talvolta "cultura" o anche "sapere", che è stato conseguito e accumulato con fatica nel corso del tempo e che potrà poi essere utile ai giovani per orientarsi nel loro mondo e nella loro vita. Questa trasmissione è uno dei grandi doni che le generazioni adulte possono portare ai più giovani.

Al contrario, vedo la scuola sempre più orientata a fornire nozioni liofilizzate, concetti ridotti a schemi banali, freccette da riprodurre, sapere piatto, povero, standardizzato. E, nel contempo, una scuola sempre meno istituzione e sempre più la parodia di una realtà aziendale.

Del resto, la direzione di marcia dell'autonomia è in una concorrenza che porta a un impoverimento del valore formativo culturale. L'insegnamento è solo un "servizio erogato", lo studente è buffamente chiamato utente, il docente un "operatore", ovvero un impiegato, quasi un cameriere. Dall' "utente" al "cliente" il passo è molto breve, la privatizzazione strisciante della scuola è già fatta, e nel giro di pochi anni potrà essere effettiva.

Questa scuola qua è ancora più nozionistica di quella vecchia, abbattuta dal '68 in nome del prevalere del "concetto" sulla "nozione". Adesso, i concetti stessi vengono ridotti a nozioni rigidamente incasellate. Il vecchio nozionismo convive con quello nuovo, imposto dalle sciocchezze psico-pedagogiche e docimologiche che ormai spadroneggiano nella nuova didattica di stato. I recenti corsi abilitanti sono stati l'occasione per una gigantesca opera di indottrinamento dei docenti al verbo di questo nuovo bizzarro credo.

Peraltro, questa scuola con la promozione obbligatoria è una scuola che nasconde un intento etico e totalitario, che pretende di ridurre l'intero essere umano dello studente alla sua esclusiva dimensione scolastica, riassumibile in parametri che ne specificano le abilità , e che vede l'eventuale "bocciatura" come condanna della persona, dichiarata irrimediablilmente "fuori standard", non più come la semplice ripetizione di un anno di studio nel quale non si è imparato il minimo indispensabile. In questo modo (se la bocciatura è una specie di condanna inappellabile), si raggiunge il duplice effetto che chi non viene promosso rischia oltremisura di sentirsi condannato ed emerginato, e al tempo stesso viene quasi cancallata ogni attendibile corrispoondenza fra il livello di preparazione raggiunto e l'anno scolastico superato (se la bocciatura è percepita come condanna complessiva della persona, diverrà sempre più inapplicabile).

Con ciò, non voglio mitizzare il vecchio modello gentiliano che ho sempre criticato
duramente. Dico che quel modello andava modificato e superato, cogliendone le numerose
debolezze, anche di fondo, e intervenendo con un disegno chiaro e preciso.

Invece, vedo che ha prevalso un jovanottesco "1-2-3-casino". Si è incomprensibilmente scelto di fare tabula rasa, resettare il sistema e dar vita a una scuola artificiale, coltivata in serra, dal nulla. Con contenuti che appaiono, al più, delle fumisterie generiche e di tendenza.

Avrei voluto una riforma che portasse da un impianto idealistico, accademico ed elitario, a un umanesimo scientifico e moderno. Invece è uscito fuori una sorta di pedagogismo aziendalistico e modaiolo. Il liceo scientifico "Marilyn Monroe", dove Nanni Moretti insegnava Matematica, è ormai assunto come realtà strategica. Proprio non era questo che mi aspettavo.



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