Noi facciamo politica a scuola
Bianca Capece - 19-12-2001
Alla signora Ministro della Pubblica Istruzione

Gentile Ministro, noi sottoscritti docenti del Liceo Polifunzionale Piero Calamandrei di Napoli abbiamo deciso di autodenunciarci: siamo colpevoli di un reato tanto grave da meritare l'immediata segnalazione all'apposito numero telefonico - istituito da un deputato della sua maggioranza - e la conseguente punizione.
NOI FACCIAMO POLITICA A SCUOLA!
Noi facciamo politica quando spieghiamo il De Officiis di Cicerone e come egli risolva il conflitto tra utile ed onesto, identificando l'interesse privato con il bene della società di cui si fa parte.
Noi facciamo politica quando spieghiamo la teoria di Montesquieu sulla separazione dei poteri, idea che è alla base di ogni Stato democratico.
Noi facciamo politica quando parliamo dell'articolo tre della Costituzione della Repubblica Italiana ed insegnamo ai nostri allievi che è compito dello Stato, e quindi anche della Scuola Pubblica, "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando, di fatto, la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana".
Noi facciamo politica quando cerchiamo di far capire che un termine può assumere valenza profondamente diverse secondo il contesto e il periodo storico, ma che la parola "libertà" significa in primo luogo libertà di pensiero.
Noi facciamo politica quando insegnamo che sono le idee che cambiano il mondo; che comprare e leggere un libro è spesso più importante di comprare un qualsiasi altro oggetto.
Noi facciamo politica affermando che l'essere umano può e deve avere gli strumenti per sottoporre a critica qualsiasi affermazione e che la parola "tolleranza" non indica acritica passività, ma la capacità di lottare per le proprie idee, rispettando nello stesso tempo le idee altrui.
Lei ci darà atto che ciò che insegnamo è quanto di meglio ha sviluppato il pensiero umano nel corso dei secoli, ma siamo consapevoli che, in questo periodo, tali idee sono pericolosamente sovversive e possono essere considerate "faziose". Per tale ragione abbiamo deciso di autodenunciarci prima che qualche delatore ci additi al pubblico ludibrio.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 prof. Massimo Rossi    - 23-12-2001
Ho letto su "Fuoriregistro" la vostra legittima protesta contro la balorda idea di quel deputato di F.I. di controllare cio' che dicono i docenti nelle scuole, un'idea che a me, che pure simpatizzo per la sua parte politica, sembra indegna di considerazione.
Pero' vi chiedo, visto che citate il "De officiis" di Cicerone (che io conosco bene perche' ne ho scritto un commento per la collana di classici scolastici "Signorelli Elemond"): in Cicerone trovate forse un'istigazione a diattendere le leggi vigenti e a prevaricare i diritti altrui? Eppure questo hanno fatto i nostri studenti "okkupanti" le scuole, che ledono i diritti degli altri e commettono una vera e propria illegalita' e persino un reato penale. E ancora: avete citato Montesquieu. Non vi risulta forse che questo buon uomo abbia detto "la liberta' consiste nel poter fare tutto cio' che le leggi consentono"? E se e' cosi', come la mettiamo con le cosiddette autogestioni ed occupazioni, che non risolvono nulla, provocano soltanto l'interruzione dell'attivita' didattica prevaricando i diritti di coloro che vogliono usufruire del servizio scolastico, e altro effetto non sortono se non rafforzare le scuole private?
Gradirei una risposta a questi miei dubbi. Grazie.
Massimo Rossi - LC "Poliziano" Montepulciano (Siena)
e-mail menander@libero.it

 Niccolai Ivana    - 23-12-2001
"Insegniamo", non "insegnamo", perchè :
io insegn o
tu insegn i
egli insegn a
noi insegn iamo
voi insegn ate
essi insegn ano
Chiaro?
Non escludo, comunque, un vostro errore di battitura!
Con simpatia
Ivana Niccolai

 Elio    - 23-12-2001
Complimenti per il vostro impegno .
Sono sicuro che eravate altrettanto intensamente impegnati quando i governi D'Alema ed Amato avviavano il processo di privatizzazione con il riconoscimento delle scuole "paritarie" , scuole alle quale ormai viene dato un finanziamento che è pari allo stipendio annuo lordo di un docente statale moltiplicato per il numero dei docenti dichiarati dal gestore .
Sono sicuro che eravate altrettanto intensamente impegnati quando il governo D'Alenma avviava l'operazione di immissione in ruolo senza concorso degli insegnanti di religione, operazione che non si concluse solo a causa della fine della legislatura ( al Senato il disegno di legge era stato già approvato)
Sono sicuro che eravate altrettanto intensamente impegnati quando Berlinguer e De Mauro partorivano l'aborto della riformma dei cicli senza neppure rendersi conto della futura onda anomala. ( A proposito c'era allora qualcuno che fosse d'accordo? Vorrei conoscerlo)
Colleghi, coerenza , per favore !

 gpferrario    - 23-12-2001
Cari colleghi,
la vogliamo smettere con queste sceneggiate ?
La vostra libertà di pensiero e di insegnamento è assolutamente salva.
Pensate piuttosto a farne buon uso, ribadendo i principi fondamentali della nostra democrazia e, se potete, evitando inutili ideologismi.
Non c'è bisogno di parlare ad ogni più remota occasione (e solo male) del governo attuale per essere (o credersi ?) insegnanti "democratici".
Se non altro perché gli interlocutori - i vostri studenti - non posseggono gli strumenti per criticare le vostre affermazioni.
Troppe volte la scuola pubblica è vissuta come il luogo dell'indottrinamento; questo almeno è l'impressione che si ha vedendo schieramenti bulgari di studenti che manifestano nelle piazze e poi non sanno sostenere con argomentazioni degne di questo nome le loro posizioni.
Comunque, buon lavoro (e meno subdolo vittimismo).

 Rosario Greco    - 25-12-2001
Noi facciamo politica quando viviamo, viviamo quando facciamo politica, quando cioè usciamo dal nostro guscio per pensare anche agli altri, perchè pensare agli altri vuol dire pensare un pò a noi e pensare a noi vuol dire pensare agli altri.

 88    - 13-12-2003
Polemiche.......solo schifose polemiche

 Ing. Massimo Benedetto    - 08-05-2007
Per quanto mi consta, i professori del Calamandrei hanno fatto politica a scuola fin dalla metà degli anni 80, periodo nel quale ero allievo. I loro insegnamenti erano marcatamente infarciti di comunismo leninista.
Alcuni di loro, come Lucio Martiniello e Giuseppe Improta, erano addirittura attivisti del partito comunista e, non si facevano scrupolo di coinvolgere gli studenti in vere e proprie campagne elettorali in occasione delle provinciali. Anche grazie al voto di molti studenti maggiorenni del comune di San Giorgio a Cremano, Improta venne eletto consigliere comunale nella lista del PCI.
Evidentemente dopo vent'anni la situazione non è cambiata.
In principio non è condannabile fare politica nelle scuole, soprattutto se a farla sono professori onesti e seri che hanno saputo meritare il consenso degli studenti. E' condannabile però il non consentire agli studenti con un credo politico diverso di esprimere la loro opinione e di essere ascoltati.
Ed è proprio ciò che accadeva a quel tempo.