Pensieri e parole
Emanuela Cerutti - 15-12-2001
Nell’Arte di ottenere ragione Arthur Schopenhauer, trattando della dialettica eristica,,afferma che “la verità oggettiva di una proposizione e la validità della medesima nell’approvazione dei contendenti e degli uditori sono due cose diverse”.
Senza volermi addentrare in una discussione filosofica sulle diverse interpretazioni della dialettica, semplicemente scorrendo un libretto finito nel carrello della spesa, mentre aspetto il mio turno alla cassa, mi colpisce l’attualità di questa nota e penso alla difficoltà diffusa che la comunicazione ed il dialogo incontrano, di questi tempi,anche a scapito delle migliori intenzioni.
Articoli di giornale, interviste, chat, collegi docenti o pubbliche riunioni, discussioni al bar, rivelano, con crescente gravità, una forma di chiusura all’ascolto, un’incapacità a tessere i fili di un discorso anziché spezzettarlo in mille sordissime parole, che sembrano trincee di un’altra guerra o spade di un unico potere.
“Da dove ha origine tutto questo?” si chiede Schopenhauer.
E risponde:
“Dalla naturale cattiveria del genere umano. Se questa non ci fosse, se nel nostro fondo fossimo leali, in ogni discussione cercheremmo di portare alla luce solo la verità, senza affatto preoccuparci se questa risulta conforme all’opinione presentata in precedenza da noi o a quella dell’altro: diventerebbe indifferente o, per lo meno, sarebbe una cosa del tutto secondaria. Ma qui sta il punto principale. L’innata vanità, particolarmente suscettibile per ciò che riguarda l’intelligenza, non vuole accettare che quanto da noi sostenuto in principio risulti falso, e vero quanto sostiene l’avversario. Se così fosse, ciascuno non dovrebbe far altro che cercare di pronunciare solo giudizi giusti: quindi dovrebbe prima pensare e poi parlare. Ma, nei più, all’innata vanità si accompagna una loquacità ed una slealtà connaturata…
Ciascuno ha…la propria dialettica naturale, così come ciascuno ha una propria logica naturale.Ma la prima non è una guida altrettanto certa della seconda. Nessuno penserà o inferirà tanto facilmente contro le leggi della logica: falsi giudizi sono frequenti, falsi sillogismi estremamente rari…
Capita…di riscontare deficienze nella dialettica naturale: quest’ultima è una dote naturale distribuita un modo diseguale (in ciò simile alla facoltà del giudizio, spartita in maniera assai disuguale, e lo stesso capita anche per la ragione). Infatti accade spesso che ci si lasci confondere e confutare da argomentazioni solo apparenti, mentre in realtà si ha ragione, oppure il contrario: e chi esce vincitore da una disputa non lo deve tanto all’esattezza del suo giudizio nell’esporre la propria tesi, quanto all’astuzia e alla destrezza con cui l’ha sostenuta…”

Schopenhauer si propone, a questo punto, di difendere la ragione, attraverso 38 stratagemmi che permettano di affinare la propria capacità argomentativa, smascherando gli errori altrui.
Per far ciò occorre stabilire un principio basilare:
“…sarebbe del tutto inopportuno se nella dialettica scientifica si volesse avere riguardo della verità oggettiva e del suo venire alla luce, dal momento che non è questo ciò che accade in quella dialettica originaria e naturale il cui scopo è invece semplicemente l’avere ragione.
Il compito principale della dialettica scientifica…è perciò quello di presentare e analizzare gli stratagemmi della realtà nel disputare, affinché nelle dispute reali li si riconosca e li si annienti subito…”

Così nel primo capitolo del Trattato, scritto intorno al 1830. Seguono una serie di analisi e confutazioni, che, dopo un’iniziale curiosità, lasciano una sensazione di inadeguatezza. La correttezza formale è necessaria, ma sufficiente perché la gente ricominci a parlarsi seriamente? Perché dalle parole non nascano prigioni, ma spazi di libertà? Perché il consenso sia costruito e non rubato?
Chissà se Schopenhauer si è posto le stesse domande, lui che sopravvisse all’epidemia di colera che stroncò Hegel, ma forse non all’idea di una dialettica viva, motore del pensiero e della storia.
Forse, se, nonostante l’interesse per l’argomento, Schopenhauer si rifiutò di renderlo pubblico, dandone, in un’altra sua opera, le motivazioni.
“Raccolsi gli artifici disonesti più ricorrenti nelle dispute, e rappresentai chiaramente ognuno di essi nella sua peculiarità, illustrandolo con esempi ed attribuendogli un nome; infine aggiunsi anche i mezzi da adoperare contro quegli artifici, per così dire le parate contro quelle finte…
Di questi stratagemmi ne avevo messi insieme e sviluppati una quarantina circa. Ma mettermi ora a illustrare tutte queste scappatoie della limitatezza e dell’incapacità, sorelle della testardaggine, della vanità e della disonestà, mi dà la nausea…
…trovo…che una trattazione così esauriente e minuziosa delle vie traverse e dei trucchi di cui si serve l’ordinaria natura umana per celare i suoi difetti non è più conforme al mio temperamento.”

Direbbe Cappuccetto Rosso all’uomo – lupo:
“ Che splendide parole hai!!!”
E risponderebbe il lupo:
”Per meglio nasconderti il mio pensiero, bambina!!!”

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 Niccolai Ivana    - 16-12-2001
Condivido pienamente il concetto esposto (di Shopenhauriana memoria) e ho apprezzato in modo particolare la breve e molto significativa parodia di Cappuccetto Rosso.
Complimenti!