15 dubbi. Che ne pensate?
Daniele Barca - 14-12-2001
Sono un "giovane" insegnante di materie letterarie in un alberghiero della provincia di Roma: una scuola, credo, come tante altre, con qualche deficit strutturale, con qualche problema di inserimento e disciplina, con qualche difficoltà nell'impegno didattico, ma anche con un cammino virtuoso avviato, con belle esperienze di scuola-lavoro, con una significativa ricerca di linguaggi e strategie nuove. Mi interessavo degli sviluppi della scuola quando c'era il tanto vituperato Berlinguer-De Mauro, mi sono documentato sulle proposte della (a mio parere) meno osteggiata Moratti, per interessi personali in modo sparso cerco di capire storicamente e culturalmente che cosa è successo alla scuola. In questo mio tentativo di capire qualcosa sono arrivato ad un punto in cui mi sembra che sia difficile centrare i veri problemi di fondo della scuola. Attenzione, non quelli di tipo strutturale, ma quelli di tipo formativo, culturale e organizzativo.Purtroppo gli interventi che hanno come argomento la scuola e che si leggono sui giornali oscillano tra la critica aprioristica e il rimpianto del bel tempo andato. Meno male che chi scrive in questo prezioso forum, in genere, si fa portatore di un'idea che parte dal proprio vissuto, e quindi è indubbiamente più interessante. Ma è veramente difficile fare chiarezza. Ho deciso perciò di scrivere, elencando, secondo una mia priorità, quali sono i nodi che VERAMENTE strangolano la scuola. E l'ho fatto sotto forma di dubbio. Molti di questi dubbi saranno rifiutati dalla maggiorparte di voi; io entro ogni mattino in classe tenendone alcuni ben presenti. Mi piacerebbe riuscire a confrontarmi con qualcuno.
1 - quanti di noi docenti si sono accorti che si è radicalmente modificato nei nostri ragazzi il modo di apprendere? quanti hanno modificato il proprio modo di insegnare?
2 - quanti di noi sono veramente formati per insegnare? che cosa si fa per supplire (non parlo dei corsi di aggiornamento che, da quando non danno più punteggio, sono deserti)?
3 - molti affermano che non c'è più la scuola di un tempo, e uno dei motivi sarebbe la scuola di massa. Non abbiamo mai pensato che anche l'insegnamento è diventato di massa? e quanto è scaduto per questo motivo?
4 - quale mondo proponiamo ai nostri ragazzi? e quanto sono distanti dal nostro (lo penso io che ho solo venti anni di differenza, figurarsi chi ne ha di più...)? facciamo qualcosa per avvicinarli o, dopo qualche tentativo, scuotiamo la testa e li riteniamo persi per sempre?
5 - credete veramente che tre membri esterni e un presidente assicurino l'attendibilità dei risultati dell'Esame di stato? Il problema della perdita di senso dell'Esame di stato (ma come si fa a valutare la maturità?????) non è forse legato al problema più ampio della perdita di senso della PROVA presso i nostri ragazzi e soprattutto nelle loro famiglie? Non sarebbe più logico togliere il valore legale del titolo e concentrarsi di più sulla formazione (tanto, per determinati lavori serve la laurea, e, non abbiamo statistiche, ma in moltissimi casi non si fa il lavoro per cui ci si è diplomati)?
6 - come mai i ragazzi hanno sempre più difficoltà con l'impianto lineare del libro di testo o del libro in genere?
7 - quanti di noi fotocopiano la programmazione dell'anno prima corretta con il bianchetto (o modificata leggermente al computer) o, peggio, fotocopiano quella del collega che ha capito come si realizza un modulo?
8 - SOLO PER I LICEI, perchè nei professionali lo si fa un pò di più: quanti insegnanti lavorano ancora ex cathedra sentendosi depositari del sapere, unico e immutabile? quanti cercano di intercettare per un attimo le capacità dei singoli alunni o della classe per modificare la lezione? Quanti assegnano senza spiegare?
9 - in quale altro lavoro esiste solo un capo e una famiglia di dipendenti UGUALI? Non si dovrebbero differenziare le funzioni? L'organizzazione di tutto il lavoro di programmazione e coordinamento didattico della scuola non dovrebbe essere fatta da figure specifiche, insegnanti, sì, ma con capacità organizzative? La scuola dev'essere una somma di singole classi o una comunità che si riconosce in strumenti comuni? si dovrebbero sfruttare le capacità o gli studi dei singoli docenti per il bene di tutta la scuola?
10 - quanti di noi riteniamo l'insegnamento una professione vera, come l'architetto, l'avvocato, ecc. e di conseguenza ci aggiorniamo (come gli architetti, ecc)? quanti ritengono che sia qualcosa di artistico, tipo fine dicitore?
11 - che senso ha un orario rigido, impiegatizio (18 h e 40+40 h) per un'attività che richiederebbe altri tempi?
in quale altra professione seria hanno tutti lo stesso stipendio? In quale altra professione seria si avanza solo per anzianità e se si son fatti figli? In quale altra professione c'è un così alto numero di donne? Perchè nell'avanzamento di carriera non contano gli stages, le esperienze di studio, le pubblicazioni (le uniche cose riconosciute sono i corsi postlaurea e i dottorati) che eppure possono essere costati sacrifici economici e di tempo quasi come i figli? Per quanti/quante l'insegnamento full time è in effetti un'occupazione part time? O una seconda attività? o lo scrigno pensionistico? Quali prospettive di carriera, che non siano gli scatti stipendiali automatici, offre questo lavoro per un giovane appena entrato in ruolo?
12 - è vero che, per esempio, chi ha da correggere gli scritti, lavora di più (facciamo un esempio: tre classi per 25 alunni fa 75 compiti per ogni tornata; calcolandone tre per ogni quadrimestre, sono 225, in un anno 450; calcolandone 4 corretti con molta velocità per ogni ora, fanno 112 ore in più, su trenta settimane di lezione, fanno 3 ore in più a settimana)?
13 - quanti di noi vogliono effettivamente una seria verifica esterna del proprio operato? Perchè temere il giudizio dei capi se in ogni altra professione è così (e tanto il rispetto timoroso dell'autorità esiste lo stesso, tutti abbiamo assistito agli atteggiamenti reverenti di molti quando chiedono qualcosa per sè...)?
14 - quanto è triste guadagnare lo stesso stipendio di chi non si aggiorna, di chi non conosce la propria disciplina, di chi non fa nulla per migliorarsi?
15 - ULTIMO DUBBIO: quanti sono meritevoli e capaci e quanti no nella scuola di oggi?....parlavo dei professori, non degli alunni, specchio della società, ma anche dei loro docenti. Qualcosa bisogna pur fare, perchè, da convinto sostenitore della validità della scuola pubblica, se dobbiamo tenerci una scuola pubblica con tutti questi dubbi...
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 Marco Plaone    - 15-12-2001
Caro Daniele,
condivido profondamente i punti che hai esposto nel tuo intervento. Ho qualche dubbio sul (tuo dubbio) n. 5.
E' evro che l'Esame di Stato ha perso credibilità, anche perché è stato già annacquato in partenza, e non è quindi questione tanto di membri interni o esterni. Non riesco a condivdidere fino in fondo l'idea di aboilire il valore legale del titolo di studio. Per alcuni versi mi sembrarebbe giusto: perché a scuola non si verrebbe per il pezzo di carta, ma per imparare; per altri non convince: chi non si sente un grande studioso vorrà provare con le sue forze ad entrare nel mondo del lavoro.A qualcuno andrà anche bene, ma molti (credo i più) si renderanno conto solo troppo tardi che il mondo del lavoro esige delle competenze che loro non hanno potuto sviluppare da soli. Quando se ne saranno accorti sarà troppo tardi per tornare indietro?
Sugli altri punti ti condivido in pieno, ma temo che certi discorsi non piacciano ai piu'. Infondo molti a scuola sono entrati firmando un tacito patto: "guadagnerò poco, è vero, ma farò pure poco (si lavora solo quelle orette la mattina e poco piu')". Chiedere a chi è entrato nel mondo della scuola con questa mentalità di cambiare registro (sic!) è troppo. Lo sto sperimentando nella scuola dove insegno. Abbiamo messo in cantiere molti progetti, lavoriamo con i moduli da 5 anni, con la certifificazione delle competenze, lavoriamo sulle competenze trasversali, con i dipartimenti disciplinari, ecc... Ma ci sono individui che si mettono di traverso ogniqualvolta si parla di collaborare, di pianificare gli obiettivi, di insegnare ai ragazzi non delle conoscenze, ma dei 'saper fare'... Ieri ho scoperto che, mentre io faccio orientamento alle scuole medie per l'Istituto superiore in cui insegno, gli 'altri' fanno il controcanto alle famiglie che conoscono, pur di squalificare tutto il liceo, così da dimostrare che tutte le nostre sperimentazioni non portano a nulla. Sarà dura fare certi discorsi con una 'massa grigia' del genere, altro che professione, questi vogliono essere impiegatucci, vogliono il programmone ministeriale a cui attenersi, salvo apellarsi alla libertà di insegnamento quando il collegio vota ed approva il POF, che loro invece regolarmente disattendono.
Un'ultima cosa, volevo dirti che io sono l'insegnante che ti ha sostituito all'Asisium. Ti ricordi? L'esperienza non è andata benissimo, non tanto per i ragazzi, quanto per la dirigenza (un po' gretta, ma dopotutto erano suore). Meno male comunque, adesso sono di ruolo nel liceo vicino casa, dove ho lavorato già da supplente dopo l'esperienza dell'Asisium, se fossi rimasto là, non avrei conosciuto questo liceo, dove, nonostante tutto non mi sento un esecutore di programmi mministeriali.

Ciao e buon lavoro
Marco Palone

 Ernesto Zangla    - 16-12-2001
Caro collega,
viviamo in tanti con una frustrazione che ci logora sempre più, per dovere assistere impotenti a continui cambiamenti scolastici che spesso non hanno colto nel segno i bisogni degli studenti e della società.
La scuola italiana rimane sempre più indietro rispetto alla realtà e come sappiamo, dovrebbe essere all'inverso, con una scuola cardine della società.
Ho qualche anno più di te, senza alcuna pretesa.
Ma quanto basta a fornirmi una visione molto ampia dell'opera di massificazione apportata all'interno delle Istituzioni scolastiche, a danno sia dei volenterosi, sia
degli svogliati, che si son visti porgere soprattutto teoria e non più attività pratiche.Soprattutto a partire dagli anni '60,quando nelle scuole dell'obbligo venivano eliminati i laboratori, in cui trovavano sfogo ed apprendevano tutti quegli studenti che avevano minor propensione per l'astratto.Quanti artigiani son venuti fuori da quei laboratori per aver scoperto le loro attitudini! Eppure,anche in nome del risparmio, sono stati chiusi quei laboratori ed i due insegnanti di applicazioni tecnica che operavano per ogni classe, sono stati ridotti: ad uno.
Se approfondiamo,scopriamo che in un laboratorio era opportuno portare gruppi poco numerosi,quindi era una legge che non andava cambiata. Oggi,in nome dell'Autonomia, in teoria i laboratori si potrebbero ricostituire,ma dove sono i soldi? Quella poitica che apparentemente dovrebbe portare ad un risparmio, porta in tutt'altra direzione,vista l'entità dei danni. Aumentano i giovani disagiati,perchè anche la scuola è portatrice di disagio,maggiormente nei momenti in cui noi docenti non rispolveriamo le menti, escogitando metodi e sistemi confacenti al nuovo millennio.
Avrei tante cose su cui confrontarmi, ma mi debbo limitare. Che dire dei vari Ministri che si sono succeduti? Spesso o per le loro ideologie o per le logiche di partito, hanno guardato solo in prossimità del loro naso. E l'Italia ne piange le conseguenze,compresi noi due. Colgo l'occasione per inviarti un caloroso Augurio di Buon Natale.


 Riccardo Gasperoni    - 16-12-2001
Ho letto con interesse il tuo articolo e ne condivido molti punti. Premetto che sono un insegnante "datato" rispetto a te, ma ho notato che, almeno nella mia scuola chi tira la carretta sono sempre i soliti...ed hanno i capelli o i baffi bianchi !
Ho insegnato in un corso di base per i concorsi riservati ed ho cercato di dare ai nuovi docenti alcuni suggerimenti per insegnare. Sono d'accordo con te, insegnare è un'arte e come tale andrebbe coltivata e raffinata continuamente. Un conto è avere le conoscenze, un altro è avere le competenze !
Verifica formativa ? moduli ? programmazione ? molti non sanno che cosa siano. Certo i ragazzi sono cambiati, la società è cambiata, ma noi pretendiamo (dico noi in senso pleonastico, perchè io non la penso così), di insegnare nello stesso modo, come facevano i nostri professori. Perchè non abbiamo voluto il "concorsone", forse no era perfetto, ma almeno era un tentativo per differenziare il lavoro svolto e la professionalità. Penso che il ministro della pubblica Istruzione più lucido, che aveva in testa un vero progetto (magari discutibile e migliorabile), sia stato Berlinguer, adesso trovo il vuoto e il disinteresse per la cultura. La cultura di base, le conoscenze e competenze trasversali e relazionali, sono in questo contesto socio-economico, la carta vincente e corrispondono alle aspettative del mondo del lavoro e della società. Dobbiamo insegnare ad "imparare", a studiare, fornire agli allievi un metodo di studio, senza aver la pretesa di fare mari e monti per la paura di essere "giudicati" dai nostri colleghi all'esame di stato.
Poche cose, ma fatte bene, con metodo e coerenza, che rimangano chiare nel tempo.
Tanti saluti ed auguri.
:-)
Riccardo

 enzo pietra    - 16-12-2001
è pur vero che la scuola è la patria, anzi il paradiso del socialismo reale; ordinata secondo logiche improponibili per ogni mediocre docente, alienante per chi si sbatte un poco e deve,ad esempio, preparare ogni giorno le sue sacrosante lezioni, visto che i tempi cambiano e gli spiriti santi non sempre assistono; e poi la correzione dei compiti, vero flagello per alcuni, al contrario di altri esonerati da tale incombenza; non esprimo qui il numero delle ore trascorse nelle più varie attività, dico solo che i miei ex-studenti, nel giro di pochi anni portano a casa uno stipendio superiore al mio dopo 32 anni di insegnamento; e non mi va di prostituirmi in scuole private, che sono un'ulteriore indecenza dello spirito culturale e professionale...

 ivana zancanaro    - 16-12-2001
grazie per aver espresso così chiaramente e onestamente i tuoi dubbi che coincidono con i pensieri che mi si aggrovigliano dentro ogni volta che sono a scuola...e non solo.
Insegno da 30 anni ,per fortuna non ho ancora perso la voglia di imparare e di insegnare....oggi, leggendo il tuo articolo, mi sento rincuorata perché ho potuto condividere riflessioni importanti, anche se chissà quando e quale soluzione ci sarà per la maggior parte di esse...
cordialmente

 Guido Spagnoli    - 16-12-2001
GRAZIE!!!!!
Insegno in una scuola attualmente occupata da chi ha solo voglia di perdere tempo e che viene sfruttato dagli insegnanti che non hanno il coraggio di vivere in prima persona le proprie convinzioni. Tutti i dubbi esposti sono anche i miei. Io ne ho qualche altro relativo alla buona fede oltre che alla professionalità dei colleghi.

 Giorgio Dellepiane Garabello    - 16-12-2001
d'accordo su tutto....!
ma se leggi il testo della bozza di riforma (NON i
commenti tendenziosi) troverai qualche buona risposta!
ho ascoltato Bertagna medesimo, a Brescia, e mi ha entusiasmato!
ciao ciao

 Pierluigi Nannetti    - 16-12-2001
Ho trovato molto interessanti le argomentazioni contenute in tutti e quindici i dubbi proposti. Però sono stato stimolato soprattutto dal primo; ed ecco, quindi, alcune mie riflessioni in merito.
Non c'è alcun dubbio che la struttura mentale degli uomini si stia modificando rapidamente e sostanzialmente.
Questa mutazione riguarda in particolare:
* le capacità di argomentazione a sostegno di proprie tesi e affermazioni;
* la capacità di ascoltare le argomentazioni a sostegno delle tesi affermate dagli altri, se tali tesi vengono trasmesse a voce;
* la capacità di capire le stesse argomentazioni, e perfino di seguirne attentamente il contenuto logico ed esplicativo, se si tratta di tesi scritte.
La struttura logica ed intellettiva del cervello degli uomini si sta modificando sotto l'enorme pressione determinata dall'uso, ormai dilagante e onnipresente da diversi decenni, di messaggi, che non solo non hanno bisogno di argomentazioni, ma sono costruiti proprio con lo scopo di convincere il destinatario del messaggio senza l'uso di argomentazioni logiche, bensì attraverso impulsi, che si possono definire "reattivi". Infatti questi strumenti comunicativi sono costruiti intenzionalmente allo scopo di impedire ogni ragionamento logico in chi l'ascolta, che invece deve essere stimolato a mettere in opera determinate reazioni del tutto automatiche. Questo tipo di comunicazione viene usato da vari decenni in vari campi (da quello socio - politico, a quello televisivo, soprattutto nei programmi del "divertimento obbligatorio"), però è addirittura esorbitante ed assoluto nei messaggi pubblicitari. In particolare in questo settore, il messaggio è tanto più efficace quanto più impedisce al cliente - destinatario di mettersi a ragionare e, invece, lo stimola opportunamente per indurre una decisione di acquisto. L'introduzione, nei tempi più recenti, dell'informatica e degli strumenti cosiddetti "virtuali", che, come i calcolatori elettronici, compiono operazioni complicatissime senza richiedere all'utilizzatore particolari conoscenze, ma solo una generica ed istintiva competenza manuale, ha completato l'opera. Se si pensa che la vita di centinaia di milioni di persone, e forse di miliardi, è scandita, dalla nascita alla morte, e ormai da quasi mezzo secolo, da messaggi di questo tipo, come meravigliarsi della ormai inarrestabile tendenza ad una vera e propria mutazione delle facoltà intellettive del genere umano e, soprattutto, di quelle logico - razionali?
L'incapacità di argomentare e specialmente l'incapacità di ascoltare le argomentazioni degli altri ha ormai particolarmente penetrato la mente delle giovani generazioni. Delle sue conseguenze è significativamente - ed in modo particolare - investita la funzione educativa. Trovare nelle giovani menti, anche in quelle più dotate, la capacità di analizzare criticamente una questione, che pone diverse interpretazioni, è diventato molto raro. Quando viene esposta una tesi, la mente dei giovani - quando è attenta - vuole solo conoscere l'enunciazione e, quando ne ha conosciuto gli aspetti fondamentali ritenuti esaustivi, è automaticamente convinta di avere fatto il massimo. Se l'enunciato è un po' complicato, la maggioranza dei giovani si perde ed è orientata a pensare che non vale la pena conoscere il significato e il contenuto dell'enunciato stesso. La reazione è del tipo: se non sono adeguatamente stimolato e convinto, non compro. Questo semplice atteggiamento viene trasferito nel processo di apprendimento: se il contenuto di quello che mi viene proposto non è divertente e semplice, non vale la pena sforzarsi per impararlo. Troppa fatica. Qualcuno ha sbagliato e il colpevole è presto trovato: l'insegnante, che non ha saputo stimolare adeguatamente lo studente. Quando, poi, l'enunciato, oltre ad essere un po' complicato, ha bisogno anche di adeguate argomentazioni logiche, è il dramma. Gli studenti meno capaci si perdono definitivamente, ma anche quelli più capaci e i più ligi al dovere di studiare, ritengono generalmente tali argomentazioni inutili e, comunque, estremamente noiose. L'insegnante che non vuole limitarsi agli enunciati, ma espone - e pretende che anche i suoi studenti si esercitino a capire e ad esporre - le argomentazioni che sostengono l'enunciato, sarà considerato nel migliore dei casi un "rompipalle", che insegna la sua materia, magari conoscendola, ma in maniera molto noiosa. E' comunque un insegnante che "non sa stimolare adeguatamente" i propri allievi. Quando, infine, ci si trova di fronte alla necessità di educare i giovani studenti ad imparare e a saper confrontare argomentazioni diverse, tutte ugualmente logiche ma a sostegno di tesi differenti, il dramma diventa tragedia. Gli studenti in grado di seguire l'insegnante su questa strada sono ormai una rarità difficilmente quantificabile.

Ecco perché trovo addirittura riprovevole e, nello stesso tempo, totalmente demoralizzante, il fatto che, nelle centinaia di pagine che le varie commissioni (da quella dei "saggi" berlingueriani all'ultima del Bertagna morattiano) hanno sfornato in questi anni, non ci sia il benché minimo riferimento a questi temi. Non solo, ma è veramente vergognoso che nemmeno una frase venga dedicata a quella che dovrebbe essere la più importante funzione formativa, quella di insegnare ai giovani a ragionare con le proprie facoltà intellettive, adeguatamente preparate e forgiate attraverso conoscenze fondamentali delle varie discipline.

Interessante sarebbe poi il collegamento con il quarto dei dubbi proprosti da D. Barca: quale mondo viene proposto ai nostri giovani? Ma di questo in un'altra occasione. Grazie dell'attenzione Pierluigi Nannetti







 Daniela Bosoni    - 16-12-2001
Caro Daniele, condivido e approvo tanti dei tuoi dubbi. Insegno da 18 anni lettere in na scuola media dell'hinterland di Milano, dallo scorso gennaio sono supervisore del tirocinio alla Silsis della Statale di Milano, dal 1994 formatore di area geo-storica dell'ex Irrsae Lombardia, ho frequentato corsi come corsista e come formatore ecc. ecc. AMO la scuola e RISPETTO i ragazzi, che sono cambiati eccome, ma troppi - e non solo gli insegnanti - non se ne sono accorti. Da qui demotivazione, abbandoni e via dicendo. Ho seguito passo a passo la riforma - naufragata il 13 maggio - e ci ho creduto molto. E ora? Come formatori: che cosa dobbiamo andare a dire? Come insegnanti: che cosa dobbiamo fare? Il disorientamento è massimo e soprattutto la rassegnazione preoccupante. Alternativamente considerati "dipendenti" dai dirigenti scolastici ("dovete fare!") o professionisti (dovete fare gratis!) Siamo diventati "dipendenti" di una strana azienda che non ha - come tutte le altre - criteri di valutazione per tutti a 360°: firmerei immediatemente per essere valuata dai miei alunni, dalle famiglie, dai colleghi, dal diregente scolastico. Invece? Prendo anche meno dei miei colleghi (non ho figli nè parenti handicappati), con l'Università lavoro il doppio (gratis), coem formatore forse mi pagheranno tra un anno ...
Un solo dubbio: perchè lo faccio? Magari qualcuno potrà rispondermi ... forse con insulti!
Cordialmente, Daniela Bosoni

 Graziella Catanzaro insegnante di matematica    - 16-12-2001
Finalmente! Ho trovato qualcuno che nutre dubbi in una realtà che mi sconvolge con tutte le sue certezze. Sono un insegnante donna, una della folta schiera, che si divide tra casa e lavoro. Ho il difetto di credere, in modo viscerale, in questo lavoro che faccio da 23 anni e rispetto al quale non mi sento mai all'altezza. Ricerco continuamente metodi e strategie per giungere ai miei ragazzi, alla loro intelligenza, con la presunzione di voler loro insegnare ad usare la testa. Si i ragazzi di oggi sono molto diversi da quelli di ieri, il loro modo di imparare è di verso, ma il problema sta nella mia inadeguatezza, a me è chiesto di trovare strade per entrare nel loro mondo e riuscire a comunicare. nei tuoi dubbi mi sono ritrovata.

 Silvana Sarnelli    - 16-12-2001
Il collega ha effettivamente centrato i nodi dei problemi della scuola. Sono una docente di Scienze in un istituto secondario superiore ed anche io ho gli stessi "dubbi" del prof. Barca. Ritengo da tempo che una seria riforma scolastica debba partire dai docenti e dal miglioramento della loro professionalità, altrimenti tutto rimarrà teoria. In fondo ogni proposta, sia quella Berlinguer-De Mauro che quella Moratti, presenta luci e ombre, ma credo che le variazioni di orari, di cicli, di nomi, ecc., non serviranno comunque a cambiare nulla se non vi saranno docenti seri, preparati e motivati, culturalmente ed economicamente. Se un professore è bravo, lo sarà sempre ed conseguirà ottimi risultati con qualsiasi sistema scolastico. Speriamo che finalmente qualche Ministro dell'Istruzione lo comprenda!!!
Auguri a tutto il mondo della Scuola.

 Fausto Vella    - 16-12-2001
Condivido pienamente il pensiero del collega Daniele Barca.
Quanti hanno il coraggio di dire o di scrivere queste cose? Purtroppo pochi.
E' sicuramente più semplice lamentarsi di tutto e di tutti piuttosto che "qualificarsi" spendendo energie e tempo "prezioso" .

 gp ferrario    - 16-12-2001
Finalmente un giovane collega cha fa l'insegnante come rale scelta di vita e non come ripiego.
Benvenuto tra noi, caro collega; la scuola ha bisogno di persone così, prima e più che di rifoeme (che pure sono necessarie).
Grazie, soprattutto, per l'onestà intellettuale dei tuoi interrogativi; da essi si capisce, infatti, che sei uno a cui la scuola sta davvero a cuore.
Buon lavoro.

 Nino Virtù Liceo Scientifico Majorana-Caltagirone    - 16-12-2001
Caro collega. Sono un docente di Lingua e Lett. Inglese e ti devo dare ragione dei tuoi dubbi, perchè sono anche i miei. Anzi ormai sono certezze. Le mie amarezze provengono maggiormente allorchè mi accorgo che l'andazzo quotidiano è soprattutto da attribuire ala poca voglia della categoria di cambiare il nostro modo di concepire la nostra professione. Ma, a parte le collere e i conflitti che viviamo nella scuola, non credo proprio che la privatizzazione della scuola sia il vero obiettivo per migliorare le cose. Ci sono spaventose ingiustizie sociali e culturali nella ammissione di tante scuole con autonomie di indirizzo ideologico e con una non vera accettazione dell'altro nella piena libertà. La legge Italiana garantisce(purtroppo sulla carta, ed è questo per cui dobbiamo lottare)la pluralità di comportamenti, di idee e di scelte. Nessuno dovrebbe essere distolto da una adeguata formazione socio culturale, visto che tutti ne paghiamo il contributo per averne certezza. Allora pretendiamo che lo Stato "pretenda" professionalità dai Docenti e i Docenti "pretendiamo" che alla scuola sia offerto il giusto spazio socio-politico e poi anche ecomonico. Viva la "vera scuola "per tutti. Nonostante la rabbia quotidiana nell'avere i tuoi stessi dubbi, sono felice di essere con la pluralità di comportamenti sia dei docenti(confusi, confusionari , frustrati e frustranti, ma anche valorosi e temerari come te e tanti altri) e dei miei studenti, così variegati nei loro comportamenti. Ciao.

 ernesto berra    - 16-12-2001
sono d'accordo con le tue osservazioni fondamentalmente per l'analisi dell'impianto professionale ,ma quanti hanno voluto bloccare ogni possibilità al concorsone ora si trovano devolution e morattismo
peccato avevo sognato una diversa professione.ernesto

 Francesca Fortuzzi    - 16-12-2001
Vorrei ringraziare il collega che ha avuto l'interesse e la pazienza di focalizzare, in vari punti, tanti dubbi che appartengono anche a me!
Agli inizi del XVII secolo Cartesio scriveva "Cogito ergo sum"; mai come ora sento questa frase di un'attualità impressionante.

 Roberto Didoni    - 17-12-2001
Dei vari dubbi che Daniele ha espresso, mi interessa approfondire in modo particolare questo:
"quanti di noi docenti si sono accorti che si è radicalmente modificato nei nostri ragazzi il modo di apprendere? quanti hanno modificato il proprio modo di insegnare?"

Non che gli altri non siano interessanti, ma un'attendibile conoscenza sui radicali cambiamenti nel modo di apprendere dei ragazzi non mi sembra così sconatta e condivisa.

 ruderigo maistrello    - 17-12-2001
un solo commento circa le attività di aggiornamento degli insegnanti.
Un anziano e valido professionista mi raccontava un giorno:
"Le competenze, se non si aggiornano, diventano esperienza.
E se è vero che l'esperienza insegna, purtroppo quasi sempre non impara..."

Morale: l'insegnante "esperto" è esperto proprio perché non riesce a cogliere i cambiamenti e soprattutto è in difficoltà nel gestirli...

 anonimo    - 17-12-2001
ma tu che fai dove vivi ....... e che cosa hai fatto per migliorare la situazione.............

 Grion Valentina    - 17-12-2001
condivido e concordo pienamente; ma quanti di noi insegnanti lo sono? Se fossimo di più, forse.....

 Davide Daniele Vancini    - 17-12-2001
Ho 47 anni e insegno presso un istituto tecnico agrario in provincia di Modena.
Nella mia carriera ho insegnato nella scuola media come docente di educazione tecnica e come docente di sostegno senza specializzazione, nell'istituto professionale agrario e da 12 anni nell'istituto tecnico agrario.
Io di dubbi ne ho più di 15.
Vorrei però passare dall'analisi all'azione e cercare di risolvere qualche problema che mi tormenta.
Il primo che vorrei vedere affrontato è quello del lavoro dell'insegnante.
Ecco allora la proposta che ho presentato ai miei colleghi.
Il lavoro dei docenti è da troppo tempo sottoposto a critiche da parte di chi non conosce il modo della scuola.
E' sicuramente lesivo per la categoria continuare ad essere additati come coloro che lavorano solamente 18 ore la settimana. Anche in sede di rinnovo contrattuale le richieste di aumenti devono fare i conti con il mito delle 18 ore, tanto che ultimamente era stato proposto di portare le ore di insegnamento a 24.
1. L'orario di lavoro dei docenti
Il lavoro dell'insegnante si svolge in tempi diversi e con modalità diverse.
Una parte del lavoro può essere assimilata al lavoro impiegatizio (orario settimanale e attività didattiche in classe definite) mentre una parte è tipica dell'attività libera professionale (orario non definito, attività decise autonomamente, progettualità educativa).
Gli articoli 41, 42 e 43 del CCNL del 1995 definiscono l'orario di servizio dei docenti.
L'art. 41 definisce con precisione l'attività oraria di insegnamento in classe.
L'art. 42 definisce le attività funzionali all'insegnamento; al comma 2 indica le attività individuali (preparazione delle lezioni e delle esercitazioni, correzione degli elaborati, rapporti individuali con le famiglie) senza specificare quante ore di lavoro sono richieste, mentre al comma 3 indica le attività di carattere collegiale specificando un totale di 40 ore per il collegio docenti, la programmazione iniziale e finale, l'informazione alle famiglie sui risultati quadrimestrali e finali, e 40 ore per i consigli di classe.
L'art. 43 definisce il lavoro straordinario sia di insegnamento sia di organizzazione della scuola.
Mi piacerebbe sapere se la proposta di indicare nel prossimo contratto di lavoro tutte le ore di lavoro sia quelle diciamo "impiegatizio" sia quelle "libero professionali" è condivisa o meno dai colleghi.
Per queste ultime si indicherà un cifra attendibile sulla base del lavoro di un docente con tre classi e di una materia che prevede gli scritti.
E' chiaro che la stima delle ore non potrà soddisfare tutti i docenti ma come prima ipotesi potrebbe essere sufficiente per chiarire ufficialmente che i docenti non lavorano 18 ore la settimana.
Poi bisogna specificare meglio che l'attività organizzativa è indispensabile per la gestione della scuola e che le attività aggiuntive impegnano ulteriormente i docenti.
Si tratterebbe di studiare una formula riassuntiva del tipo:
"Il lavoro del docente si compone di attività di insegnamento in classe, di attività di progettazione degli interventi educativi, di attività di organizzazione del sistema scuola".
Le ore settimanali di insegnamento sono 18, quelle di progettazione sono 10, quelle di organizzazione sono 2.

2. Chiedo inoltre se per accelerare la carriera potrebbe essere proposto che ogni 100 ore di formazione in servizio finalizzata al miglioramento dell'offerta formativa e certificata dal Dirigente scolastico il docente abbia diritto di anticipare di un anno il passaggio di gradone.


Forse sono troppo concreto ma tenete presente che lavorando in un istituto tecnico agrario ho i piedi per terra.
A presto.
Davide Daniele Vancini

 Prof.    - 18-12-2001
Ho gli stessi dubbi.

 Michele Gaeta    - 18-12-2001
Sono un docente precario, e questo è il mio 14° anno di attività.
Ho letto con un certo interesse i dubbi del prof. Barca, perché quando incontro dei ragazzi in difficoltà molte delle, domande fatte dal collega le rivolgo a me stesso. In questo contesto però trovo che questa generalizzazione sia errata e, oltretutto, non motivata.
Non so in quali istituti abbia insegnato il collega, ne so con quali professionalità sia entrato in contatto, ma per quello che mi riguarda posso affermare che se è vero che nelle scuole in cui ho prestato servizio ho incontrato docenti che sono quanto di peggio si possa augurare ad un ragazzo di incontrare, è altrettanto vero che ho incontrato molti docenti che invece svolgono la propria attività con passione e professionalità.
E di questo i ragazzi per primi se ne accorgono.
Io insegno matematica, quindi qualche compito in classe mi capita di correggerlo (sono più di 75 per tornata) e anche se qualche volta mi lamento, mai contro i colleghi di materie che non hanno questa incombenza, però è una lamentela che fa parte del ruolo, di chi è costretto a leggere certe corbellerie (ed è giusto che ci siano vista l'età degli autori di quei lavori). Detto ciò, e chiarendo che:
1- la maggiore difficoltà nella preparazione di un compito di matematica consiste nella preparazione (in particolar modo se ci si complica la vita con i questionari);
2- la correzione di un compito di matematica non consenste nel verificare se il risultato è corretto;
ritengo che la nostra professione non si deve valutare in base al tempo che impieghiamo per svolgerla ma in base alla sua funzione, pertanto il prof. di lettere deve correggere i compiti perché fanno parte della propria disciplina, cosa che non riguarda il prof. di educazione fisica. I loro ruoli sono diversi ma entrambi sono docenti e hanno diritto alla stessa dignità e alla stessa retribuzione.
Il primo anno di insegnamento l'ho svolto in un istituto professionale per l'agricoltura. E' stata un'esperienza stupenda, non solo perché era il primo anno di lavoro, ma perché ho incontrato colleghi che non consideravano quei ragazzi come "braccia rubate ai campi", ma si impegnavano per insegnare loro qualcosa di serio, e vi assicuro che sono rimasto impressionato per la loro preparazione nelle materie professionali (in particolar modo le loro conoscenze di chimica erano decisamente superiori alla media).
Potrei continuare con molti altri esempi, il mio stato di lungo, forse troppo, precariato mi ha consentito di conoscere molte situazioni e sono sepre più convinto che chi fa male alla scuola non sono tanto i ministri che fanno leggi che la danneggiano, quanto i docenti che parlandone come il prof. Barca ne sminuisce l'importanza e giustifica, agli occhi dell'opinione pubblica, il suo declassamento.
Non discuto la parte che riguarda gli esami di stato, ma voglio solo dire, a proposito della perdita di valore del titolo di studio che queste affernazioni sono estremamente pericolose, perché vorrei vedere un imprenditore che assume un tornitore che, con la licenza liceale, non sa neanche come è fatto un tornio, o un paziente che si deve sottoporre ad un intervento chirurgico enza assicurarsi che il medico non abbia almeno la laurea.

 Laura Fineschi    - 30-12-2001
BRAVO, Daniele. In poche righe sei riuscito a dire cio' che mi rigira da un pezzo nella testa, con chiarezza, con coraggio: la buona scuola e' fatta per prima cosa da buoni maestri.
Laura Fineschi

 Carla Assunta Gentile    - 07-01-2002
l tematica è estremamente complessa, ho letto velocemente i tuoi dubbi ; da quando lavoro nella scuola sono gli stessi che mi hanno sempre accompagnata: Per capirne e comprendere di più abbiamo avviato una serie interminabile di percorsi riflessivi all'interno del circolo nel quale lavoro. Dopo 7/8 anni possiamo dire che collegialmente abbiamo cercato di dare risposte ai tuoi quesiti.
La nostra didattica e l'intera organizzazione scolastica è cambiata molto. Lo sforzo da compiere é di tipo collegiale e la base di ogni discussione deve essere focalizzata nella ricerca in itinere costante, graduale
e mirata a quel bambino, quella classe ,quel tempo, quel luogo.

 dott. Marco Biondi    - 14-02-2002
Le sue riflessioni sono così profonde e illuminanti che non le avevo mai sentite dire nei vari dibattiti televisivi quasi sempre frequentati da persone incapaci di analizzare realmente le cose al di là del loro schema ideologico e quasi sempre questo molto teorico e demagogico.
Io aggiungerei un 'altra riflessione, perchè parificare le scuole private e renderle accessibili anche ai meno abbienti, visto che ora solo i più facoltosi le possono frequentare, è un tabu?
Forse perchè fa comodo a qualcuno o a tutti i partiti avere il controllo della formazione delle menti e quindi della cultura di massa? Forse.
Io credo che in un paese burocratizzato e sindacalizzato, nel senso peggiore del termine, come l'Italia questi cambiamenti possono venire solo dalla scuola privata parificata che sarebbe più libera e creerebbe competizione con quella pubblica. Ora noi sappiamo che solo la competitività migliora i servizi , altrimenti ci si adagia.
Saluti