A futura memoria
Marino Bocchi, Grazia Perrone - 13-09-2003
Prima i giudici matti e antropologicamente diversi, adesso il fascismo dittatura benigna e Mussolini «che non ha mai ammazzato nessuno» incline com’era, piuttosto, a mandare «la gente a fare vacanza al confino». Quel 27 agosto, a Porto Rotondo, Silvio Berlusconi non si è proprio voluto negare nulla. Con i colleghi Johnson e Farrell, così ben disposti, ma, purtroppo per lui, così britannicamente fedeli al loro registratore, è andato dove lo portava il cuore. E il cuore, si sa, rischia di portarti lontano da dove vorrebbe l’arida ragion politica. Per esempio, a dire cose che non dovresti nemmeno pensare.

...continua...







Stato autoritario o totalitario?


Il prof. Fisichella, Vice Presidente del Senato ed esponente di An da non confondere, per la dirittura etica ed il rigore critico, con i tanti che accolgono ogni proposta del Capo con servile piaggeria, è pur sempre un uomo di destra ed oggi sul Corriere della sera, se respinge le tesi di Berlusconi su Mussolini nei modi, le accetta però nella sostanza. Nel senso che, secondo la sua opinione di luminare, il regime fascista non è da considerare totalitario nel senso che lo furono, ad esempio, il nazismo ed il comunismo. Contro l’opinione di Hannah Arendt e di molti altri studiosi liberali (i quali casomai distinguono tra totalitarismo perfetto e imperfetto o "monco", come scriveva la stessa Arendt ma ribadendo i caratteri totalitari come elementi comuni ai tre regimi) , Fisichella basa la sua tesi sulla seguente affermazione: «Il fascismo è stato autoritario, gli altri due sistemi erano invece totalitari. Ci sono storici autorevoli che sottolineano comunque la differenza tra la "relativa sicurezza del confino" e le "pianificate uccisioni nei campi di concentramento nazionalsocialisti". Mentre altri fanno notare il numero basso e la "relativa mitezza" delle condanne inflitte agli avversari politici. Basterebbero questi due elementi per dire che, fermo restando il carattere dittatoriale, la durezza del regime fascista è stata quantitativamente e qualitativamente differente rispetto a quella espressa dal nazismo e dal comunismo bolscevico” .
Ora, a parte il fatto che quasi nessuno, neppure a sinistra, commentando l’uscita del Cavaliere (“Mussolini non uccise nessuno; “il confine era un luogo di villeggiatura”) ha chiamato in causa l’alleanza con Hitler e la partecipazione dell’Italia alla guerra di sterminio promossa dal suo alleato tedesco, a parte questo il prof. Fisichella dice il falso: intanto perché sulla “relativa mitezza” delle condanne ci sarebbe da discutere, valga per tutti la bella vignetta di Giannelli oggi sul Corriere in cui il Presidente Pertini, in piedi sulla nuvoletta, invita Berlusconi ad andarsi a fare una vacanza, e che sia piuttosto “incazzato” il vecchio e mai abbastanza rimpianto Sandro, è più che comprensibile visto che, tra carcere e confino, restò recluso per più di quattordici anni. E lo stesso si potrebbe dire di tanti, decine di migliaia. Per quanto riguarda poi la mancanza “delle pianificate uccisioni” Fisichella dimostra di avere, come studioso, alcune insospettate gravi lacune. Probabilmente non ha letto i saggi di Angelo Del Boca che da anni indaga con scrupolo e abbondanza di fonti, sul genocidio compiuto dall’esercito fascista in Etiopia e non solo, durante il periodo della conquista coloniale, in cui vennero impiegati gas tossici, campi di concentramento e fucilazioni di massa. Evidentemente i “negri” non rientrano nel computo totale dei morti, per il Presidente del consiglio e per il senatore Fisichella.
Per rinfrescare la memoria di qualche nostro lettore eventualmente distratto, pubblichiamo un articolo scritto da Del Boca sul Manifesto del 1° novembre 2002. Si tenga infine presente che le ricerche di questo studioso sono ormai universalmente accolte dalla comunità degli storici. Buona lettura, si fa per dire. E che Dio ce la mandi buona….

Marino Bocchi







Mussolini non ha ucciso nessuno?


(…)”Circa 300 amministrazioni comunali elette con suffragio universale sono state costrette a dimettersi: una ventina di giornali socialisti, comunisti, repubblicani, popolari sono stati distrutti; centinaia e centinaia di camere del Lavoro, di Case del Popolo, di cooperative, di sezioni comuniste e socialiste sono state saccheggiate ed incendiate; 15 milioni di popolazione italiana dell’Emilia, del Polesine, delle Romane, della Toscana, dell’Umbria, del Veneto, della Lombardia sono stati tenuti permanentemente sotto il dominio di bande armate che hanno violato i domicili, hanno insultato le donne e i vecchi, hanno ridotto alla fame e alla disperazione centinaia di famiglie, hanno calpestato i sentimenti popolari, dalla religione alla famiglia, hanno fatto impazzire per il terrore e morire dei bambini e dei vecchi. Tutto questo è stato permesso dalle autorità ufficiali, è stato o taciuto o esaltato dai giornali; una pazzia collettiva parve avere invaso la classe dirigente, il Parlamento, i governi (…)” [1].

(…)”I fascisti dal 1° gennaio 1921 al 1° settembre dello stesso anno, distruggono 17 tipografie di giornali, 59 Case del Popolo, 119 Camere del Lavoro, 107 Cooperative, 83 Leghe contadine, 8 società di Mutuo Soccorso, 141 sezioni e circoli comunisti e socialisti, 100 circoli di cultura, 10 biblioteche popolari e teatri dell’università popolare, 28 Sindacati operai, 52 circoli operai e ricreativi, con un totale di 726 sedi di organizzazioni di lavoratori. Nello stesso periodo i lavoratori uccisi dai fascisti sono 166 e i feriti circa 500 [2].

Dal 1917 al 1922 – scrive Gaetano Salvemini– sono circa 6000 i lavoratori uccisi e decine di migliaia quelli feriti dai fascisti, guardie regie, soldati e carabinieri impegnati nel mantenimento dell’ordine pubblico. La forza pubblica – da sola – uccide (nel 1920) ben 2500 antifascisti. Nel 1921 i fascisti, da soli, ne uccidono 2000 e 40000 sono i feriti. Nello stesso periodo 20.000 antifascisti sono costretti ad abbandonare l’Italia. Nel periodo compreso tra l’ottobre 1920 e l’ottobre 1922 i fascisti uccisi sono 300 [3]

I provvedimenti restrittivi a carico dei “sovversivi” sono: il confino di polizia, l’ammonimento, la vigilanza speciale. Il confino di polizia viene irrogato da Commissioni speciali delle quali fanno parte il Prefetto e il Console della milizia fascista; i luoghi di “villeggiatura” sono nelle isole di Ponza (LT); Ventotene (LT); Ustica (PA); Lipari (ME); Tremiti (FG)
Trasformate in veri e propri campi di internamento poiché la misura cautelare del confino di polizia prevede esplicitamente che debba essere scontato – di “norma” – in località interne particolarmente disagiate e prive di comunicazione.

(…)”Ogni settimana in media – confida Altiero Spinelli – la polizia, attingendo da un numero imprecisato di gente fermata, metteva 181 citatdini sotto il regime dell’ammonizione e della vigilanza speciale, ne mandava 11 al confino di polizia e ne denunciava 24 al tribunale speciale. Fra questi ultimi ve ne erano – ogni settimana – condannati circa 6 a pene che andavano da 1 a 30 anni, e la cui media era di circa 6 anni a testa. Ciò per 17 anni ininterrottamente (…)” [4].

Grazia Perrone





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 Romacivica    - 13-09-2003
Fascismo e Deportazioni


Le responsabilità di Mussolini in un documento del '42 conservato nelle Carte di Gabinetto del Ministero degli Esteri Italiano e, in copia, presso il Centro Documentazione Ebraico di Milano. Il documento reca in calce il nulla osta di Mussolini, il che dimostra come già nel '42, quando l'Italia non era ancora occupata dai tedeschi, il duce abbia dato esplicito assenso all'eliminazione degli ebrei croati, pur sapendo perfettamente (come risulta dall'appunto) che sarebbero stati uccisi.
Nella pagina ulteriori approfondimenti.

 Lidia Menapace    - 14-09-2003
E' singolare che il discorso "politico" prosegua su sciocchezze insigni, come quella di paragonare i dittatori e di perpetuare la leggenda di Mussolini dittatore "buono".
E' un vecchio ma valido assunto etico che comunque gli errori altrui non giustificano i nostri, lo sapeva gia' Socrate.
Va ricordato che Mussolini fu alleato di Hitler nello scatenare una guerra di aggressione e preventiva, la seconda guerra mondiale; che fece i primi bombardamenti su popolazioni civili in Etiopia, che ideo' la "guerra totalitaria", quella cioe' che considera la popolazione civile (detta fronte interno) un obiettivo da colpire per far cedere il fronte militare; che le leggi razziali furono emanate anche da noi.
E' un brutto segno che nel ribattere alle ignoranti affermazioni di Berlusconi i piu' si siano imbarcati in varie affermazioni e nessuno abbia ricordato le mortali responsabilita' di Mussolini per le innumerevoli vittime della guerra. Si assolvono facilmente tra loro per questo.
Chi infatti senza alcuna costrizione o paura di svantaggio o pericolo ha votato a favore di guerre recenti, come potrebbe mettere nel suo codice etico il ripudio delle guerre e la responsabilita' per le vittime provocate?
Si puo' usare la ex Jugoslavia per costruire storie di tangenti: ma i morti per bombardamenti, inquinamenti, eccidi sulla coscienza di chi pesano?
Mentre si riversano fiumi di parole su stupide esternazioni quasi passa sotto silenzio la morte della ministra degli esteri svedese, uccisa mentre faceva la spesa in un supermercato senza scorta, da cittadina di un paese neutrale e alieno da pompe e prediche fatte per intimorire la popolazione e che si aggiunge alla ancora oscura uccisione di Olof Palme, il primo ministro svedese che si era impegnato per la soluzione della questione mediorientale.
E le immagini che ci raggiugono dalla Palestina sono sempre piu' il racconto di follie senza misura e di incapacita' irrimediabili: ma non c'e' soluzione di continuita' tra chi litiga sul numero dei morti e produce morti con la sua complicita' nel giustificare, scusare, occultare le guerre.

Centro Ricerca per la pace

 Grazia Perrone    - 25-09-2003
25 SETTEMBRE 1921


Dall’aprile 1919 al settembre 1920 – scrive Luigi Fabbri – (…)” vi furono in Italia, fra piccoli e gravi, più di 140 conflitti con esito letale, e con un totale di più che 320 uccisi di parte operaia. E ad ogni eccidio era bensì nelle masse un momentaneo scatto di sdegno; ma ad esso succedeva, ogni volta un aumento di delusione, un più forte senso di sconforto e di stanchezza, una indecisione maggiore ed un maggiore sfiducia nelle proprie forze (…)” [1].

Tali episodi di violenza squadristica – rileva il sindacalista – crebbero notevolmente in seguito alla ritirata operaia che, abbandonando l’esperienza dell’occupazione delle fabbriche iniziata 18 mesi prima, si rifugiò a difesa dell’esistente. Senza più alcuna prospettiva futura. Le aggressioni – seguendo quasi un “copione” prestabilito – miravano a colpire le organizzazioni operaie che, in un determinato luogo geografico, raccoglievano il maggior numero di consensi e di adesioni. Così (…)”dove, come a Reggio Emilia e Modena, prevalevano le organizzazioni riformiste, si assalivano queste, a Bologna e a Ferrara le organizzazioni massimaliste unitarie; a Treviso le organizzazioni repubblicane; nel Bergamasco le organizzazioni cattoliche; a Caparra e nel Valdarno le organizzazioni anarchiche; a Piacenza, a Sestri e a Parma le organizzazioni sindacaliste (…); a Torino le organizzazioni comuniste, ed in qualche luogo, come a Padova, perfino degli organismi cooperativi del tutto apolitici o amministrati da uomini dell’ordine (…)” [2].

Per far scattare la violenza fascista era sufficiente che fossero organizzazioni di base (su questo punto il giudizio storico, è unanime) gestite da operai e contadini: leghe o camere del lavoro; uffici di collocamento o federazioni di lavoratori, biblioteche o giornali; cooperative di consumo o di produzione; società operaie di mutuo soccorso ma, anche, circoli ricreativi, caffè, osterie e … singole abitazioni. In questo contesto di illegalità diffusa nacque – ispirata da ambienti governativi [3] - la milizia irregolare fascista che si macchiò di numerosi eccidi che andarono via via aumentando di intensità e di ferocia in seguito alla vittoria elettorale [4] socialista.

Violenza che non risparmiò neppure i parlamentari. Ricorre oggi, infatti, l’anniversario dell’omicidio di Giuseppe Di Vagno, deputato socialista, al quale spetta il triste primato di essere stato il primo componente del Parlamento italiano caduto in un agguato fascista. La cui responsabilità politica è ascrivibile direttamente a Mussolini.

L’omicidio politico avvenne nella terra d’origine del parlamentare socialista, ovvero, a Conversano, in Puglia. Subito dopo aver inaugurato, in un paese limitrofo, la locale sede del Partito Socialista Italiano.

Un chiaro messaggio di intimidazione “mafiosa” si direbbe oggi.

E che sarebbe bene non dimenticare.


Note:
[1]
cfr. Luigi Fabbri – La controrivoluzione preventiva – Pistoia, 1975. pag. 28.
[2] ibidem, pag. 60.
[3] Una circostanziata denuncia, in tal senso, fu pubblicata su L’ordine Nuovo (diretto da Antonio Gramsci) del 2 ottobre 1921 n. 274.
[4] consultazione amministrativa svoltasi nel periodo ottobre/novembre 1920 che segnò una netta affermazione socialista che guadagnò, in tutta Italia, oltre 3000 comuni strappandoli alla destra.