I GIORNI DI CEFALONIA
Ipsc "Einaudi" - Sora - 07-09-2003

L’8 settembre 1943 la Divisione Acqui che presidiava le isole di Cefalonia e Corfù agli ordini del generale Antonio Gandin, si trovò di fronte all’ alternativa di arrendersi e cedere le armi ai tedeschi o affrontare la resistenza armata.
Tra il 9 e il 14 settembre si svolsero estenuanti trattative tra Gandin e il tenente colonnello tedesco Barge che intanto fece affluire sull’isola nuove truppe fino a raggiungere la superiorità numerica sugli italiani che erano partiti con un rapporto di forza di 6 a 1.

All’alba del 13 settembre alcune batterie italiane aprirono il fuoco su due grossi pontoni da sbarco carichi di tedeschi. Barge rispose con un ultimatum che conteneva la promessa del rimpatrio degli italiani una volta arresi. Gandin che avrebbe voluto a tutti i costi salvare i suoi 11.500 "figli di mamma", forse messo alle strette da alcuni ufficiali che chiedevano a tutti i costi di resistere ai tedeschi, chiese ai suoi uomini di pronunciarsi,tramite un referendum, su tre alternative:alleanza con i tedeschi, cessione delle armi, resistenza.


I soldati scelsero quasi all’unanimità di resistere.Il 15 settembre cominciò la battaglia che si protrasse fino al 22 settembre, con terribili bombardamenti degli Stukas che decimarono le truppe italiane; esse si difesero con eroismo, ma non ci fu scampo: la città di Argostoli fu distrutta, 85 ufficiali e 1.250 soldati caddero in combattimento. La Acqui dovette arrendersi, la vendetta tedesca fu spietata e senza ragionevole giustificazione. Il comando superiore tedesco ribadì che," a Cefalonia, a causa del tradimento della guarnigione, non devono essere fati prigionieri di nazionalità italiana. Il generale Gandin e i suoi ufficiali responsabili devono essere immediatamente passati per le armi secondo gli ordini del Fuhrer".



Il 24 settembre Gandin venne fucilato alla schiena; in una scuola 600 soldati italiani con i loro ufficiali furono falciati dal tiro delle mitragliatrici; 360 ufficiali furono uccisi a gruppetti nel cortile della casetta rossa, secondo gli ordini del generale Hubert Lanz: "Gli ufficiali che hanno combattuto contro le unità tedesche sono da fucilare con l’eccezione di: fascisti, ufficiali di origine germanica, ufficiali medici, cappellani.

Fucilazioni fuori dalla città, nessuna apertura di fosse, divieto di accesso ai soldati tedeschi e alla
popolazione civile, nessuna fucilazione sull’isola, portarsi al largo e affondare i corpi in punti diversi dopo averli zavorrati".

Circa 3.000 superstiti, caricati su tre piroscafi con destinazione i lager tedeschi, scomparvero in mare affondati dalle mine. Molti dei superstiti si rifugiarono sulle montagne dell’isola e si costituirono nel raggruppamento "Banditi della Acqui", continuando la resistenza insieme ai partigiani greci e fino alla liberazione.













  discussione chiusa  condividi pdf