Immissioni in ruolo sempre più irreali
Francesco Paolo Catanzaro - 11-07-2003
Un tempo si aspettava il concorso a cattedre per avere esauditi i propri sogni e passare di ruolo nella scuola. Eri lì, soddisfatto della tua "cultura", che esimi professori avevano verificato e venivi catapultato nel burocratico canale che ti portava a coprire una cattedra, mobile di legno e loco reale, che avresti amato per i primi anni di vita scolastica e poi sempre più sopportato fino al traguardo estremo della pensione. Alcuni docenti addirittura annullavano nella loro mente la possibilità della pensione e giuravano che sarebbero stati in cattedra fino all'esalazione dl loro ultimo respiro, mentre le generazioni di studenti cambiavano e loro rimanevano fermi nel loro concetto di cultura cattedratica. Altri tempi! Altri sogni!
Ora per passare di ruolo non bastano più selezioni, contro-selezioni, guerre tra precari fino all'ultimo punto in graduatoria, fare figli,avere più mogli, collezionare abilitazioni come anticamente le figurine della Mira Lanza con Calimero protagonista o Maria Rosa, Maria Rosa, l'olandesina volante. Nessuno sembra smuovere le posizioni dei ministri del Tesoro, del Bilancio e della Pubblica Istruzione per gratificare il lavoro svolto dai numerosi insegnanti che sempre più nevrotizzati ora sono arrivati a santificare i loro ministri sperando di ottenere grazie.
Ma a sentire le ultime notizie si entra in una zona sempre più sconfortante! Il risultato potrebbe essere solo “la elevazione al soglio cattedratico in ruolo” di alcuni precari forse negli anni a venire,quelli più robusti, i nuovi gladiatori della scuola del duemila, dopo la cruenta lotta fra Sissini e precari storici. Dall'alto un angelo, un Mercurio recherà una busta al novantenne insegnante con dentro scritto: "Complimenti in quest'anno scolastico la S. V. verrà immessa in ruolo nella scuola italiana”.Un sorriso pallido, stremato. Seguirà il rantolo finale del povero precario santificato

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 ilaria ricciotti    - 11-07-2003
E' proprio per questo, caro Francesco Paolo, che io personalmente, dopo 37 anni di servizio e 55 di età anagrafica ho deciso di lasciare questa Istuzione che non sento più mia. Inoltre gli acciacchi cominciano a farsi sentire, la pazienza sta venendo meno e, pur essendoci, forse più di prima, molto entusiasmo nel dare ai ragazzi ciò che ho dentro di me come donna e come professionista, nonostante ciò, debbo ringraziare il Ministro Moratti che entro il 10 gennaio 2002 mi ha quasi costretta, in base alla nuova normativa, a fare una scelta molto importante: continuare a rimanere a scuola fino a, diciamo pure, 90 anni, o lasciare spazio a quei precari giovani o "stagionati" di cui tu parli. Io personalmente non ho voluto essere tra quei docenti ormai attempati che fisiologicamente e psicologicamente a 63 anni o più, essendo lontani mille miglia dalle nuove generazioni, non faranno altro che riscaldare la sedia ed aspettare quella busta paga che sarà sempre più alleggerita. Per questo mi reputo fortunata e mi dispiace per quanti tra voi dovranno rimanere ancora tanto tempo in una scuola che sta creando a molti soltanto danni, malessere e frustrazioni. Peccato! A proposito la mia decisione è stata molto sofferta, ed è proprio per questo che non vi dimenticherò, anzi continuerò a lottare perchè la scuola trovi quella giusta dimensione e quel rispetto che le è dovuto. Mi scuso per essere uscita fuori tema, ma ho approfittato di questo articolo per parlare anche di quei docenti in fuga.