breve di cronaca
Una minaccia da sconfiggere
Rolando A. Borzetti - 29-06-2003
Al di là di forme esasperate, cresce in modo trasversale e pervasivo - al nord come al sud, scavalcando anche l'intensità della pratica religiosa e l'orientamento politico, anche se più marcato nel centrodestra - il razzismo condito da stereotipi nei confronti di stranieri, ebrei e musulmani. Secondo una ricerca promossa dall'Unione delle Comunità ebraiche italiane e condotta dal Dipartimento di ricerca sociale e metodologia sociologica “Gianni Statera” presso la facoltà di Sociologia dell'Università La Sapienza su 2.200 ragazzi tra i 14 e i 18 anni di 110 Comuni italiani, per il 50,9% gli immigrati "alimentano la prostituzione", rendono "meno sicura la vita nelle nostre città" (47,8%) e "di questo passo saranno più di noi" (46,5%): una risposta che è sintomo della “sindrome dell’invasione e dell’accerchiamento”. Per il 64,9% i musulmani, "anche se sono in Italia da molti anni, sono fedeli solo al mondo islamico" e sostengono il terrorismo internazionale (52,2); il 23,8% afferma che "i primi a fare discriminazioni razziali sono gli ebrei". Per quanto riguarda gli immigrati, il 37,3% degli intervistati è convinto che portino “al degrado i nostri quartieri e i posti in cui vivono”, mentre il 32,8% afferma: “Sottraggono agli italiani case e lavoro”; per il 24,1% “inquinano le nostre tradizioni e la nostra cultura”, per il 21,2% “portano malattie”. Passando ai pregiudizi nei confronti dei musulmani, il 56,2% del campione sostiene: “Hanno leggi crudeli e barbare”; per il 47% sono “integralisti e fanatici”, mentre il 33,2% sentenzia: “Stanno invadendo l’Italia”.

Per quanto concerne gli ebrei, Campelli ha rilevato “una quota minore di antisemitismo feroce, che non ha più bisogno di assumere forme esasperate: si tratta di una piramide bassa a base larga, probabilmente analoga a quella che tocca immigrati e musulmani”. Per il 34,6% degli intervistati “il potere finanziario nel mondo è in gran parte in mano agli ebrei”, che si sentono “superiori a tutti gli altri” (22,5); secondo il 17,5% dei ragazzi interpellati “gli ebrei devono tornarsene tutti in Israele”. Secondo l’analisi del professor Campelli, occorre guardarsi anche dagli stereotipi positivi, “che alla lunga possono rivelarsi pericolosi e comunque contengono una carica di antagonismo e un modo di tenere a distanza l’altro, considerandolo diverso”. Il 62% degli intervistati afferma anche – infatti – che gli immigrati con la loro presenza “rappresentano un’occasione perché il nostro paese diventi più aperto e solidale” e danno “un grande impulso al benessere economico dell’Italia” (32,9%), arricchendo la nostra cultura (46,8). Apprezzamenti anche per la cultura musulmana “fondata su valori morali e religiosi molto profondi e significativi” (57,6%).
lo studio rileva che soltanto il 12% degli intervistati si dichiara “favorevole” al multiculturalismo, mentre il 25,1% del campione è “colonialista” (imporre la propria cultura agli stranieri), il 24% “paternalista” (sguardo compassionevole nei confronti delle altre “popolazioni sfortunate”), il 22,7% pragmatico, il 5,7% contrario e soltanto il 6,6% “solidale”.

Non emerge uno scenario più roseo dall’analisi degli atteggiamenti nei confronti delle differenze culturali: se il 43% punta alla loro “valorizzazione”, il 19,2% esprime “un’accettazione pragmatica” e per il 17,7% (classificato nella categoria dell’umanesimo antidifferenzialista) le differenze “sono un male e gli uomini dovrebbero essere tutti uguali”, spiega il sociologo Enzo Campelli, che ha condotto la ricerca. Il 10,1% del campione opta per la “limitazione”, cioè per limitare la diversità all’ambito privato, senza alcuna tutela pubblica; il 5,4% la nega, ritenendola una “cultura illegittima”, mentre il 4,6% sceglie il “differenzialismo” perché è convinto che “gli scambi contaminino, ha paura del futuro meticcio e vede la salvezza nell’isolamento, conservando la purezza di ciascun gruppo”, ha rilevato Campelli.

La scala di razzismo contenuta dalla ricerca assume contorni piuttosto preoccupanti: un ragazzo su 5 risulta razzista (il 20,8% tra i valori medio alti, il 10,8 tra i valori alti, ma il 7,8% tra quelli molto alti); nelle aree territoriali spicca il “profondo nord” (27,8%) per i valori alti di razzismo, ma in quelli medi si oscilla tra il 53 e il 60% in tutta Italia. Secondo l’orientamento politico, se i razzisti con valori alti nella scala sono presenti soprattutto nella destra (57,4%) e nel centro-destra (39,7%), tra i moderati del centro si registrano valori medi molto significativi (66,8%), rilevanti anche nel centro-sinistra (45,7%) e anche nella sinistra (38,7%). Una “strana trasversalità” emerge anche nella sfera della pratica religiosa, nota Campelli: quando l’intensità del sentimento religioso è medio-alta, risulta anche alto (23,2%) il valore del razzismo, che scende appena al 22% all’aumentare al massimo grado dell’intensità della pratica religiosa.

(Tratto dal sito di Redattore sociale)

Quale risposta dare ai risultati di questa ricerca?
Non dimentichiamo che il futuro dell'Europa è basato sulle sue diverse peculiarità culturali, religiose ed etniche. Il razzismo, la xenofobia e l'antisemitismo sono fenomeni diametralmente opposti a questi principi. Essi provocano una minaccia che deve essere sconfitta in tutta Europa.


  discussione chiusa  condividi pdf

 ilaria ricciotti    - 29-06-2003
Soltanto pretendendo che tutti rispettino certe regole,
a mio avviso, si potrà sconfiggere questa minaccia tangibile, quotidiana che si sta soffiando non solo verso gli stranieri, ma anche nei confronti di quelli italiani che, o politicamente la pensano diversamente o addirittura vivono condizioni di vita non certo da nababbi. Pertanto continuare a pretendere che tutti, plebei e patrizi, rispettino la Costituzioni e le leggi dello Stato è secondo me un modo per allontanare o quantomeno tamponare tale minaccia, molto ma molto pericolosa per il futuro dei nostri giovani e di quelli che abitano questo nostro pazzo, ma pur bellissimo Mondo.