Lettera aperta a Maurizio Tiriticco
Anna Pizzuti - 26-06-2003
Buongiorno ispettore,

ho seguito sempre con interesse tutti i suoi interventi sulla riforma, in particolare quelli in cui lei si occupa e preoccupa del destino assegnato all’Istruzione professionale, all’interno del sistema duale.
A sollecitarmi a scriverle è stata la sua analisi riguardante l’accordo quadro per la realizzazione dall’anno scolastico 2003/2004 di un’offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale nelle more dell’emanazione dei decreti legislativi di cui alla legge 28 marzo 2003, n.53.
Analisi che lei compie a partire dalla domanda: Accordo quadro: più rischi o più opportunità?

Assumendo l’atteggiamento non pregiudiziale con il quale lei invita tutti a riflettere e ad agire, in questi frangenti, metto da parte il sospetto che questo accordo nasca non tanto dalla presa di coscienza da parte del Ministro di un errore di valutazione della propria forza politica (la quantità di tempo che intercorre tra l’abolizione della legge 9/99 e l’attuazione della riforma) ma dalla volontà - del resto preannunciata dalle convenzioni della scorsa estate - di far rientrare in gioco, già a partire dal quattordicesimo anno di età, la formazione professionale come opzione di scelta del tutto corrispondente a quella della scuola.

Sospetto reso anche legittimo dalla considerazione che – una volta abolita la legge sull’obbligo scolastico ed in mancanza della nuova legge – non si vede perché un ragazzo non possa tranquilla mente iscriversi ad un corso di qualifica professionale, biennale o triennale che sia. Senza tante storie E con grande soddisfazione di tutti quegli enti, regionali, provinciali e privati, che dalla legge 9/99 si erano sentiti seriamente danneggiati.

Mettiamolo da parte, questo sospetto, ed entriamo nel merito.

Il rischio che lei individua nell’accordo risiede nell’intento, dichiarato in premessa, di proporre modelli di innovazione didattica, metodologica ed organizzativa che coinvolgano solo l’istruzione e la formazione professionale, con esclusione dei licei.

Leggendo, mi è tornato in mente quello che lei scriveva nel suo precedente intervento – “Due gambe o un millepiedi? - dal quale cito:

“Quando si parla di formazione professionale, molti pensano ancora alla vecchia maniera, al lavoro manuale esecutivo e ripetitivo! Ma è formazione professionale anche quella di un avvocato o di un giornalista o di un chirurgo. In effetti istruzione e formazione costituiscono sempre e comunque un’endiadi, oggi soprattutto con l'evoluzione dei saperi, delle tecnologie, dei profili professionali! Un cuoco, un parrucchiere, un sarto sono professioni a tutto tondo! Tutta l'istruzione/formazione è istruzione/formazione generale e professionale! Restituiamo in primo luogo dignità alle professioni, a TUTTE, e la ricaduta sui processi formativi si verifica di conseguenza... Se crediamo ad una democrazia reale e se siamo convinti che nemmeno uno deve restare indietro!”

Purtroppo, però, non credo che siano queste le intenzioni in base alle quali opera e procede il legislatore.

Che dà per scontato – e qui non possiamo dargli torto – che la stragrande maggioranza dei ragazzi che finora hanno adempiuto per legge all’obbligo scolastico fino a quindici anni, lo hanno fatto nell’istruzione professionale. Ed è qui che si sono iscritti, anche per quest’anno.

Un dato incontrovertibile, il primo dal quale dobbiamo partire per stare nelle cose e per , come lei stesso ci chiede, raccogliere la sfida.

Che non può prescindere da una attenta analisi del testo e soprattutto del punto 3, che recita:

(le parti contraenti) stabiliscono – anche al fine di consentire allo studente, che sceglie la nuova offerta, di continuare il proprio percorso formativo attraverso modalità che agevolino i passaggi ed i rientri fra l’istruzione e la formazione professionale e viceversa – che tali percorsi sperimentali debbano essere rispondenti alle seguenti caratteristiche comuni:

 avere durata almeno triennale;

 consentire il conseguimento di una qualifica professionale riconosciuta a livello nazionale e corrispondere almeno al secondo livello europeo (decisione del Consiglio 85/368/CEE).

 contenere, con equivalente valenza formativa, discipline ed attività attinenti sia alla formazione culturale generale sia alle aree professionali interessate
;


L’offerta formativa prevista dall’accordo, viene definita sperimentale, nata “nelle more dell’emanazione dei decreti delegati previsti per l’attuazione del diritto-dovere di istruzione e formazione”, eppure le viene assegnata, perché abbia valenza formativa, una durata “almeno” triennale.

E già questo la fa diventare un “paletto”, nonostante la dichiarazione in premessa che lo esclude (La realizzazione di tale offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale non predetermina l’assetto a regime dei percorsi del sistema dell’istruzione e della formazione professionale, da definirsi attraverso l’adozione delle norme attuative sopra richiamate.)

Per non parlare da quel “ a partire dall’anno scolastico 2003 – 2004” che, se l’italiano non è un’opinione, sta ad indicare uno spazio di tempo che mal si adatta ad una “sperimentazione”.

Ma a questi giochetti siamo abituati, purtroppo.

Alcune delle parti sociali presenti agli incontri che hanno preceduto l’accordo, sostenevano che , poiché i ragazzi frequentanti, nell’a.s. in corso, l’ultimo anno della media inferiore si sono iscritti alla 1^ classe della scuola secondaria superiore, essendo a gennaio scorso ancora vigente la legge 9/9, occorre considerare valida quell’iscrizione. Anche in presenza di questo accordo. Che potrebbe essere realizzato integrando le attività curricolari con attività di formazione professionale, con progetti a tal fine costruiti tra scuola e centri di formazione professionale.
In questo modo verrebbero recuperati i contenuti del regolamento attuativo della legge 9/99, e sarebbe garantita la parte di formazione culturale a carico della scuola. E così non si porrebbero nemmeno i problemi della definizione di standard, di riconoscimento di crediti,etc., che sono complessi e richiedono un tempo decisamente più lungo di quanto l’emergenza consenta.

Teniamo fermo questo punto, forti dello stesso dettato dell’accordo, nel quale si legge che i percorsi debbono contenere, con equivalente valenza formativa, discipline ed attività attinenti sia alla formazione culturale generale sia alle aree professionali interessate.

Questa la vera sfida, a mio avviso.

Resa ancora più urgente dal fatto che, se andiamo a guardare cosa stabilisce la decisione sel Consiglio 85/368/CEE, riguardante la corrispondenza delle qualifiche di formazione professionale tra gli stati membri delle Comunità europee, scopriamo di che tipo effettivamente è la formazione che dà accesso al LIVELLO 2 e cioè una:

istruzione obbligatoria e formazione professionale (compreso in particolare l'apprendistato)
Questo livello corrisponde ad una qualifica completa per l'esercizio di una attività ben definita con la capacità di utilizzare i relativi strumenti e tecniche.
So tratta principalmente di un lavoro esecutivo che può essere autonomo nei limiti delle tecniche ad esso inerenti
.”

Un obiettivo decisamente limitativo, ancor più se si considera l’”almeno” che, nell’accordo, precede il riferimento e se lo si mette a confronto con gli intenti dichiarati dai firmatari.

Molto coerente, però, con la natura e la funzione della formazione professionale.

Caro ispettore, oltre ad insegnare in un Istituto Professionale, ho già sperimentato, percorsi integrati con la formazione professionale in attuazione del regolamento sull’obbligo scolastico e su quello formativo. Ed anche iniziative di ri-orientamento per i ragazzi che a quell’obbligo non stavano assolvendo, proposte dalla scuola, dall’ufficio per l’impiego e da rappresentanti del mondo dell’impresa.
Credo quindi di non essere tra i “miopi” dei quali lei parla al termine del suo intervento.

Questa esperienza mi ha portato a conoscere qualcosa della Formazione professionale, a partire dalla riforma di qualche anno fa, che ha inserito nella sua offerta formativa anche moduli di italiano, matematica, inglese ed educazione fisica. E’ chiaro quindi cosa temo? Che questo costituisca una specie di “precedente” per spostare il baricentro del sistema duale proprio verso la formazione. Con le conseguenze che lei può immaginare.

Concludo questa lettera, della cui lunghezza mi scuso, chiedendole se e quanto questo primo esperimento di “dualismo” si inquadri nel “nuovo scenario di dibattito e di confronto” per citare le sue parole, rispetto al quale il fronte del NO sarebbe perdente, come lei in altra sede ha affermato, e più praticamente, quale debba essere, a suo avviso, il comportamento dei collegi dei docenti che saranno chiamati a deliberare se attuare o no l’accordo.

La ringrazio dell’attenzione che vorrà riservarmi e la saluto cordialmente
Anna Pizzuti

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