Mobbing: una frattura relazionale
Grazia Perrone - 13-06-2003
Potrei definire così il senso intrinseco del Convegno (MOBBING: rilevanza sociale e forme di tutela nel pubblico, nel privato e nella scuola dell’autonomia) svoltosi venerdì 6 giugno presso l’Aula Magna della Corte d’Appello in Bari.

Al convegno – patrocinato, tra gli altri, dal MIUR, dall’Università agli studi di Bari e dall’Ordine degli Avvocati di Bari – hanno presenziato numerosi relatori i quali hanno “illuminato” da angolazioni diverse (in un’ottica … interdisciplinare) i molteplici aspetti del “pianeta” mobbing con relazioni di alto spessore culturale, giuridico e scientifico.

Senza far torto ad alcuno vorrei soffermarmi – in questa nota – su 4 di esse poiché contengono – a parer mio – i maggiori elementi di riflessione e di elaborazione critica. Esse – nell’ordine di esposizione – sono:

1. Prof. Avv. Tommaso Germano Docente di Diritto e Previdenza Sociale dell’Università di Bari;
2. Dott. Pietro Curzio magistrato presso la Corte d’Appello di Bari;
3. Senatrice Marida Dentamaro (Udeur);
4. Dott. Giovanni Lacoppola Dirigente MIUR-Puglia.

Il Prof. Germano ha rilevato - in premessa - che il mobbing è un fenomeno sociale noto da tempo che trova fondamento sociologico nell’individualismo più sfrenato che si coniuga in prevaricazione sistematica soprattutto a causa della mancanza di una legislazione ad hoc che - in una situazione di incertezza del diritto violato – produce una, sostanziale, impunità sociale. Ha, poi, relazionato sulle varie proposte giuridiche presentate in Parlamento dalle forze politiche in un’ottica “trasversale”. Ovvero che le comprende tutte: da Rifondazione Comunista ad Alleanza Nazionale. Questa “proliferazione” legislativa è sicuramente un indicatore di attenzione sociale ma – in mancanza di determinazione finale – appare anche come una forma di “propaganda” a buon mercato. Il docente universitario dopo aver rammentato il lavoro del Prof. Michele Oricchio (Il mobbing nel pubblico impiego) che ha avuto il grande merito di esplicitare in forma compiuta il fenomeno mobbing anche nel pubblico impiego è passato ad elencare alcuni aspetti – a parer suo – di criticità nella legislazione esistente che non si è minimamente uniformata per far fronte alle notevoli variazioni ordinamentali (in merito ad una nuova concezione di tutela del lavoro subordinato) in seguito alle trasformazioni prodotte nel pubblico impiego in seguito alla privatizzazione del rapporto di lavoro (legge 29/93 e successive). In particolare si è soffermato sull’art. 5 comma 4 della legge sulle pari opportunità che pone in carico al querelante l’onere della prova in caso di citazione in giudizio e ne ha richiesto il ribaltamento ... cosa, del resto, esplicitata anche nei disegni di legge in discussione presso la Commissione parlamentare competente. Richiesta – questa – che ha suscitato un gustoso “battibecco” con il Prof. Cianciola il quale ha considerato – nel suo intervento - questa richiesta un esempio di “inciviltà” giuridica. Osservazione prontamente rintuzzata dal prof. Germano che ha rammentato al suo interlocutore che (…)”tutte le proposte di legge in discussione prevedono la denuncia penale per il ricorrente nel caso in cui le accuse formulate dovessero rivelarsi – in sede di giudizio - false e lesive dell’onorabilità del soggetto accusato di praticare il mobbing (..)”.

L’intervento del Dott. Curzio – più tecnico rispetto al precedente – si è soffermato, in primis, sulla considerazione che – allo stato – manca, nel nostro Paese, una definizione giuridica del mobbing che sia condivisa e univoca a livello nazionale. Di più. Il magistrato – dopo aver rammentato ai presenti che la Regione Lazio si è gia dotata di una legislazione anti-mobbing – paventa il rischio che – in mancanza di una iniziativa legislativa centrale – vi sia una “proliferazione” legislativa a livello locale in forza del disposto normativo scaturito dalla modifica del Titolo V della Costituzione. A ciò andrebbero aggiunti – nella “querelle” di definizioni giuridiche e di interventi legislativi – i vari Contratti collettivi che – specie nella pubblica amministrazione – prevedono esplicitamente una parte giuridica avente valore erga omnes. Nel ribadire che la pratica mobbistica va a colpire il singolo soggetto nei suoi diritti minimi (o naturali secondo la definizione lucreziana), il magistrato barese ha elencato gli aspetti giurisprudenziali esistenti nel nostro ordinamento al fine di tutelare l’integrità psico-fisica del lavoratore. A cominciare dal celeberrimo articolo 2087 del Codice Civile che, sia pur datato (è del 1942!), costituisce – allo stato – la fonte giuridica maggiormente utilizzata dalla magistratura del Lavoro in caso di contenzioso giurisprudenziale (è possibile visionare l’articolo in oggetto – con un breve commento – all'indirizzo: Il mobbing “declinato” da De Mauro.) . E’ passato, poi, ad evidenziare l’evoluzione della giurisprudenza del lavoro che ha compiuto – in questi anni – una sorta di “supplenza” del legislatore istituendo e recependo (attraverso sentenze passate in giudicato) quanto di innovativo - in tema di tutela della persona - proveniva dalla società civile. In un’ottica interdisciplinare come dicevo in premessa. Ovvero, recependo quello che gli studi di Leymann (in Svezia) prima, e Harold Age dopo, hanno evidenziato in materia di danno biologico (che – esplicitando aspetti patologici - è possibile stabilire attraverso esami diagnostici specifici) e di danno esistenziale più difficile da comprovare in sede giurisprudenziale poiché non manifesta sintomatologie “visibili” ma che attiene la “persona” nella sua … integrità sociale e affettiva.

La Sen. Dentamaro – replicando al Dott. Curzio - ha escluso la possibilità di uno stravolgimento normativo del Codice di procedura civile che – anche con la modifica del Titolo V della Costituzione – rimane saldamente di esclusiva competenza statuale (inteso come organo legislativo centrale). Più possibilista, invece, si è dichiarata per quanto concerne la devoluzione amministrativa di alcuni aspetti della vita sociale. Come – ad esempio - la scuola e la sanità in cui non ha escluso la possibilità – per le Regioni – di formulare regole (norme!) amministrative che potrebbero contribuire a creare confusione interpretativa (di natura culturale e giuridica) sul tema in oggetto. Nel ribadire la disponibilità del centro-sinistra ad attivarsi affinché anche il nostro Paese si doti di una legislazione anti-mobbing che miri ad eliminare e prevenire i conflitti nei luoghi di lavoro la parlamentare ha denunciato l’inerzia delle forze governative e – in particolare – dell’undicesima Commissione i cui lavori sono sospesi da circa un anno.

L’intervento del dott. Lacoppola è stato breve ma intenso di pathos. Dopo aver premesso – con una battuta fulminante – che non avrebbe parlato del “suo” mobbing ha denunciato la presenza nella scuola (ed in particolare in provincia di Bari) di una conflittualità dapprima latente e ora sempre più manifesta e diffusa. Conflittualità che è esplosa a partire dalla formulazione del decreto che ha conferito autonomia gestionale e amministrativa alle singole istituzioni scolastiche nonché la dirigenza a soggetti non in possesso di … adeguati e documentati requisiti relazionali in merito alla gestione delle risorse umane. Nelle scuole pugliesi – ha denunciato il dirigente – è in atto una guerra di tutti contro tutti. Docenti contro dirigenti; dirigenti contro docenti, DSGA e personale ATA. Sempre più spesso i rapporti interpersonali – quando non vengono “devoluti” all’autorità giudiziaria con tutte le conseguenze in tema di inasprimento delle relazioni professionali e di peggioramento del “servizio” scuola facilmente intuibili – sono caratterizzati da insulti, insinuazioni, determinazioni arbitrarie e al limite della correttezza giuridica. Insomma dal MOBBING.
Una considerazione amara specie se si considera che la scuola è – o dovrebbe essere – il luogo della relazione per eccellenza. Quella relazione – tipicamente umana – che si coniuga in un’infinità di atteggiamenti positivi ed emulativi in cui – ahimé – l’emarginazione e la discriminazione umana e sociale lungi dall’essere bandita, denunciata e rimossa viene praticata, tollerata e … ignorata.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Alfredo SIGNORILE - FOGGIA    - 17-08-2003
Sono un mobbizzato patrocinato dal Prof. Germano.
Le lesioni del mobbing sono permanenti e solo chi le ha provate può valutarne la consistenza.

Il Prof. AGE ha centrato particolarmente lo stato d'animo del mobbizzato per cui, in quelle condizioni, si perde anche la capacità d'intendere e di volere e si firmano dimissioni o altri documenti come in "trance", con il solo desiderio di liberarsi da una condizione di estremo disagio. Sacrosanta la sentenza di cassazione n. 7485 del 14/5/2003 in Guida del lavoro n.27 del 4/7/2003.