breve di cronaca
Effetto No Global si svuotano le scuole
La Repubblica - 18-11-2001
Effetto No Global si svuotano le scuole

Ma gli studenti disertano la piazza. Prime occupazioni

Nel giorno della disobbedienza civile Napoli scopre l'altra faccia della protesta. Tra aule deserte e assemblee: "Una strana epidemia"

di GIANTOMASO DE MATTEIS

C'è chi usa la vecchia battuta dell'ex ministro della Pubblica Istruzione, Franca Falcucci: «Che volete, è il tempo delle castagne». C'è chi parla di una «nuova inspiegabile epidemia» che sta decimando la popolazione scolastica. E chi arriva subito al nocciolo della questione e interpreta l'ondata di occupazioni, assemblee, autogestioni con una sola parola: disagio. Mettici la bella giornata dedicata alla disobbedienza contro la guerra, mettici la finanziaria e la Moratti, la scuola popolare e il cineforum negato e trovi le aule di licei e istituti superiori deserti. O quasi. Provate a chiedere ai prof, a presidi e personale Ata che cosa sta accadendo. Ti rispondono con le cifre. Le percentuali degli ingressi. Al liceo «Umberto», per esempio. Dove ha seguito le lezioni meno della metà della popolazione studentesca. Ti aspetti che siano in massa a dare man forte ai No Global. Non ci sono, o meglio li conti sulle dita della mano. Una ventina. «Non ci si può basare sui dati», si giustifica Antonio, responsabile della rete campana per gli studenti. «Loro sono più abituati alla piazza che a portare a termine un blitz». E allora dove sono gli alunni del «Pansini» di piazza Quattro Giornate? Anche qui le aule sono semideserte. L'istituto è dimezzato. «C'è aria di occupazione dopo la rivolta all' «Alberti» e al «Fortunato»», ti risponde la segreteria. Passando al «Vittorio Emanuele II» ti accorgi che solo uno striminzito 20 per cento di alunni ha fatto regolarmente lezione. Al «Serra» invece sono entrati in 80. Capitolo a parte meritano i «duri» dell'occupazione. Il bollettino degli istituti più «caldi» dove spira il vento della protesta parla chiaro: il «Fonseca» è occupato e il «Labriola», pure. Ma in serata arriva lo sgombero con i celerini che invitano i «disubbidenti» a lasciare l'istituto. Allo «Sbordone», un liceo scientifico di circa 1200 alunni, c'è assemblea permanente. Al «Genovesi» impera lo stato di agitazione. Le rivendicazioni, nel giorno della disubbidienza, sono molteplici. Un minestrone: la guerra, la finanziaria, tagli alla scuola pubblica, aule fatiscenti, il preside autoritario, doppi turni, sedi distaccate, il cineforum negato, la Nato. «Ogni istituto caratterizza la sua protesta», ammette Daniele del liceo «Umberto». «Non esiste un vero e proprio coordinamento». Confusione, insomma. E a soffrirne è la scuola. Che negli ultimi tempi è diventata il «luogo» delle vertenze e delle controversie sul «diritto alla studio». Il preside del «Caccioppoli» che denuncia sei studenti (tra cui tre minorenni) per una tentata occupazione. E gli alunni che si rivolgono all'ufficio legale della Cgil per chiedere come «essere tutelati». Ieri è toccato al dirigente del liceo scientifico «Labriola» presentare richiesta di sgombero (e relativa denuncia). Venerdì al «Volta» sono arrivati i poliziotti. Di più. Al VI Itis di via san Domenico, uno dei primi istituti, «beffati» dall'antrace, da due settimane gli studenti dopo la prima ora abbandona le classi. La motivazione? I ragazzi sostengono che il collegio dei docenti e il consiglio di istituto avrebbero eliminato i corsi di recupero per dirottare i fondi per la creazione di un laboratorio teatrale. Falso, replica un professore. Qualcuno ha diffuso tra gli studenti notizie tendenziose. La questione non è stata ancora deliberata dal consiglio di istituto. E il prof propone un esposto alla magistratura. Proposta bocciata dai dirigenti scolastici. Un clima che certo non bene alla scuola. Con i familiari preoccupati e che devono fare i conti con i figli privi del supporto didattico essenziale. «Se si fa ricorso a motivi pretestuosi per evitare le lezioni significa che qualcosa manca», dice Giuseppe Cuoco, presidente del consiglio di istituto del «Caccioppoli». «E questo significa che c'è confusione, che la scuola non piace più, non dà sufficienti motivazioni. Mia figlia lamenta spesso che tra i suoi coetanei non ci sono più ideali. Noi come genitori siamo combattuti: reprimere la loro protesta sarebbe un errore. Ma è pure un errore assecondarla sempre». Felice Sommese, segretario provinciale della Cgil Scuola fa un distinguo: «D'accordo, questo non è il Sessantotto, non è la Pantera, non è un movimento: anzi, è difficile trovare in tutte questa ridda di voci una sintesi. Ma anche la scuola si è fermata sui programmi e non è cresciuta. Non si è nemmeno accorta che c'è stato un 11 settembre e gli studenti fanno domande sulla guerra ma non hanno risposte. Ognuno deve fare la sua parte. Un fatto è positivo: gli studenti se scendono in piazza significa che vogliono tornare protagonisti. E forse la società che vogliono cambiare è possibile».

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