breve di cronaca
OCSE: stipendi bassi ma i docenti italiani lavorano poco
Corriera della sera - 05-11-2001
Stipendi tra i più bassi d’Europa, ma lavorano anche di meno

di Giulio Benedetti
ROMA - L’insegnante elementare Rossi e il docente di scuola media Bianchi sono stati assunti quest’anno. Nella prima busta paga di Rossi c’è scritto: nette a pagare lire 2 milioni 66 mila (1.066,98 euro). In quella di Bianchi la cifra è un po’ più alta: 2 milioni 200 mila (1.136,49 euro). «Stipendi da fame», come li aveva definiti due anni fa l’ex ministro dell’Istruzione, Tullio De Mauro? Cerchiamo di capire cosa c’è dietro l’insoddisfazione degli insegnanti. Le amare riflessioni di oggi sono le stesse di cento anni fa, quando il professor Gaetano Salvemini nel 1902 denunciò la sua appartenenza al «proletariato accademico». Il raffronto tra i redditi ha sempre amareggiato il docente. Oggi i professori guardano all’Europa e questo non li consola affatto. Le cifre del rapporto Ocse 2001 sull’istruzione ci pongono nella parte bassa della graduatoria tra i Paesi industrializzati. Nel ciclo primario il maestro italiano appena assunto guadagna un terzo in meno del collega tedesco, un 20 per cento in meno di quello spagnolo. La sua busta paga è un po’ più leggera di quella dei maestri inglesi e francesi. Dopo 40 anni le distanze sono sensibilmente aumentate. Se consideriamo le scuole superiori, notiamo che all’inizio dell’attività professionale il docente italiano guadagna più del collega inglese e greco, ma ha una busta paga un po’ più leggera rispetto all’insegnante francese. I professori tedeschi guadagnano quasi il doppio. A fine carriera il solito distacco.
Come mai, allora, ai concorsi a cattedre banditi dal ministro dell’Istruzione rispondono centinaia di migliaia di aspiranti insegnanti? La spiegazione tradizionale è quella della sicurezza del posto di lavoro e dell’orario limitato, elementi di un salario implicito. Ma oggi funziona sempre meno. La comparazione Ocse ha preso in esame anche gli orari di lavoro. Un maestro elementare italiano lavora, per contratto, 748 ore l’anno, un docente delle medie e delle superiori è impegnato invece per 612 ore. In Francia il maestro deve lavorare per 892 ore. L’Italia, ancora una volta, è sotto la media. Secondo i tecnici del ministero dell’Istruzione per motivi di organizzazione solo la metà degli insegnanti della secondaria completa l’orario contrattuale di 18 ore.
Docenti italiani, stipendi bassi? Poche ore di lavoro? La bilancia è in pareggio? No, il minore impegno orario è vissuto, soprattutto dai più giovani e motivati, come un limite e non come un vantaggio occulto. In estrema sintesi, gli insegnanti italiani vorrebbero lavorare e guadagnare di più. Anche le insegnanti, che rappresentano l’80 per cento della categoria, non aderiscono più al modello tradizionale della docente-casalinga, che deve lavorare il meno possibile per badare ai figli e alla casa. L’eta media è ormai salita a 50 anni.
Ma perché i docenti italiani guadagnano meno? Nelle conclusioni di un saggio sull’espansione della spesa pubblica del ricercatore Daniele Franco, si legge che il Tesoro ha compensato il costo dei docenti, che negli ultimi anni sono diventati molti di più rispetto agli alunni in seguito alla decisione politica di creare occupazione, tenendo basse le retribuzioni. Nei giorni scorsi il ministro Moratti ha proposto di portare l’orario di servizio da 18 a 24 ore per recuperare risorse da investire nella qualità dell’insegnamento, incontrando forti resistenze nei sindacati. Il precedente tentativo risale al ’99. L’ex ministro Luigi Berlinguer tentò di selezionare un'elite di docenti, disposti ad impegnarsi di più dentro la scuola.
«Ha prevalso la stragrande maggioranza - ricorda nel suo libro "La scuola nuova" - arroccata nella difesa in generale delle posizioni garantiste e in particolare dell’impegno orario tradizionale, il limite invalicabile delle 18 ore settimanali». La Moratti ha di fronte gli stessi problemi.

  discussione chiusa  condividi pdf

 Fulvio Manara    - 07-11-2001
Parlerò solo del mio caso, questione quindi del tutto personale, fuori da qualsiasi significanza statistica. Insegno da una quindicina di anni nella secondaria superiore. Chi me l'ha fatto fare di spendere in tutti questi anni più o meno una quindicina di milioni per seguire l'andamento del mercato degli elaboratori al fine di tentare di utilizzarli nel mio lavoro (con successo peraltro)? Chi me lo fa fare di spendere ogni anno per studio disciplinare un paio di milioni (o forse più) per acquisto di libri? Sono stato proprio sciocco a iscrivermi a un corso di perfezionamento sulla didattica disciplinare per ben tre anni in una università a duecento chilometri da casa mia e seguire puntualmente? Non so... Forse ha ragione mia moglie che mi dice che la mia "professione" grava troppo sul bilancio famigliare... forse dovrei cambiar mestiere.
Ho preso sul serio la gestione del mio lavoro come una professione (contrariamente a quanto ha fatto certamente il mio datore di lavoro): devo pentirmi d'averlo fatto?

 Ermes Labanca    - 11-11-2001
Quando si parla di quest'argomento si tende a far demagogia ed è tendenzioso affermare che l'orario dei docenti sia quello derivante dalle indicazioni contrattuali. Invitiamo la stampa ad effettuare, in modo capillare, una ricerca (magari seguendo un insegnante nella sua scansione giornaliera e trascorrendo con questi un periodo di tempo valido per l'osservazione oggettiva) per verificare la rispondenza di certi luoghi comuni, che possono avere anche delle conferme, per carità.
Sarebbe interessante rilevare anche quanti soldi del loro stipendio gli insegnanti spendono (scuola di base) per assicurare attività didattiche.

 Renato    - 11-11-2001
Smettiamola una volta per tutte!!!!
Se dovessi quantificare il tempo speso per il mio lavoro hai voglia! Preparare la lezione del giorno, correggere i compiti, rivedere il processo di insegnamento in base alle risposte della classe, essere aggiornati su tutto ciò che è il dibattito relativo alle materie d'insegnamento, i nuovi indirizzi, portarsi a casa i casi difficili e dedicare a loro delle strategie diverse...... non basta? Abbiamo bisogno ancora di giustificare il nostro lavoro? Non se ne può più! perchè non diciamo che anche fra gli insegnanti(come tutte le categorie di lavoratori) nascondono fra loro personaggi che farebbero meglio a cambiare lavoro e che hanno tutto l'interesse a vivacchiare. Ma sappiamo tutti chi sono, basterebbe invitarli a cambiare lavoro.

 fede    - 15-09-2008
sicuramente sono ancora una categoria di privilegiati....le cose rispetto al passato sono un po cambiate, ma ancora il loro tempo libero e' rispetto alle altre professioni ingiustificabile,,avete mai provato a lavorare in un ospedale ?? avete mai fatto una reperibilita' notturna senza smonto??? ed io non credo di guadagnare molto di piu'......