«Credo... che questi movimenti servano al risveglio delle coscienze: chi scende in piazza ha deciso di cercare una risposta al proprio turbamento, condividendolo con gli altri... Queste manifestazioni meritano rispetto: se non ci fossero, sarebbe il deserto spirituale, una pietrificazione generale...». La signora Veronica Lario in Berlusconi in genere tace. Più che all’ombra del marito, vive da un’altra parte: nella villa di Macherio, seguendo i figli, attenta alla loro educazione (secondo il metodo steineriano, in una scuola di Lambrate, periferia milanese), segue con distaccata discrezione la sua impresa editoriale (il Foglio). La guerra l’ha presa per i suoi lunghi capelli: la guerra e le domande dei figli sulla guerra l’hanno indotta a riprendersi la parola, in un’intervista (alla giornalista del Corriere, Maria Latella), che apparirà sul prossimo numero di Micromega (in edicola domani), la rivista di Paolo Flores, dei girotondini, delle toghe rosse, dei giacobini giustizialisti...
Si capisce come alla richiesta abbia tentennato un poco. Poi s’è decisa perché non si nasconde «un disagio: quello del confronto quotidiano con i miei figli sul tema della guerra». Dialogarne con una giornalista e amica avrebbe, evidentemente, giovato alla sua ricerca se non di verità almeno di chiarezza per sè e per i figli (si intuisce pacifisti).
L’intervista fa scalpore: la signora la pensa diversamente dal signore e soprattutto lo fa mettere per iscritto. Si legga e si veda che il dissapore è forte. Nelle migliori famiglie le liti si cuociono di solito al chiuso di casa. Dal peso delle riflessioni si esclude che sia una vendetta postuma, dopo che il nostro capo del governo l’aveva ossequiata di quel titolo: «Povera donna». Quando, ai microfoni di una conferenza stampa a conclusione di un vertice internazionale, pronunciò: «Rasmussen è anche il primo ministro più bello d’Europa: penso di presentarlo a mia moglie, perché è molto più bello di Massimo Cacciari... Secondo quello che si dice in giro... Povera donna».
Maria Latella sceglie le parole di don Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, per avviare il dialogo, in particolare un’espressione: che il problema non sia schierarsi da una parte o dall’altra tra due belligeranti ciascuno dei quali ritiene che l’altro scenda in guerra per ragioni di potere, sicché la questione appare senza soluzione e questo «dovrebbe far riflettere anche certe guide dei movimenti pacifisti, se non sia altro odio che viene scaraventato in piazza...». La signora Lario non esita: «Credo invece che in questo momento schierarsi sia importante». Anzi: «Occorre il risveglio delle coscienze: in un momento come questo la sola cosa che non possiamo permettere è l’inconsapevolezza, il sonno».
Ancora un’espressione di don Giussani: «Il vero dramma che sia gli Usa che Saddam non hanno un’educazione pari alla grandezza e alla profondità della lotta tra gli uomini». Sembrerebbe una citazione “cacciariana”: la convinzione che agli Usa, vincitori della “terza guerra mondiale”, manchi una cultura imperiale, una cultura insomma per amministrare la vittoria. Qui si chiede se il “no” alla guerra possa accompagnare il “sì” agli americani, distinguendo tra i buoni e i cattivi (una posizione, commenta Maria Latella, un po’ comoda, di buon senso un po’ cerchiobottista e non si capisce perché). Come ha scritto Umberto Eco «si possono amare gli Stati Uniti, senza per questo esimersi dall’avvertirli che il loro governo sta compiendo una scelta sbagliata». Risposta di Veronica Lario: «Nelle parole di Umberto Eco si avverte un preciso riferimento alle conseguenze che l’attacco all’Iraq potrebbe avere sul terrorismo: nuovi militanti, nuovamente riforniti di armi batteriologiche e chimiche. Di nuovo emerge un problema di coscienza, che induce a pensare ad una “triste scienza”...». Seguono molte considerazioni sull’orrore delle guerre batteriologiche con una domanda: se si è fatto tutto quel che si poteva compiere per impedire la proliferazione di queste armi.
Di fronte alla guerra che distrugge la vita di gente inerme, emergono i ricordi personali: quello ad esempio della madre, che viveva in campagna vicino a Marzabotto e che vide i nazisti nell’aia di casa caricare un camion di cavalli, buoi, polli e che vide caricare anche il padre. Il padre non sarebbe più tornato, ucciso dai nazisti poche centinaia di metri più in là.
Si torna alla guerra d’oggi: perché tanta mobilitazione, mentre per il Kosovo non scese in piazza nessuno? Perché quella si riteneva una guerra giusta, questa solo una guerra per il petrolio, senza che nessuno sappia spiegare che cosa potrà accadere poi, come reagirà il mondo islamico... Anche il più piccolo dei suoi figli, Luigi, crede che sia una guerra per il petrolio: apprendiamo che ne discute con il padre, senza riuscire a convincerlo. Barbara, la più grande, la più riflessiva, vorrebbe saperne di più. Non si sa nulla di Eleonora, la figlia di mezzo. «Io mai come adesso con i miei figli insisto sul tema della vita come valore assoluto». Il padre sta da un’altra parte.
La signora Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario, che condivise il fatale innamoramento dal palcoscenico del Teatro Manzoni (appena acquistato da Berlusconi), recitando nel “Magnifico cornuto” di Fernand Crommelynk, dichiarò nel 1994: «Non sarò la Hillary di Arcore». Dopo qualche partecipazione, si levò dalla scena e cambiò casa, curando la famiglia e le proprie idee. Al punto adesso di incantare i pacifisti, disobbedienti o di partito. Caruso le chiede il divorzio e gli alimenti. Agnoletto dice che l’intervista «è il segnale della forza del movimento». Fratoianni, di Pisa, si augura che la signora possa riportare alla ragione il marito. Russo Spena di Rifondazione si augura invece e risolutamente che faccia un passo avanti e vada lei al governo. Folena dei Ds osserva che «finalmente l’idea pacifista si fa strada in famiglia» e Mussi che «la signora Lario si rivela politicamente lucida». Livia Turco aggiunge: «Davvero un bell’esempio di autonomia e di autorevolezza femminile».
Conclude la bella di Forza Italia, Gabriella Carlucci: «È la dimostrazione che Berlusconi è davvero un grande liberale, che non impone mai la sua volontà, neanche in casa...». Senza..., anche in casa.
Oreste Pivetta
barbara - 07-04-2003
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Quando sostengo che questa guerra è "cosa" degli AMERICANI è perchè ero e rimarrò sempre fermamente convinta che ogni giorno per loro sia datato 11 settembre.Se avessero colpito il Vaticano come avrebbe reagito quel popolino di pacifisti (che
sta veramente rompendo i cosidetti) a chi fortunatamente ( E SONO IN TANTI) non la pensano come loro?
Si dichiarano pacifisti e poi vanno in piazza a distruggere vetrine, a malmenare Ebrei, a SBANDIERARE LA LORO APPARTENENZA POLITICA.
Anche questo movimento con il proprio fare incoerente ha dichiarato guerra all' America.
Al supermercato IPERFAMILA in provincia di Verona c' erano degli individui vestiti da arcobaleno che controllavano nei carrelli dei clienti se ci fosse presenza di prodotti americani ; PERCHE' QUESTO ACCANIMENTO OSTRUZIONISTICO A 360°. E questi non li chiamati provocatori di guerra? Se ci fosse la Dittatura in Italia non potrebbero nemmeno pensare non fare certe cose.
Finiamola con tanti comportamenti subdoli e facciamoci un esame di coscienza , rivolgendo magari ogni tanto una preghiera alle 3000 persone morte nella guerra vigliacca dell' 11 settembre. Organizzando una manifestazione di gratitudine per tutti quegli Americani che sono deceduti nell' ultima guerra mondiale per donarci la libertà liberandoci dal nazismo e a posteriori danno dato la possibilità a ntutti gli smemorati di manifestare paradossalmente contro la democrazia
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