Signorina Margherita
Marino Bocchi - 26-02-2003



Un grande. Tanto grande da non essere classificabile. La sinistra (una certa sinistra, la solita), spocchiosetta e intellettualoide, lo ha definito per decenni un qualunquista, l'espressione di un mondo piccolo-borghese riassunto nel genere della commedia all'italiana, prima di riscoprirlo e riscoprire il genere a cui ha dato onore e lustro e quindi cercare di fagocitarlo, quando il Rutelli era sindaco di Roma e il Veltroni si ingegnava in una delle tante imprese che non gli sono mai riuscite: quella di critico cinematografico ispirato alla nuova moda del futile. Sordi era un cattolico (mi ricordo la pubblicità all'otto per mille alla Chiesa, per i cui spot si era prestato gratuitamente), un conservatore, democristiano confesso, amico di Andreotti. Aveva una mentalità ristretta e pruriginosa. Accompagnata però da un grande talento. Un talento che sfuggiva al suo controllo e di cui neppure lui era consapevole. E di cui diffidava. Per questo, nelle interviste, dava di sé un’immagine largamente al di sotto della complessa ricchezza dei suoi personaggi. Incapace com'era di autodefinirsi, come ogni grande artista degno di questo nome. Votava DC e nei film faceva la caricatura del boy-scout e dei "compagnucci della parrocchietta" in cui metteva a nudo impietosamente la sessuofobia (“signorina Margherita…”) e l'angustia mentale dei cattolici geddiani, quelli dei comitati civici (Mamma mia, che impressione); esprimeva nella vita privata sentimenti e idee piccolo-borghesi e ne rese un ritratto violento e amaro nel Borghese piccolo piccolo; possedeva un lessico retorico-patriottardo e per Monicelli mise in scena, accanto a Gassman, una delle più feroci demistificazioni de La grande guerra che si siano viste al cinema. E gli esempi sono innumerevoli.

Forse in nessun altro è così evidente lo scarto tra la vita e l'arte, tra uomo e attore. E quello che vale per lui vale per la Commedia all'italiana che l'intellettuale militante, anzi milite, di sinistra, ha sbeffeggiato per decenni, preferendole i pallosi cine-club, dove si vedevano film insulsi e noiosissimi del primo o del terzo mondo. Si faceva di tutta l'erba un fascio in quegli anni, come oggi, solo che oggi l'erba è di un altro colore e sapore. Eravamo provincialotti e lo siamo rimasti. Incapaci di cogliere, da sinistra, la grandezza di un Sordi come quella di un Totò. A meno che, come accadde a quest'ultimo, non si avesse la fortuna di essere prescelti e riscattati da un Maestro. Ecco: Sordi ha avuto la disgrazia di non incontrare Pasolini, peraltro molto fuori dagli schemi e quindi molto sospetto agli occhi della critica militante di quegli anni. Incontrò Fellini, ma era giovane, poi Fellini, a sua volta, era poco allineato, infine solo Dio sa la fatica che il suo amico Federico dovette fare per imporlo ai produttori per I Vitelloni dopo il fiasco de Lo sceicco bianco. In seguito conobbe il successo popolare ma sempre marchiato dalla diffidenza e dal fondamentale disprezzo per essere solo un campione del cinema di serie B.

Come ogni grande artista Sordi era un inclassificabile, la sua comicità era anarchica, incontrollata, devastante. Come quella di Totò, altro conservatore nella vita (Pasolini raccontava che il giorno in cui lo andò a trovare con Ninetto per Uccellacci e uccellini, il principe De Curtis fece ripassare dopo la visita le poltrone su cui si erano seduti) e rivoluzionario autentico nella reincarnazione dei suoi personaggi. E' come se un demone beffardo e maligno lo guidasse, lo portasse fuori dal se', ma solo quando a guidarlo erano gli altri e infatti non e' un caso che i peggiori film di Sordi, i più inespressivi, siano quelli diretti da lui stesso. Come Totò, era un attore onnivoro, famelico, sensibile all'odore dei soldi più che alla qualità dei copioni. Ma anche lui aveva una sobrietà, uno stile, oggi si direbbe una professionalità che lo rendeva accurato e meticoloso nella realizzazione dei personaggi. Sosteneva che questo gli derivava dalla cultura familiare (il padre era stato un musicista, professore di bassotuba prediletto da Toscanini per l'esecuzione di Wagner).
Lo hanno accusato per decenni di fare e rifare sempre lo stesso personaggio, identificato nello stereotipo dell'italiano medio, senza l'eleganza, la raffinatezza, la sospesa ironia di un Cary Grant. Ed è vero. Ed era, anche in questo caso, lo stesso rimprovero che veniva rivolto a Totò. E che non dice nulla sulle infinite sfumature, colori, profondità dei suoi personaggi, sempre gli stessi e sempre diversi.

Diranno che con Sordi muore un simbolo: quello di una certa Italia cinica, arrogante e arruffona del boom economico, l'Italia meschina, intrigante, provinciale di cui era reputato il migliore interprete. Rifaranno il verso a molti dei suoi film, lo slang sgangherato di Un americano a Roma oppure il tormentone di Mario Pio. Diranno che se ne va un pezzo della (sub)cultura popolare e del costume nostrani. Lo leggeranno in morte come lo hanno letto in vita, fingendo rispetto e ammirazione al posto del disprezzo che fu. Ne faranno l'epitaffio, lo riscopriranno, come hanno riscoperto Totò post mortem dopo averlo denigrato da vivo. Lo ridurranno a un'icona. La subcultura di sinistra (che in Italia e' la cultura della sinistra maggioritaria da sempre) e quella di destra (idem) incroceranno gli elogi funebri e lo renderanno come lo hanno sempre reso: una macchietta. Nessuno gli riconoscerà , oltre a tutto ciò, l'unico, vero grande merito che ha avuto: l'essere stato un Fool. Dopo la morte artistica di Benigni a partire dalla Vita e' bella, l'ultimo che ci era rimasto. Il fatto e' che ai conformisti di qualunque colore i Fool non sono mai piaciuti. Per questo li si denigra in vita e li si beatifica in morte.

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 ilaria ricciotti    - 26-02-2003
Come donna e come cittadina comune anch'io desidero esprimere le mie sentite considerazioni su un uomo: Alberto Sordi. Che lui sia stato in vita criticato dalla sinistra o dalla destra non mi interessa e non mi sembra elegante, oggi che fisicamente non è più tra noi, doverlo sottolineare. Ognuno di noi quando è ancora vivo , piccolo o grande uomo che sia è soggetto a critiche, a sberleffi, a calunnie ed anche ad ostentazioni di cattiveria gratuita. Tutto questo fa parte della vita. Ritornando a parlare di un grande attore come Sordi, non mi sembra che ne abbia risentito molto delle considerazioni spicciole e gratuite che alcuni o molti, non so, gli hanno attribuito, tant'è che oggi molti fanno la fila per salutarlo, e non credo che tutta questa gente sia ipocrita o narcisa. Alberto Sordi è e rimarrà per tutti coloro che lo hanno apprezzato Alberto Sordi, un grande attore come tanti altri grandi uomini attori o donne attrici che hanno contribuito ad arricchirci dentro, lasciando in ognuno di noi dei segni che nessuno, nè di destra, nè di sinistra, nè di centro potranno valorizzare o cancellare.
Grazie Alberto per aver contribuito a farmi capire , apprezzare ed amare tante cose della vita che hai saputo molto bene rappresentare.
Un caro saluto, Ilaria