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In piazza contro la guerra
La Repubblica - 12-02-2003
Il 15 febbraio manifestazione contro l'intervento in Iraq
Adesioni massicce in trecento città di sessanta Paesi
A Roma e nel mondo
Dal palco un appello per la mobilitazione permanente
e uno sciopero generale europeo contro il conflitto






ROMA - "Una giornata europea contro la guerra" avevano promesso a Firenze gli organizzatori del Social forum europeo e sabato 15 febbraio manterranno la promessa, solo che la giornata non sarà più europea ma mondiale: manifestazioni si terranno in oltre 300 città di 60 Paesi in Europa ma anche in Asia, Oceania, Americhe e Africa, in particolare manifesteranno in contemporanea anche palestinesi a Ramallah e israeliani a Tel Aviv, fatto questo altamente simbolico. In Italia il palcoscenico sarà Roma con partenza alle 14 da piazzale Ostiense dietro allo striscione "Fermiamo la guerra in Iraq. No alla guerra senza se e senza ma" che guiderà le centinaia di migliaia (oltre un milione dicono gli organizzatori) di pacifisti italiani di centinaia di associazioni, partiti e sindacati, fino in piazza San Giovanni. "Sarà la prima manifestazione globale della storia e vedrà in piazza 30 milioni di persone", dice raggiante Raffaella Bolini del Social forum europeo.

In Italia in piazza ci sarà uno schieramento amplissimo che vedrà insieme gli attivisti del movimento new global, quelli che hanno manifestato a novembre a Firenze, ma anche gli iscritti alla Cisl e, sia pure con una piattaforma diversa, anche Democratici di sinistra e Margherita. Per capire l'ampiezza delle adesioni basta pensare che alla conferenza stampa di presentazione uno dietro l'altro hanno parlato un rappresentante della Cisl, il "sovversivo" Francesco Caruso e Luigi Bobba delle Acli.

Scopo della manifestazione, oltre al no alla guerra anche sotto le bandiere dell'Onu, è anche quello di fare pressione sul Parlamento italiano affinché neghi il sorvolo ai caccia Usa e l'uso delle basi americane nel nostro Paese. E per questo una lettera del comitato organizzatore è partita, diretta ai parlamentari che aderiscono al corteo chiedendo "coerenza".


La manifestazione sarà conclusa dalla lettura di un documento, uguale in tutte le piazze europee" in cui si ribadirà il "no alla guerra perché sbagliata che sia legittimata o meno dall'Onu", e con il quale si comincerà a scrivere l'agenda delle iniziative future e ci saranno testimonianze di rappresentanti di popoli in guerra: parleranno palestinesi, curdi, iracheni ma anche americani e israeliani mentre i megaschermi rimanderanno le immagini delle altre manifestazioni nel mondo. Dal palco, con tutta probabilità, sarà annunciata "la mobilitazione permanente per ostacolare, boicottare e fermare la "macchina della guerra".

Sulle forme della mobilitazione permanente la discussione è stata lunga, anche aspra ma alla fine si è deciso di convocare "nuove e più diffuse" manifestazioni di opposizione alla guerra, sarà chiesto ai sindacati europei uno "sciopero generale contro la guerra" e, soprattutto "l'organizzazione di campagne e pratiche di azioni dirette - pacifiche, non violente, di non collaborazione e di disobbedienza, dichiarate e trasparenti - per boicottare, ostacolare e tentare di bloccare la macchina della guerra - dalle fabbriche di armamenti alle basi militari, dalle banche armate ai mezzi di comunicazione arruolati per costruire il consenso alla guerra".

Un paragrafo quest'ultimo che i Disobbedienti salutano come un successo. "Vogliamo essere un movimento di testimonianza - chiede Luca Casarini - o di fronte all'apocalisse vogliamo provare a fermarli? La discussione sulla disobbedienza è aperta in tutto il mondo. E' un problema culturale che abbiamo davanti. Ora il principio che bisogna fare resistenza è passato, è diventato patrimonio comune ma dobbiamo cominciare a declinarlo per non farlo rimanere un concetto". La domanda che pone Casarini è semplice: "Se il 14 bombardano l'Iraq noi che facciamo? Sfiliamo ordinati quando, unici in Europa, ci hanno impedito di manifestare davanti ai palazzi del potere? Oppure dobbiamo fare qualcosa in più?".

Per rispondere a queste domande si ricostituirà il Dan che sta per Direct Action Network, l'organismo che a Settle organizzò le azioni dirette, con l'obiettivo, appunto, di capire fino a dove si potrà spingere la "disobbedienza" che, comunque, non è prevista per il giorno della grande manifestazione nazionale.

Altra richiesta che partirà dai palchi di tutta Europa riguarderà uno "sciopero generale contro la guerra" nei Paesi europei. Richiesta appoggiata dalla Fiom e sulla quale, negli organismi internazionali dei sindacati, stanno lavorando anche Cisl e Cgil.

Intanto la macchina operativa per portare i manifestanti a Roma è ormai in moto. La Cgil ha messo in campo le sue strutture ma questa volta è forte anche l'impegno del mondo cattolico ad ogni livello. Risultato: migliaia di pullman si stanno organizzando in praticamente tutte le città italiane mentre il comitato organizzatore ha ottenuto da Trenitalia 27 treni speciali sui 30 che aveva richiesto.

Si fa più forte intanto la protesta contro la Rai che ha negato la diretta dell'evento. Ed è Flavio Lotti della Tavola della Pace quella che organizza la Perugia - Assisi che, dopo aver rilanciato "l'appello del sacro convento di Assisi a partecipare al corteo", attacca la Tv pubblica. "La manifestazione del 15 - dice- è contro la guerra ma anche per la democrazia. Una questione di democrazia si pone in un Paese dove la Rai boicotta le ragioni di chi solleva dubbi contro la guerra. E' uno scandalo". Ma gli organizzatori continuano le pressioni ed oggi hanno, inutilmente, chiesto di incontrare un rappresentante del Cda.


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