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Trentamila sotto la neve a Monaco per farsi sentire da Rumsfeld
L'Unità - 09-02-2003

MONACO. Assente il cancelliere Schröder dall'annuale conferenza sulle politiche di sicurezza che si è svolta nella capitale bavarese nel forziere del prestigioso hotel Bayerischer Hof, è toccato al ministro degli esteri Joschka Fischer rispondere al segretario di Stato alla difesa Rumsfeld per ribadire la posizione tedesca sulla crisi irachena e passare al contrattacco con la domanda : «Perché c'è ora la priorità di Saddam Hussein», quando ancora esiste la minaccia del terrorismo e di Al Qaeda. Per Fischer non sussistono ancora gli estremi che giustifichino un attacco militare per disarmare Saddam, bisogna dare invece più tempo agli ispettori.
Non si tratta, ha detto Fischer, di illusione pacifista, ben chiara è la minaccia che rappresenta un dittatore come Saddam, ma Fischer ha ricordato che ben tre volte si è trovato dinnanzi alla difficile decisione di far intervenire l'esercito tedesco, in Kossovo, in Macedonia e l'anno scorso in Afghanistan. Decisioni sofferte ma che sono state supportate e giustificate da una visione, una prospettiva, nei Balcani la possibilità di intraprendere un cammino di pace e di integrazione in Europa, in Afghanistan, base del terrorismo, per ricostruire un paese democratico e pacifico. Per raggiungere questo obiettivo occorerranno anni e in Afghanistan si è solo all'inizio.
Fischer ha ancora una domanda per Rumsfeld, con la quale gli contrappone il semplicismo della soluzione militare: quanto tempo dovranno rimanere gli americani in Iraq per garantire il dopo Saddam e la nascita di un processo democratico. Di fronte all'esempio dell'Afghanistan ciò potrebbe durare anni, oppure «gli americani pensano di lasciare il lavoro a metà e di andarsene senza costruire la pace?». Un attacco militare contro l'Iraq avrebbe conseguenze inoltre incontrollabili di destabilizzazione della regione. Se per Rumsfeld, bisogna aprire gli occhi ed entrare nel XXI secolo agendo preventivamente, per Fischer occorre decifrare «la grammatica del terrorismo» per combatterlo, usare tutti i mezzi per ridurre i rischi, ma soprattutto discuterne all'interno dell'Alleanza atlantica. Se Rumsfeld ridicolizza le Nazioni Unite, per Fischer la politica e la diplomazia hanno ancor il primato perché non si può «vincere la pace senza l'Onu».
Anche la ministra francese alla difesa, Alliot-Marie, ha ribadito il primato della Nato sulle coalizioni, «queste non possono sostituirsi all'Allenaza». Quasi rispondendo agli attacchi verbali di Rumsfeld dei giorni scorsi la Alliot-Marie ha detto che la Francia, quale membro dell'alleanza atlantica si aspetta il dialogo e il rispetto reciproco e che vanno evitate le interpretazioni faziose, infondate e menzognere. Il riferimento è anche alla polemica seguita al rifiuto di Germania, Francia e Belgio di discutere un piano di difesa Nato per la Turchia, nel caso questa fosse attaccata dall'Iraq.

La coppia franco-tedesca lavora a un'iniziativa alternativa alla guerra per costringere l'Iraq al disarmo. Alla conferenza sulla sicurezza il ministro federale della Difesa Struck non ha voluto fornire dettagli a riguardo, e ha annunciato che il cancelliere Schröder presenterà giovedì prossimo l'iniziativa franco-tedesca nella dichiarazione governativa davanti al Bundestag. Per quanto concerne un piano di difesa per la Turchia, il ministro Struck ha affermato che entro lunedì si arriverà ad una soluzione.
Dalle fila dell'opposizione, la presidente della CDU Angela Merkel, ha fatto appello affinché il governo federale modifichi la sua posizione sull'Iraq, per tanti anni, gli «Usa hanno esportato sicurezza e la Germania ha beneficiato di questo sistema», ed è sbagliato che alcuni paesi si occupino del «lavoro militare», mentre altri solo di quello civile, pulito. Ma la maggiornaza dei tedeschi non sembra dell'opinione che il governo debba cambiare posizione per uscire dall'isolazionismo, almeno è quello che pensano tre tedeschi su quattro secondo un sondaggio telefonico sul canale televisivo privato Sat 1. E questo lo ha dimostrato anche la grande partecipazione dei cittadini alle manifestazioni contro la guerra che si sono tenute a Monaco.




In una città con almeno 3500 agenti in tenuta antisommossa sono state 30.000 le persone che hanno partecipato alle due manifestazioni, nonostante il freddo e la neve. Nella centrale Marienplatz, la manifestazione organizzata da Attac e da organizzazioni anti Nato (Bündnis gegen die Sicherheitskonferenz) che hanno gridato il loro no alla guerra e alla conferenza dei «signori della guerra». A poche centinaia di metri c'era una seconda manifestazione organizzata dai sindacati del DGB, della SPD e della Chiesa cattolica ed evangelica contro la guerra. Non ci sono stati disordini, ma nella notte di ieri sono stati fermati una ventina di giovani dell'area dell'autonomia sono stati portati in centrale per accertamenti.

Anche in Italia presidi e cortei a venezia, Napoli, Pisa e Milano

Paola Colombo
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