Diciamo no alla follia di una guerra per il petrolio
Gunter Grass - 31-01-2003

IL VANO monito contro i pericoli della guerra
incombente si coagula ormai in routine, ma resta sempre valido il concetto espresso a suo tempo in
rima da Matthias Claudius: «È guerra! È guerra!/Oh angelo di dio intervieni !/È guerra ahimè - e non voglio /Averne colpa io!».
Molti punti esclamativi puntellano la prima strofa di questa poesia, attuale grazie all´inane appello che lancia. Proprio perché è sopravvissuta a tante battaglie la pongo all´inizio del mio appello
«Intervieni», che, a quanto temo, resterà inascoltato.
La guerra incombe. Ancora una volta minacce di guerra. Oppure le minacce servono solo a non arrivare a una guerra? Il limitativo «solo» significa forse che la parata di truppe e di flotte nordamericane e inglesi è una finta?
Difficilmente. Questa guerra incombente è voluta. È già in atto nelle menti che pianificano, nelle borse di tutti i continenti, e in programmi televisivi che sembrano postdatati. Il nemico-obiettivo è individuato,
designato, e ha i requisiti, accanto ad altri nemici di scorta ancora da individuare e designare, per evocare un pericolo che appiana ogni scrupolo.
Sappiamo bene come ci si inventa un nemico, dovesse mancare. Sappiamo, grazie all´abbondanza di immagini, come si colpisce «chirurgicamente»
un po´ più in là. Siamo abituati a sentirci dire che dobbiamo accettare come inevitabili i danni e le perdite di vite umane. Ci sembra normale che
si contino e si piangano solo i morti, relativamente poco numerosi, tra le fila del potere mondiale dominante, mentre la massa dei nemici morti, donne
e bambini inclusi, non venga quantificata e non meriti cordoglio.
Attendiamo quindi la replica. Questa volta nuovi sistemi missilistici colpiranno con precisione ancora maggiore. Incombe una guerra che ci è familiare, perché ne conosciamo le immagini, depurate dai dettagli di orrore, i cui diritti televisivi appartengono ad una nota emittente.
Attendiamo le nuove puntate della guerra come soap opera, interrotte solo dalla pubblicità mirata ai consumatori che vivono in pace. Adesso si tratta di vedere chi parteciperà alla guerra imminente già in atto con slancio, chi con scarso entusiasmo, e chi con un piccolo contributo, come i tedeschi, per i quali il tempo di fare la guerra è passato, o almeno dovrebbe.
Contro chi viene condotta questa guerra che si spaccia per imminente?
Contro un terribile dittatore, ci dicono. Ma Saddam Hussein è stato in passato, al pari di altri dittatori, compagno d´armi del potere democratico mondiale e
dei suoi alleati. In nome loro, pesantemente armato dall´occidente, l´Iraq ha fatto per otto anni la guerra al vicino Iran il cui dittatore era allora il nemico numero uno.
Però, ci dicono poi, Saddam Hussein dispone - il che non è dimostrato- di armi di distruzione di massa. Lo dice l´occidente, che - bisognerebbe dimostrarlo - dispone di armi di distruzione di massa. Inoltre ci
promettono che, dopo la vittoria sul dittatore e sul suo sistema, in Iraq sarà introdotta la democrazia. Ma l´Arabia saudita e il Kuwait, paesi vicini a quello del dittatore, alleati dell´occidente cui servono da base
militare, sono a loro volta governati da dittature. Saranno loro l´obiettivo della prossima guerra in nome della democrazia?
Sono interrogativi oziosi, lo so. L´arroganza del potere mondiale ha pronte la risposta a ciascuno di essi. Ma tutti sanno o intuiscono che tutto gira intorno al petrolio. O meglio, tutto gira di nuovo intorno al petrolio.
Il velo di ipocrisia con cui l´ultima grande potenza rimasta e il coro dei suoi alleati hanno cura di nascondere i propri interessi, col passar del tempo si
è fatto così logoro che la struttura del potere traspare e si mostra sfrontata, pericolosa per il mondo intero nella sua ubris. L´attuale presidente Usa è espressione di questo pericolo.
Non so se le Nazioni Unite avranno la fermezza sufficiente per contrastare la volontà di potere degli Stati Uniti d´America. L´esperienza mi dice
che a questa guerra voluta seguiranno altre guerre spinte dallo stesso stimolo.
Auspico che i cittadini e il governo del mio paese diano dimostrazione che noi tedeschi abbiamo imparato la lezione dalle guerre di cui siamo stati
artefici e perciò diciamo No alla follia chiamata guerra.
«Che dovrei fare se nel sonno / sanguinanti, cerei e pallidi / gli spiriti dei massacrati mi apparissero / e in fronte a me piangessero, che fare?».
Ecco l´interrogativo posto dalla seconda strofa della poesia «Canto di guerra» di Matthias
Claudius
.
Un interrogativo cui in retrospettiva, guardando alle nostre guerre e ai massacri, finora non abbiamo saputo dare risposte valide.
Quella lontana guerra incombente, che è già in atto e mai si è interrotta, lo ripropone ancora una volta.
«È guerra ahimè / e non voglio / averne colpa io».


da Repubblica
30/01/2003
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