La dislessia: un problema adolescenziale
Gennaro Tedesco - 14-02-2021

Introduzione

Si sostiene che in questi ultimi anni è di gran lunga aumentato il numero dei soggetti che presentano difficoltà nell'apprendimento della lettura e della scrittura, perché molto maggiore è il numero dei soggetti che frequentano la scuola. Inoltre in tutti noi c'è una maggiore sensibilità al problema educativo in genere, una richiesta di miglior livello culturale, un livello di aspirazione più alto nei genitori rispetto all'educazione dei figli, un maggior accesso ai corsi di studio superiori.
Il problema della dislessia è osservato essenzialmente dagli insegnanti della scuola elementare, anche se spesso i professori della scuola media si lamentano di scarsa scorrevolezza nella lettura e di errori ortografici nei loro allievi, la cui causa viene attribuita a cattivo insegnamento elementare. Molto spesso gli insegnanti hanno scarsa consapevolezza delle cause, ignorano il problema specifico, non conoscono le possibili prevenzioni e recuperi e non considerano la gravità delle conseguenze. Nella maggior parte dei casi attribuiscono queste difficoltà ad un'insufficienza mentale più o meno grave.
Tutti coloro che si interessano sul piano dottrinale o sul piano pratico dell'insegnamento-apprendimento in età scolare primaria, sanno quanta importanza riveste l'acquisizione della lettura e della scrittura. L'avvenire scolastico e poi sociale dell'individuo dipende per una larga parte dal mezzo di comunicazione del linguaggio. Il passaggio dalla prima alla seconda classe è condizionato dalla riuscita in lettura, ortografia e composizione. La riuscita in ortografia è collegata con la riuscita in lettura, perché la lettura e l'ortografia dipendono da condizioni psicologiche identiche. Gli insuccessi comportano quindi un ritardo considerevole nella scolarità,ostacolando l'accesso ai diversi insegnamenti dei cicli superiori. Alla dislessia infatti, che è causa di insuccesso scolastico, si accompagna spesso anomalia di comportamento : instabilità, rifiuto della scuola, atteggiamenti passivi. I genitori dal canto loro, assumono spesso atteggiamenti svalorizzanti e colpevolizzanti, si sentono frustrati nella loro ambizione proiettata sui figli e rischiano di compromettere le relazioni affettive familiari.
Grande contributo allo studio della dislessia è stato dato dalla scuola francese : Ajuriguerra, Barel, Maisonny. Essi denominano il disturbo "dislessia specifica di evoluzione", intendendo la difficoltà che si manifesta in un soggetto sviluppato in tutti i campi dove non interviene il linguaggio scritto ; "specifica", perché si tratta di turba specifica endogena; essendo una anomalia di apprendimento, la genesi non è univoca ed è associata alla vita che risulta perturbata.
Sono stati condotti studi dedicati alla dinamica delle relazioni tra bambini e genitori. Si sostiene l'importanza dell'interazione madre-bambino. Madri che non riescono a separarsi dal figlio; madri che sono contente delle debilità del figlio che torna a loro per bisogno di protezione; padri rigidi che vedono nel figlio il rivale nell'amore per la moglie. In studi dedicati ai bambini si è interpretata la difficoltà in lettura come inibizione di curiosità in soggetti delusi dall'identificazione col padre oppure come inibizione di impulsi aggressivi.
Comunque si può accettare il termine generale di "dislessia" come riferito a tutti i soggetti che presentano difficoltà di apprendimento in lettura e scrittura, nel quale si riscontra discordanza tra livello intellettivo e livello di lettura e di scrittura e discordanza fra livello di lettura e scrittura ed altre attività.

Discussione del caso

Ci sono vari modi per affrontare la dislessia e i dislessici. Noi non useremo nessuno di questi metodi tradizionali per affrontare il caso ormai affidato e da studiare di un alunno di seconda media di una scuola del Nord Italia. L'alunno ha 12 anni e si chiama Andrea ed è nato a Menzago. La sua famiglia è composta dal padre Gianfranco di anni 45, nato a Vicenza, camionista con ditta propria, titolo di studio scuola media, la madre Nerina di anni 43 nata a Chioggia, casalinga, titolo di studio quinta elementare.
Andrea ha una sorella Barbara che frequenta il liceo artistico e un fratello Claudio di 2O anni, camionista della ditta. La loro posizione socio-culturale è abbastanza elevata. Vivono in un appartamento proprio situato in una piccola villetta.
L'appartamento è composto da cinque stanze e circondato da un bel giardino. Sulle notizie raccolte dal ragazzo stesso ho constatato che in famiglia è ben accettato da tutti ; parla con il padre non tanto di argomenti di studio, ma di lavoro : Andrea infatti preferisce seguire il padre nelle attività. Trascorre il suo tempo a giocare con gli amici a calcio e a pallavolo. Frequenta l'oratorio maschile del paese. Quando è a casa, preferisce vedere la televisione anziché leggere anche dei semplici fumetti.
Comunque punteremo ad una prospettiva completamente nuova, si spera, che non si esprime più nei termini e nei canoni classici di "normalità" e "anormalità", che non fanno altro che accentuare l'esperienza del distacco degli esseri umani dalla realtà della convivenza sociale. E poi che cosa è la normalità ? Ammesso che esista una risposta, essa non è univoca, ma relativa al contesto sociale e ai suoi valori conformi ad un insieme di riferimenti preordinati da una maggioranza, non necessariamente assoluta, di individui. Il nostro approccio partirà dalla "pragmatica della comunicazione" che mira ad inserire l'individuo in un sistema di relazioni interattive permanenti che non isolano il soggetto da studiare e da analizzare, ma lo rendono parte attiva in un sistema interagente di flussi comunicativi. Una volta che si è accettato il principio di comunicazione, secondo cui un comportamento si può studiare soltanto nel contesto in cui si attua, i termini "sanità" e "insania" perdono praticamente il loro significato in quanto attributi di individui. Analogamente la nozione di "anormalità" diventa molto discutibile, perché ora si è concordi nel ritenere che la condizione del soggetto non è statica, ma varia al variare della situazione interpersonale e dell'ottica preconcetta dell'osservatore. Inoltre, quando si considerano i sintomi come un comportamento che si adegua a una interazione in corso, emerge uno schema di riferimento che è opposto alle teorie classiche.
L'alunno in questo modo non viene più considerato in rapporto ai parametri relativistici di "anormalità" e "normalità", ma in un rapporto di brevi o prolungate interruzioni o black-out nella comunicazione, che non significano mancanza di comunicazione, ma segnali particolari di comunicazione, perché non si può non comunicare. In altre parole non esiste qualcosa che sia un non-comportamento o non è possibile non avere un comportamento. Ora se si accetta che l'intero comportamento in una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che comunque ci si sforzi, non si può non comunicare. L'attività o la inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio, influenzano altri e gli altri a loro volta non possono non rispondere a queste comunicazioni e a tal modo comunicano anche loro.
Dovrebbe essere chiarito che il semplice fatto che non si parli e che non si presti attenzione non costituisce eccezione a quanto è stato appena detto. L'uomo che guarda fisso davanti a sé mentre fa colazione in una tavola calda affollata o il passeggero di aereo che siede ad occhi chiusi, stanno entrambi comunicando che non vogliono parlare con nessuno. Questo è ovviamente un proprio scambio di comunicazione nella stessa misura in cui lo è una discussione animata.
Ma veniamo al caso concreto: il ragazzo non presenta particolari anomalie psicofisiche : il suo handicap specifico è : ritardo globale di apprendimento e disritmia e carenze di grafia, presenta difficoltà a livello cardiorespiratorio. Durante le attività fisiche fa fatica ad eseguire tutti gli esercizi richiesti. Nonostante ciò, egli viene inquadrato in un contesto apparentemente più specifico, confortante e tranquillizzante, quello delle dislessie.
Dai dati ricevuti dalla scuola elementare, Andrea presenta una situazione scolastica direi "normale".
Nell'area motoria e funzionale sa muoversi autonomamente e riconosce le varie parti del corpo e indicarle su di sé . sa collocarsi a comando nello spazio rispetto ad un oggetto o persona. E' autonomo nell'uso dei servizi igienici. Si reca in altre classi solo dietro incarico o comando ed è capace di ritornare a casa da solo. Nell'area sensopercettiva presenta un apparato visivo ed uditivo adeguato.
Nell'area spaziotemporale si orienta facilmente nell'ambito della scuola ; conosce il proprio posto in aula, sa distinguere le parti del giorno, conosce le scansioni temporali, ma ancora non riesce a leggere perfettamente l'orologio. Nell'area relazionale è affettuoso e disponibile verso gli altri. Quando è in classe, comunica con i compagni. Durante le attività non sempre riesce a lavorare da solo. I suoi rapporti con gli insegnanti e con i genitori sono affettuosi, ma essi sono con lui troppo iperprotettivi. Attualmente, essendo io insegnante di sostegno di Andrea, posso confermare quanto detto dalle insegnanti delle elementari solo in parte.
Infatti, soprattutto a livello relazionale, ho avuto difficoltà ad essere accettata da lui nei primi mesi di scuola, avendomi nell'anno scolastico precedente avuta come insegnante di educazione fisica e ora vedendomi sotto una nuova veste, ha incontrato notevoli difficoltà. A livello didattico sussistono numerose difficoltà a livello ortografico e verbale. La produzione ortografica è disomogenea nel corso della giornata. Un brano viene letto e compreso solo con domande orali e scritte, non avendo molta capacità di memorizzazione. La lettura poi appare lenta e stentata, sillabata direi. La sua mancanza di articolazione dei fonemi riguarda solo la prima articolazione del linguaggio. Si tratta in effetti di errori di uso e di sintassi per la non conoscenza delle strutture grammaticali della lingua italiana, dovuta ad una cattiva guida da parte degli insegnanti. Ho cercato di sviluppare le capacità del bambino, stimolando il bisogno degli strumenti della cultura e valorizzando le attività che vi si connettono.

Il rapporto con gli insegnanti nella scuola

In realtà l'ancora di salvezza della così detta dislessia si rivela inadeguata a cogliere la realtà complessa e poliedrica, e perché no, policroma, del ragazzo, al quale forse faremo un grosso favore relegandolo nel limbo della dislessia, in quanto gli daremmo l'oscar del miglior interprete del ruolo che in parte sta recitando.
Quindi, se partiamo dal presupposto che è una parte che egli sta recitando, non solo lo smascheriamo, ma andiamo anche avanti nel processo terapeutico. Infatti il suo desiderio manifesto di "protagonismo" hollywoodiano apparentemente lo precipita nel ghetto dorato della dislessia, ma allo stesso tempo rivela una semeiotica caratteristica, da una parte la sua abilità non irrilevante nell'arte della recitazione, che svela un notevole quoziente intellettivo, ed è una prima comunicazione ad alto livello, dall'altro l'apparente dislessia o errori o "devianze" nella comunicazione non è altro che un segnale di richiamo sulla sua condizione di disagio, insoddisfazione, frustrazione o, in parole più povere, della sua interruzione nel flusso di comunicazioni; abilità recitativa e devianza comunicativa o black-out sono due facce della stessa medaglia, una condizione di "carenza esistenziale" che non trova poli di riferimento interattivi tali da inserire attivamente il ragazzo nell'insieme di relazioni di reciprocità esistenziale.

L'interazione con gli insegnanti di classe e con l'insegnante di sostegno

Sembra quella del ragazzo l'inizio di una piccola esistenza mancata. Anzi, siccome abbiamo sempre parlato di relazioni dotate di reciprocità, tali poli interattivi esistono e finiscono con l'aggravare la situazione di partenza dell'alunno. Questi poli "negativi" che interagiscono nei confronti del ragazzo sono gli insegnanti, la scuola, la famiglia. Ma vediamo come si manifesta questo "atteggiamento separatistico" nei confronti del ragazzo.
Innanzitutto il volere il ragazzo fuori dell'aula, affibiandogli esercizi e programmi diversi, enfatizza la sua situazione di isolamento già ampiamente sperimentata all'asilo. Andrea non ha frequentato un lungo periodo d'asilo, solo tre mesi. La sua infanzia è trascorsa nel "calore" familiare. Si sono presi cura di lui, la madre, che è casalinga e quindi ha potuto badare a lui e la nonna materna, che attualmente vive nello stesso stabile. Il ragazzo è molto affezionato a lei, va a trovarla spesso e anche a scuola ne parla volentieri.
Il ragazzo, invece di essere recuperato e inserito all'interno del suo ambiente "naturale", che è la sua classe, viene espulso dai suoi terapeuti naturali, cioè gli insegnanti e artificialmente inserito in un habitat artificiale dove trova una insegnante di sostegno, che forse può anche tentare una operazione di recupero nei suoi riguardi con un certo successo, ma con quale fatica e dispendio di energie e soprattutto cercando di risolvere il problema dalla coda e non dalla testa.
Infatti come afferma il pedagogista Decroly. La scuola per la maggioranza degli allievi costituisce un ostacolo per il loro sviluppo regolare, favorendo il "disgusto al lavoro", la pigrizia e le conseguenze che ne derivano. E' il caso di Andrea, che durante molte attività che vengono svolte in classe non sentendosi da parte dell'insegnante di lettere né coinvolto, né sollecitato, si chiude in se stesso, assumendo atteggiamenti passivi senza essere capace di applicarsi al lavoro assegnatogli. Molto spesso l'insegnante di sostegno lo lascia solo per far sì che si responsabilizzi, ma il ragazzo con un semplice sguardo ricerca la sua presenza. Inoltre l'insegnante di lettere spesso presenta alla classe dei lavori di gruppo non sempre adattabili alle sue capacità. L'insegnante di sostegno purtroppo ne viene al corrente sempre troppo tardi ed è costretta ad improvvisare. Anche durante le interrogazioni orali non si tiene conto delle sue difficoltà : lo vorrebbero "uguale" agli altri, sempre pronto ad intervenire. Andrea partecipa solo alla presenza dell'insegnante di sostegno : appare sicuro e disinvolto.
Forse tutto questo è anche dovuto al fatto che l'insegnante di lettere è nuova in questa classe ed anche molto esigente. Con gli altri insegnanti invece appare sicuro e tranquillo : sono infatti insegnanti suoi ormai da due anni. C'è da dire poi che mantengono una stretta collaborazione con l'insegnante di sostegno. Durante le verifiche in classe esigono la sua presenza, come anche nelle scelte delle verifiche stesse e della correzione. Durante il corrente anno scolastico hanno sempre svolto un lavoro interdisciplinare per un maggior rendimento dell'alunno, tenendo conto dei disturbi e delle alterazioni intellettive di Andrea. Un altro osso duro è l'insegnante di religione; più volte gli è stato ricordato quali fossero le difficoltà a cui va incontro il ragazzo, ma permane in lui la convinzione della furbizia e cattiva volontà del ragazzo. Andrea infatti nell'ora di religione viene continuamente "molestato" tanto da arrivare al punto di odiare la materia e l'insegnante stesso.
Quindi, diciamolo pure, l'educazione non tiene più conto delle facoltà degli allievi, anzi le ignora o le impegna disordinatamente e separatamente. Un programma deve tener conto delle loro esigenze, delle risorse e soprattutto dell'ambiente sociale. E poiché fa appello al bisogno di attività che è nell'allievo, chiama in causa le sue risorse e la sua responsabilità e richiede collaborazione e scambio umano, cioè esso provvede nel modo migliore e più spontaneo alla formazione morale.
"Ogni educatore deve porsi prima di tutto il problema di come affrontare il rapporto diretto con l'educando, in quanto, per attuare interventi didattici significativi, l'atteggiamento da assumere, il modo di approcciarsi, sono una condizione indispensabile per l'instaurarsi di un sicuro iter educativo. Non si riflette molto al riguardo, anche a causa di una errata mentalità, non forse cosciente, ma insita ancora in molti insegnanti, nonostante tutto il dibattito pedagogico, secondo la quale deve essere il ragazzo ad adattarsi al modo di essere e di lavorare dell'insegnante. Questo errore è pericoloso, in quanto per il ragazzo che si sviluppa in modo normale, se egli non dispone del normale sistema di sostegno, hanno luogo gli adattamenti e le compensazioni, ma per il ragazzo ritardato, irregolare nello sviluppo, l'insegnante diventa più importante e significativo.
Per analizzare come noi educatori dobbiamo essere per entrare in accordo con il ragazzo handicappato, occorre riflettere sulle esigenze che egli propone e che ci spingono ad essere stimolati verso una conoscenza piena del ragazzo. Certamente non è facile realizzare un rapporto pieno e significativo con il ragazzo; occorre analizzare dapprima la componente del rapporto educativo: l'insegnante. Il ragazzo, non avendo degli interessi spontanei, non avendo, se non marginalmente, la necessità di conoscere le situazioni in cui si trova, ha bisogno di essere guidato dall'educatore. Questa è una considerazione ovvia, purtroppo molto spesso non analizzata. L'azione dell'insegnante è dunque determinante, l'educatore dovrà acquisire una concezione diversa del lavoro. Quali errori evitare? Eccessive manifestazioni di protezione. Voler bene non significa considerare il ragazzo un valore intoccabile ai piedi del quale l'educatore debba sempre soccombere. Non bisogna obbedire a tutti i suoi capricci e dare la sensazione che tutto gli sia permesso. L'amore per il ragazzo non deve essere confuso con la debolezza dell'insegnante . L'allievo deve sentire un affetto reale e profondo da parte dell'educatore."(L.D'Alonso)
Ma torniamo agli insegnanti. Essi potrebbero fare molto di più nei confronti dell'alunno se lo considerassimo l'anello più debole, emotivamente, nel processo della comunicazione e non il meno dotato intellettualmente.
Essenziale in questo processo di recupero emozionale e di fiducia dovrebbe essere il professore di lettere in una scuola a tempo prolungato e con conoscenza psicologica molto elevata e complessa, ma nel caso di questo ragazzo nemmeno l'ombra di siffatti individui, i quali anzi con la loro incompetenza aggravano la situazione dell'alunno in questione.
In ogni caso, anche ammettendo che l'alunno continuasse a manifestare carenza nel campo delle lettere, ed è tutto da verificare, rimarrebbe da potenziare le sua capacità espressiva nel campo tecnico-artistico, musicale e ginnico , che potrebbero essere valutate all'interno di una semeiotica dei richiami di attenzione. Comunque pare tra l'altro che l'alunno disegni attivamente, rivelando adeguate capacità logiche. Nell'area psicomotoria, Andrea è molto lento ; da alcuni test effettuati durante le ore di educazione fisica, ho notato che presenta difficoltà di coordinazione generale, ha poca resistenza, si stanca subito e non sempre riesce a superare gli ostacoli. Ama invece moltissimo la pallavolo; partecipa attivamente a tutte le partite che si effettuano nelle ore di scuola; la sua coordinazione oculomanuale non è molto sviluppata, tuttavia riesce nei semplici movimenti quali: palleggio e battuta dal basso. Ha una buona conoscenza dello schema corporeo, ma non è ben lateralizzato: il suo lato dominante è il destro.
Il dislessico quindi non è né un handicappato nel senso usuale del termine né un soggetto affetto da un deficit funzionale. Basti ricordare la storia di Umberto, il ragazzo dislessico di cui parla Pirro nel suo romanzo: "Mio figlio non sa leggere". Umberto si scontra nel corso della sua carriera scolastica con un padre terapeuta autodidatta, il quale si impegna a guarirlo lottando contro tutti: la scuola e l'ignoranza degli insegnanti, l'insufficienza e la sordità delle strutture sociali.
Ritornando a noi, la continua interazione tra alunno e insegnanti condiziona nel nostro caso in modo negativo il ragazzo, che proprio in questo sistema interagente di flussi comunicativi, si trova ad essere lo "zoccolo" duro, per reazioni necessitanti, del rapporto insegnante-discente.
Il sistema dell'"apartheid" didattico instaurato dagli insegnanti nei confronti suoi genera una "escalation" isolazionistica dell'alunno, non solo nei riguardi degli insegnanti nei cui confronti non nutre alcuna fiducia, ma anche nei riguardi degli altri e del mondo circostante. E questa escalation non include ovviamente solo la sfera affettiva, ma anche quella didattica. L'insegnante di sostegno potrebbe rivelarsi molto utile se fosse capace di fare reinserire il ragazzo nel "normale" flusso comunicativo e cioè classe, insegnanti e famiglia.
Ma, permanendo lo stato di apartheid, il suo "sostegno" potrebbe rivelarsi controproducente. . All'interno di un gruppo, classe-insegnanti soprattutto, omogeneo e integrativista, l'alunno con il tempo potrebbe reinserirsi ad un livello più basso della comunicazione interattiva di tipo affettivo e didattico. Purtroppo la scuola, più esattamente gli insegnanti rivelano atteggiamenti totalizzanti che non consentono, anche attraverso attività operative, alternative, il recupero dell'alunno.

Le relazioni nella famiglia

Tanto più, e qui siamo all'altro polo della relazione negativa, che ,giunto a casa , il ragazzo trova un ambiente apparentemente disponibile, ma nei fatti contrario alle sue esigenze più immediate.
Il padre lo vorrebbe a sua immagine e somiglianza e il ragazzo apparentemente fa di tutto per non tradire le sue aspettative, ma la paura di essere inferiore alle attese del padre-padrone, lo rende ipersensibile e incapace di esprimersi in modo adeguato e più il padre pretende, tanto meno il ragazzo è capace di corrispondere alle richieste paterne. Sono due linguaggi diversi, destinati a non incontrarsi mai, anzi con il tempo a dividersi sempre di più fino a diventare quasi certamente opposti e contrari. Sembra che il figlio abbia nei confronti del padre un "apparente" e "sicuro" atteggiamento di imitazione che in effetti non fa altro che accentuare ,a livello inconscio, per seguire Freud, il rifiuto del modello imposto dal padre-padrone.
L'apparente aderenza al modello paterno e il contemporaneo dilacerante tentativo non tanto "criptico", cioè nascosto, di trovare e seguire una via alternativa e "personale" generano una situazione conflittuale accentuata forse dall'atteggiamento protettivo della madre che, seguendo i suoi istinti più naturali e reattivi, da un punto di vista della Pragmatica della comunicazione, si sente inconsciamente, ma forse anche consapevolmente autorizzata a difendere le esigenze "autonomistiche" del proprio figlio.
Non sappiamo bene che cosa succeda nella famiglia, nel chiuso del focolare domestico, ma è probabile che si sviluppi una conflittualità triangolare dovuta proprio alle divergenti e dilaceranti interpretazioni della realtà che i tre attori protagonisti incarnano, coinvolgendo anche gli altri membri della famiglia.
Andrea ha buoni rapporti con la sorella Barbara che lo segue nel suo iter scolastico. Frequenta il liceo artistico a Varese. Durante le ore libere spesso Barbara esegue dei disegni ; Andrea li custodisce preziosamente nella sua cartella di educazione artistica e li mostra a tutti. Il fratello Claudio, invece, è per lui un compagno. Porta Andrea fuori a cinema, a cena. Egli è felice: è come se sentisse di essere ormai adulto. A volte lo imita anche sul lavoro, e ancora pretende di guidare la ruspa come fa Claudio.

Proposte di recupero

Lavoro a casa o da fare in classe. Molti libri di grammatica e di ortografia, usati nelle scuole contengono esercizi molto utili per la rieducazione di un dislessico; esercizi di lettura, di scrittura.

Esercizi di lettura
Se il bambino presenta difficoltà ad assimilare le nozioni "prima", a destra, gli si chiede di sottolineare, in un testo qualsiasi, tutte le lettere che si trovino prima di una a, dopo una r. Dato un testo, il bambino sottolinea tutte le p o tutte le d, tutte le consonanti sorde, tutte quelle sonore.
Il rieducatore presenta delle frasi da completare o che implicano una risposta. La risposta scritta dal bambino permette di controllare il suo grado di comprensione della lettura. Il bambino porta il libro che ha incominciato a leggere nei suoi momenti di svago o che ha scelto su suggerimento del rieducatore. Gli viene detto di continuare a casa questa lettura. Per fare un certo controllo del lavoro eseguito, si può richiedere al soggetto di sottolineare tutte le parole capite male e difficili da leggere. Queste parole verranno studiate nella seduta seguente e contemporaneamente si faranno alcune domande sul testo per verificare se il bambino ha lavorato coscienziosamente, ha capito quello che ha detto e sa darne un resoconto chiaro.

Esercizio per continuare ad automatizzare la conoscenza dell'ordine alfabetico:
il bambino sottolinea in un testo la prima a che trova ; poi la b, ecc... . E' questo un esercizio di lettura che implica un certo lavoro di analisi, ma che richiede, tuttavia,una conoscenza più approfondita dell'ordine alfabetico.

Esercizi di scrittura
I Il bambino cerca la lettura o le letture composte da un occhiello posto a destra dell'asta, in alto a sinistra, ecc... ; trova e scrive una o due esempi di parole in cui si trovino quelle letture.
2 Date le consonanti sorde, il bambino trova e scrive le consonanti sonore corrispondenti. 3 Il soggetto ha sotto gli occhi alcuni polisillabi che copia, separandone gli elementi a seconda dei diversi suoni che ha sentito mentre venivano pronunciate. 4 In caso di confusione fra sorde e sonore nella scrittura di parole con gruppi di consonanti, si richiede al bambino di cercare parole nelle quali si trovino ad esempio . cl,gl,cr. 5 Deve trovare e scrivere parole che contengono determinati suoni : gli, gua, ci,scia.

Esercizi di grammatica e di ortografia

I Il bambino deve sottolineare in un testo, con una matita di colore differente, i verbi, i nomi.
2 Deve fare l'analisi grammaticale completa di tutte o di parte delle parole contenute in una o due frasi date dal rieducatore.
3 Poiché la scrittura corretta e rapida dei verbi nelle loro molteplici forme richiede un trattamento molto lungo, in ogni seduta, faremo coniugare uno o più verbi nei diversi modi e tempi che l'allievo è tenuto a conoscere.
4 Ricerca di parole della stessa famiglia. Questo esercizio è utile in molti casi per migliorare l'ortografia.
5 Si dà un testo in cui ci siano omissioni di parole. L'esercizio può essere fatto sull'uso di questo o quel tipo di aggettivo o di pronome.
6 Ai bambini che debbono esercitarsi a leggere da soli a casa assegniamo il seguente esercizio; rispondere per iscritto a domande poste in calcio a un testo; le risposte corrette, che richiederanno una buona comprensione di ciò che è stato letto, dovranno essere redatte in poche righe.
7 Il bambino deve svolgere un tema su soggetto libero o suggerito dal ricercatore. 8 Una parte della successiva seduta sarà dedicata alla correzione del componimento.

Esercizi collettivi

Data la grande varietà di difficoltà che presentano i dislessici e la diversità delle tecniche che debbono essere usate a seconda dei tipi di bambini, non è possibile praticare una rieducazione collettiva. Si possono organizzare sedute collettive, come l'esperienza di classi di lettura dirette da specialisti. In generale riteniamo la seduta chiusa quando lo scolaro riporta per tre mesi la sufficienza o più.

Programmazione anno scolastico
Il Consiglio di classe ha fissato i seguenti obbiettivi.

Obbiettivi iniziali
A Tener presente nella scelta dei contenuti i problemi, la cultura e gli interessi di questo alunno.
B Recupero di quelle capacità e conoscenze di base senza cui le possibilità di partecipazione attiva e di buoni risultati sono molto ridotte.

Obbiettivi intermedi
I Acquisizione degli strumenti fondamentali per la partecipazione all'attività scolastica:
Saper leggere e comprendere quanto letto e ascoltato
Verbalizzare l'esperienza propria
Organizzare le idee in un discorso ordinato logicamente
Utilizzare i mass-media, giornale, libri
Collegamento con l'ambiente, la vita e i problemi di oggi

Obbiettivi finali
Potenziamento delle abilità linguistiche di base
Capacità logiche e di calcolo
Capacità di osservazione e di rappresentazione grafica
Acquisizione della lingua francese, con la conoscenza dei vocaboli più comuni.

Le ore settimanali di sostegno sono così ripartite durante la settimana:
Lunedì, seconda ora, artistica, terza ora, matematica, quarta ora, lettere, quinta ora, lettere; martedì, terza ora, lettere; mercoledì, quarta ora , francese, quinta ora, francese ; giovedì, prima ora, lettere, seconda ora, lettere ; Venerdì, seconda ora, lettere, quarta ora, matematica, quinta ora, matematica.
Durante l'anno, viste le capacità normali dell'alunno, gli si darà un interesse: la realizzazione degli origami. Si cercherà di tenere quanto più possibile l'alunno nella classe, tranne nei casi in cui avrà bisogno di un intervento più individualizzato. Lettere Narrativa: lettura e questionario del libro di testo
Antologia: smontaggio in sequenze e rimontaggio
Recupero grammaticale
Storia e geografia

Segue il programma della classe.

Quadernone con immagini
Matematica e geometria
Quattro operazioni, frazioni, Corrispondenza biunivoca, Raggruppamento per caratteristiche delle figure geometriche, Isometria, Operazioni con numeri decimali e con lo O. Quadrato, rettangolo, triangolo, area e perimetro
Scienze Segue il programma
Francese Conoscenza e uso delle più elementari strutture linguistiche e lessicali. Saper presentare se stesso e i compagni, saper salutare, saper chiedere le più elementari informazioni

Conclusioni

Questa situazione relazionale bloccata in un vicolo cieco "tracima" nel contesto relazionale del ragazzo.
Impedendogli una normale pragmatica della comunicazione umana e trasformando le altre situazioni di reciprocità relazionale in altrettanti black-out o corto circuito della comunicazione , Binswanger, seguendo il suo maestro Heidegger, parlerebbe di esistenza mancata o forse, meno drasticamente, di carenza esistenziale.
Per lui il linguaggio viene considerato come una "stramberia" e cerca di cogliere l'essenza di tutto quello che nel comportamento delle persone è esagerato, fuori dal comune. Egli coglie nella situazione del ragazzo quel tanto di angoscia, oltre che esistenziale, anche metafisica, che metterebbe anche il ragazzo nella scomoda e alienante posizione di chi "è gettato nel mondo" e dal mondo sembra essere disumanamente rifiutato.

Bibliografia

De Ajuriaguerra, Marcelli, Psicopatologia del bambino, ed.Masson, Milano, I988 E.Bonistalli, Prevenzione e trattamento della dislessia, La nuova Italia,Scandicci, I973 F.Kocher, La rieducazione dei dislessici, Armando Armando, Roma, I968
B. Laddomade, Dislessia : problema relazionale, Armando Armando, Roma, I979
P.Watzlawick, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio , Roma, I97I R. Eynard, La lettura nella scuola dell'obbligo, Giunti, Teramo, I985
F. Boschi, A.Smorti, F.Tani, La lettura e l'insegnante-I disturbi della lettura secondo le indicazioni degli insegnanti, Firenze, I977
G.Sartori, La lettura : Processi normali e dislessia, il Mulino, Bologna, I984
G.Stella, La dislessia . aspetti clinici, psicologici e riabilitativi , Ed.F.Angeli, Milano, I996 A.Luisi, C.Ruggerini, Dislessia e disagio pedagogico. Un approccio interdisciplinare per la diagnosi e l'aiuto, Ed.T.E.M.I., Bologna, I997

Indice Introduzione p.I Descrizione del caso p:2
Il rapporto con gli insegnanti nella scuola p.4
L'interazione con gli insegnanti di classe e con l'insegnante di sostegno p:4 Le relazioni nella famiglia p.7
Proposte di recupero p.7
Programmazione anno scolastico p.9
Conclusioni p.I0
Bibliografia p.I0 Indice p.II


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