Appello contro la privatizzazione della biblioteca Lame e contro la decisione dell'Università di mettere a pagamento le attività didattiche rivolte alle scuole
Cesp Bologna - 26-01-2017
Negli ultimi anni la didattica della scuola di base ha subito duri colpi che la spingono a rinchiudersi nelle aule o a pagare per aprirsi alla città.
Prima è stata la ministra Gelmini a togliere nel 2009 le compresenze che fino ad allora permettevano agli insegnanti di rispettare i vincoli assicurativi e di accompagnare in coppia le classi ai musei e ai teatri.
Poi il Comune di Bologna nel 2014 ha messo a pagamento le attività proposte dai musei cittadini per le scuole.
Quest'anno due nuovi tasselli minacciano di aggiungersi allo smantellamento del diritto ad una fruizione sociale e gratuita del patrimonio culturale cittadino: le attività dei musei universitari e il funzionamento delle biblioteche di quartiere.
I musei universitari, che hanno sempre proposto alle scuole attività didattiche gratuite per la conoscenza delle loro collezioni, hanno deciso poche settimane fa di cambiare regime, facendo pagare due euro a bambino per ogni attività.
Si cambia quindi paradigma, passando da un'università che promuove la propria ricchezza culturale accumulata nel tempo ad un'istituzione che vende quello stesso patrimonio alle bambine e ai bambini delle scuole.
L'Amministrazione comunale invece avvia un piano di esternalizzazione completa della gestione delle biblioteche pubbliche, dando in appalto i servizi a cooperative. Il processo dovrebbe iniziare proprio in questi giorni dalla biblioteca Lame "Cesare Malservisi", una sede tra le più attive e virtuose che collabora strettamente con le scuole del territorio e che rappresenta un importantissimo presidio sociale e culturale per l'intero quartiere. Il processo di esternalizzazione avrebbe un effetto distruttivo sulle attività in essere con le scuole e sulla qualità del servizio attualmente offerto ai cittadini; inoltre sostituirebbe lavoratori e lavoratrici tutelati nei diritti e nei salari con altri sottopagati e precari.
Per questo diciamo no a questi nuovi passi verso la messa in vendita e lo smantellamento dei servizi cittadini di fruizione gratuita del patrimonio culturale e chiediamo che le istituzioni ritornino al più presto sulle loro decisioni.
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