MADE IN USA. Le origini americane della Repubblica Italiana
Un libro di Ennio Caretto e Bruno Marolo, Rizzoli 1996.
Subito dalla sovracopertina si capisce che questo è un libro di cui si
può fare a meno. Tratta dei maneggi segreti degli americani in Italia
dal 1943 al 1948, cosa che sembrerebbe promettere bene ma:
1) gli autori Caretto e Marolo sono rispettivamente (o erano al momento)
il corrispondente da Washington del «Corriere della Sera» e il capo dei
corrispondenti dal Nord America dell'ANSA;
2) i medesimi annunciano di fare discorsi se non rivelazioni in base a documenti segreti degli
archivi di Washington poco prima resi disponibili al pubblico;
3) l'editore è Rizzoli.
Anche essere l'ultimo dei giornalisti del «Corriere della Sera» e l'
ultimo degli addetti dell'ANSA significa essere dei collaudati elementi
di quell'apparato di regime che è l'_establishment_ mediale italiano:
figurarsi il corrispondente da Washington e il capo sezione per il Nord
America. I due potranno essere presi sul serio quando pubblicheranno
manuali di giardinaggio o ricettari gastronomici, non libri su quegli
stessi argomenti che per mestiere devono trattare in certi modi. Per
quanto riguarda i documenti _top secret_ declassificati nel 1995 dal
governo USA è chiaro che non valgono la carta dove sono scritti; non
perché siano falsi, anzi presi uno per uno sono certamente autentici, ma
il fatto è che evidentemente sono stati selezionati: neanche un governo
che dovrebbe essere candido come quello di San Marino ti fa vedere tutte
le sue carte, perché qualcosa di compromettente c'è sempre, e figurarsi
quello americano, che nell'ultimo mezzo secolo ha organizzato di
nascosto più di 500 colpi di Stato qua e là per il mondo, e in un modo o
nell'altro ha provocato la morte di più di trenta milioni di civili di
ogni razza, sesso ed età, fra i quali molte decine di personalità di
rilievo mondiale (come un Segretario delle Nazioni Unite, un Presidente
di azienda petrolifera di Stato italiana, un Primo Ministro svedese, un
altro italiano, un Presidente di Repubblica dell'Africa, un altro dell'
Oceania eccetera). Infine il libro è edito dalla Rizzoli, che non è una
piccola casa editrice indipendente in lotta contro l'establishment
mediale italiano, ma è uno dei massimi rappresentanti dell'establishment
stesso, è il Sistema in persona. Prendere per buono un libro edito dalla
Rizzoli che tratta di questi argomenti sarebbe come volere imparare a
difendersi dai ladri da un manuale stampato dalla Banda Bassotti. In
breve, il libro "Made in USA" è il prodotto --puro e smaccato-- di una
parte in causa: da quella parte provengono gli autori, i documenti, l'
editore. Ciò, se permettete, lo squalifica in partenza.
Volendolo leggere per curiosità, i sospetti non possono che essere
confermati: sono le solite chiacchiere filoamericane, è il solito bla
bla di regime che da più di mezzo secolo ci affligge. Sono presi in
considerazione diversi argomenti, risalenti agli anni dal '43 al '48,
sui quali secondo gli autori i documenti resi pubblici dal governo
americano rivelano inediti piccanti. Ma i dettagli sui vari Adriani
Olivetti che cercano contatti col nemico in Svizzera, sui vari Giovanni
Battisti Montini che dal Vaticano passano informazioni belliche agli
americani, sui vari Carli Sforzi che da fuoriusciti cercano di scegliere
fra americani e inglesi il padrone futuro, sui vari Finocchiari Aprili
che scrivono alle mogli dei Roosevelt per perorare la causa di una
Sicilia "longa manus degli Stati Uniti in Europa" e così via, tutti
questi non aggiungono davvero molto a vicende che nel loro squallore
sono arcinote da tempo. Vicende che inoltre, e per inciso, non
compromettono in alcun modo gli Stati Uniti e anzi nel caso di
Finocchiaro Aprile risultano per loro quasi edificanti. Riproporre le
medesime con qualche piccola pezza documentale in più è servito solo per
fare pagine e colore attorno ai veri argomenti del libro, che sono due,
due nodi ancora attuali e dibattuti in Italia: i rapporti degli
americani con la mafia, e certe gravi interferenze americane nella
politica italiana del dopoguerra, e di oltre.
È qui che arrivano le chiacchiere, il bla bla, i black out mentali a
senso unico.
Tutti sanno che gli americani resuscitarono una mafia siciliana che il
fascismo aveva praticamente distrutto (semplicemente nominando alla fine
del 1925 un plenipotenziario ad hoc, Cesare Mori detto il prefetto di
ferro: questi nel giro di un anno arrestava ed avviava a processi di
massa circa 10.000 mafiosi, sradicando così il fenomeno). Anche, tutti
sanno come avvenne. Prima dello sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943 il
governo americano si premurò di mettersi in contatto con quanto rimaneva
della mafia siciliana (attraverso il boss di Cosa Nostra Lucky Luciano,
allora in carcere negli USA, il quale curò l'abboccamento con Calogero
Vizzini, uno dei pochi pezzi da novanta rimasti in Sicilia dopo la cura
Mussolini). Poi, dopo lo sbarco e presa in un mese la Sicilia, gli
americani posero a capo dell'Amministrazione militare alleata il
"colonnello" Charles Poletti [1], che altri non era che il vice
governatore dello Stato di New York con una divisa addosso, il quale
assunse lo stesso Calogero Vizzini come interprete personale e cominciò
a girare tutti i poteri civili della Sicilia alla mafia: piazzò tutti i
mafiosi che poté trovare a capo delle amministrazioni municipali e
provinciali provvisorie (Calogero Vizzini fu nominato sindaco nella sua
tradizionale area di "influenza", e lo stesso avvenne con un mafioso già
famigerato come Genco Russo); affidò agli stessi la gestione degli aiuti
alle popolazioni civili; e in più concesse alla mafia libertà di furto
nei magazzini militari americani, dove c'era preziosa merce di
contrabbando (benzina, sigarette, caffè, altro; il trucco di lasciarsi
rubare la merce solo da chi si vuole fu poi usato anche dal governo
italiano in Albania nel 1998 per accattivarsi la criminalità organizzata
locale). Poi gli americani celebrarono platealmente il connubio fra la
mafia e la Democrazia Cristiana siciliana, una sezione regionale che
risultò decisiva negli equilibri interni di questo partito e che
condizionò così l'intera politica italiana sino praticamente al 1990,
per quasi mezzo secolo. Infine tra il 1946 e il 1948 furono deportati in
Italia come "indesiderabili" circa 200 boss italoamericani di Cosa
Nostra, i quali --seguiti anche da parenti e amici-- non fecero che
dilatare di molto la mafia che già c'era in Italia; in termini di pezzi
da novanta probabilmente la raddoppiarono o più (fra i deportati
figuravano elementi come Frank "Tre dita" Coppola, Joe "Bananas"
Bonanno, Joe Adonis, Vito Genovese, Vincent Mangano, Joe Profaci, Antony
Lo Piparo, Frank De Luca, eccetera). Il primo ad essere deportato, nel
1946, fu proprio Lucky Luciano, liberato anzitempo dal carcere per
"servizi resi agli Stati Uniti" (testuali parole sul documento di
grazia; Luciano avrebbe dovuto rimanere in carcere sino al 1976).
Così come --venendo al secondo nodo-- tutti sanno che subito, a partire
dal 1943, gli americani cominciarono un condizionamento sulla politica
interna italiana assai pesante e che non sarebbe mai cessato. Tutti
sanno che furono gli americani nel dicembre del 1945 a sostituire alla
presidenza del Consiglio l'azionista Parri con il democristiano De
Gasperi, il loro uomo; che si accordarono con quest'ultimo nel maggio
del 1947 per scaricare i comunisti dal governo; che in base a un loro
sforzo propagandistico diretto fecero vincere alla Democrazia Cristiana
le elezioni dell'aprile 1948 (uno sforzo così plateale che divenne di
riferimento nel mondo; furono fatti partecipare anche i divi del cinema
americano e nel suo _The CIA: A Forgotten History_ del 1985 William Blum
vi dedica il secondo capitolo che intitola "Italy 1947-1948: Free
Election, Hollywood Style"); che con ogni verosimiglianza continuarono
così anche negli anni successivi, anche se non furono sempre scoperti.
Così come tutti sanno che l'organizzazione paramilitare segreta
"Gladio", che raccoglieva e armava militari e civili nell'
venienza --dissero-- di un'invasione dell'URSS o di un colpo di Stato
comunista, era stata messa in piedi sempre in quegli anni dagli
americani, che poi avevano continuato nella gestione.
Tutti, dicevamo, sanno queste cose, le hanno sempre sapute. Ciò che
invece è sempre rimasto poco chiaro sono le vere motivazioni americane,
cioè all'ultimo il vero senso dei fatti suddetti. E sono proprio tali
vere motivazioni che il libro pretende di rivelare, o di stabilire con
certezza, in base alle sacre carte di Washington. Ma non lo fa: la
verità non la dice. Vediamo i due casi ad uno ad uno.
Nel libro i rapporti degli americani con la mafia sono spiegati nel modo
seguente. La mafia siciliana fu contattata prima dello sbarco in Sicilia
allo scopo di convincerla ad agevolare le operazioni di sbarco e poi la
conquista dell'isola: una decisione di ordine militare, presa in stato
di necessità. Eseguita la conquista dell'isola ci si affidò alla mafia
per le amministrazioni locali provvisorie perché la mafia era capace di
tenere l'ordine e ciò era comodo per gli occupanti: una decisione di
ordine amministrativo, presa in stato di necessità. Presa tutta l'Italia
ci si accorse che specie al Nord c'erano molti comunisti, che andavano
tenuti a bada perché sicuramente avrebbero tentato di impadronirsi del
potere anche con le armi, potere che non avrebbero più mollato; inserire
la mafia nella Democrazia Cristiana le dava maggior forza per
contrastare la sovversione comunista: una decisione di ordine politico,
presa in stato di necessità. Alla fine, dice il libro, gli americani
davvero fecero risorgere la mafia, ma si trattò di un effetto del tutto
indesiderato, imprevisto, non voluto, frutto di una serie di decisioni
forse sfortunate, ma prese ognuna in base a precise necessità o
convenienze del momento. È --in verità-- ciò che gli americani hanno
sempre concesso all'elite intellettuale italiana in merito alla
faccenda, al di là delle smentite ufficiali su ogni e qualunque contatto
con la mafia, evidentemente destinate al popolo bue: "Sì è tutto vero,
abbiamo avuto un sacco di contatti con mafiosi, e proprio per ciò la
vostra mafia è rinata, ma non prevedevamo tale esito e d'altra parte
avevamo dei motivi; scusateci di avere ceduto alla tentazione di farci
aiutare dalla mafia allo scopo prima di salvare delle vite americane
durante la campagna d'Italia e poi di tenere lontana dallo Stivale la
minaccia bolscevica; era tutto per voi, prima per liberarvi e poi per
mantenervi liberi, ma di nuovo scusateci".
Ma scherziamo? È come dire che gli americani sono scemi, che sono degli
irresponsabili che non si rendono conto di ciò che fanno. Ma se sono
scemi, come mai sono arrivati al punto in cui sono, a tenere un piede
sul collo a noi europei tutti e a un passo dal dominio planetario
totale? È appunto che non lo sono, che sono il contrario, cioè dei
fortissimi ragionatori che pianificano bene e in anticipo le loro mosse;
solo che sono così abili --così naturalmente ipocriti e bravi nella
recitazione-- da mascherare alla perfezione tali mosse dando l'
impressione sempre che tutto scaturisca dal caso, dall'imprevisto, dall'
equivoco, dall'errore, anche dalla scemenza certo, anzi questa è l'
impressione che più ambiscono di dare.
La verità sui rapporti USA-mafia è quella che --mi sembra per la prima
volta-- ho esposto io nel mio libro _Vecchi trucchi_ del 1991 (Edizioni
Il Cerchio, Rimini, cooperativa libraria ben lontana dall'essere la
Rizzoli); e cioè è che gli USA programmarono tutto, e ben prima che
fosse deciso uno sbarco in Italia, o che fosse certo che nel caso questo
sarebbe avvenuto in Sicilia. Lo programmarono quei loro _think tanks_
formati da storici, filosofi, psicologi, antropologi, economisti,
politologi, strateghi militari e così via, che si riunivano tutti
assieme per studiare i problemi di guerra e trovare le soluzioni. Il
problema "Italia" si configurava così: Nel caso quasi scontato che la si
conquistasse, come fare poi per tenerla sotto per sempre e
"democraticamente", cioè senza tenervi in permanenza centinaia di
migliaia di soldati, cosa anche insostenibile dal punto di vista
economico? Oltre al solito sistema neocoloniale americano (l'alleanza
con la media-alta borghesia locale, che in cambio si gode indisturbata i
frutti economici del Paese tolta naturalmente la parte assegnata alle
Multinazionali USA, alleanza agevolata e conservata dagli USA tramite
propaganda, corruzione, brogli elettorali, plagio di militari e
poliziotti eccetera) in Italia c'erano due elementi speciali aggiuntivi
da sfruttare: il Vaticano e la mafia. Si è visto che il primo si prestò
subito: anche Caretto e Marolo hanno ricordato come il cardinale Montini
passasse agli americani informazioni provenienti dalle nunziature di
Tokio e Berlino. Fra l'altro --cosa che invece i due non nominano-- fu
proprio in base alle mappe aggiornate di Tokio girate da Montini agli
americani che questi poterono operare dei bombardamenti della città così
micidiali come quelli al Napalm del febbraio-marzo 1945, esitati in
300.000 civili morti arrosto (fu il bombardamento metropolitano più
sanguinoso della Seconda Guerra Mondiale, poi viene Dresda e solo dopo i
due nucleari di Hiroshima e Nagasaki). Come ringraziamento degli USA, la
nuova Costituzione italiana approvata il 22 dicembre 1947 all'articolo 7
accoglieva come parte integrante i Patti Lateranensi del 1929, l'
improvvido regalo di Mussolini, e il Vaticano si stabilizzava nella
funzione di controllore dal di dentro dell'Italia prigioniera.
L'altro controllore doveva essere appunto la mafia. Al momento era
agonizzante, ma si ragionò che in condizioni adatte avrebbe potuto
risollevarsi in poco tempo. Gli esperti americani avevano capito quale
ruolo poteva ricoprire la mafia siciliana: poteva influenzare
innanzitutto i politici siciliani, e poi anche i restanti del Meridione,
e così arrivare a influenzare il Parlamento nazionale e tutta quanta la
politica italiana, nel senso di renderla docile ai voleri americani. La
mafia siciliana, una volta nella posizione di farlo, avrebbe spinto in
tale direzione spontaneamente: è una organizzazione criminale e come
tale per forza amica del capitalismo; inoltre c'erano i suoi legami con
la sua metastasi in terra americana, Cosa Nostra. Decisa la linea _pro
mafia_ essa cominciò ad essere attuata appena fu stabilito che si
sarebbe effettuato uno sbarco in Italia. La realtà è tutta l'opposto di
quanto creduto, cioè di quanto fatto credere. Gli americani non
ricercarono l'appoggio della mafia perché dovevano sbarcare in Sicilia:
sbarcarono in Sicilia proprio per avere loro americani la possibilità di
aiutare la mafia. Altrimenti sarebbero sbarcati direttamente nel Lazio
facendo prima. I contatti con Lucky Luciano, e poi con Calogero Vizzini
e gli altri, non servivano per garantirsi il sostegno della mafia in
Sicilia: gli Alleati sbarcavano con 470.000 uomini, 14.000 semoventi,
1.800 pezzi di artiglieria, più un appoggio navale e aereo che si può
dire sterminato, e avrebbero dovuto avere bisogno di don Calò e dei suoi
quattro scassapagghiari con doppietta? Andiamo. Quei contatti servivano
per trasmettere nuovo entusiasmo a quei mafiosi, per farli sentire
spalleggiati dal nuovo potere che stava arrivando in Italia, e per dar
loro possibilità d'espandere affari e personale con le eccezionali
opportunità del dopoguerra. Probabilmente a quegli uomini, a Luciano,
Vizzini eccetera, non fu detta tutta la verità; non era necessario, e
gli fu lasciato credere --se lo credettero, se non finsero di stare al
gioco, perché quegli uomini non erano esattamente dei nati ieri-- che
davvero gli americani avevano un po' bisogno di loro: l'importante era
stabilire una alleanza di fatto. L'alleanza funzionò: la mafia, protetta
dall'esistenza della Regione Autonoma Sicilia creata apposta (fu
inserita assieme ai Patti Lateranensi nella Costituzione del 1947, all'
articolo 116), prosperò appunto in Sicilia, dilagò nel resto del
Meridione allineando le criminalità organizzate locali (Camorra,
Ndrangheta, Sacra Corona Unita), si infiltrò nell'Italia centrale e nei
grossi centri dell'Italia settentrionale, e da quella posizione, oltre
al controllo della Democrazia Cristiana che aveva sempre avuto,
influenzò un numero sufficiente di altri parlamentari, uomini politici
e --certamente-- alti burocrati statali sino a diventare un fattore
essenziale della intera politica italiana, essenziale almeno quanto il
Vaticano degli spioni in bianco, italiani e polacchi.
Per quanto riguarda le interferenze americane nella politica interna
italiana, anche qui c'è uno stravolgimento completo dei significati. Gli
americani dopotutto hanno sempre ammesso, o ammiccato, le loro
intromissioni anche pesanti. Non nascosero a suo tempo di volere fuori
dal governo Parri, di volere fuori i comunisti, di volere dentro De
Gasperi, di interferire illegalmente con le elezioni del 1948, quelle
"stile Hollywood", di essere decisi a invadere l'Italia di nuovo nel
caso i comunisti andassero al potere anche legalmente. Arrivato il
momento, non si presero troppo la briga di nascondere che dietro Gladio
c'erano loro. Perché? Perché avevano sempre pronta la scusa tuttofare:
la Guerra Fredda, la necessità di contrastare i piani sovversivi del
Comunismo Internazionale ispirato da Mosca! E questa è precisamente la
spiegazione proposta anche da Caretto e Marolo, anzi data da loro per
certa e per super ribadita dall'esame dei sacri documenti di Washington.
Ma non è vero. Bastava che i due, invece che perdere tempo con le carte
di Washington, leggessero quel mio libro che ho già citato. Ma chissà,
magari lo hanno anche fatto. In ogni caso là si dimostra direi
inequivocabilmente (per chi vuole capire, certo) che la Guerra Fredda
era tutta una commedia americana. Non c'era nessun pericolo russo o
rosso, né nel mondo né tantomeno in Europa; sicuramente gli USA in cuor
loro a un tale pericolo non credevano. Serviva solo uno spauracchio per
avere la scusa di intromettersi in tanti Paesi del mondo, la scusa
appunto di dover combattere una minaccia comunista locale, allo scopo
vero di sovvertire quei Paesi stessi, di imporgli i regimi e i governi
che volevano gli USA. L'imposizione poteva avvenire anche tramite colpi
di Stato (e dal 1945 al 1990 gli americani ne ispirarono e organizzarono
circa 500 nel mondo) e ne valeva la pena: dai "loro" governi gli USA
volevano via libera per le loro Multinazionali, che così letteralmente
banchettarono divorando l'America Latina, l'Africa, l'Estremo Oriente,
metà Medioriente, un quarto diciamo di Europa Occidentale (la grande
espansione dell'Impero Neocoloniale americano che si verificò nella
seconda metà del XX secolo fu appunto dovuta alla brillante finzione
della Guerra Fredda, e a nient'altro; dopo la fine della Guerra Fredda
imposta da Perestrojka gli USA hanno iniziato una discesa, che forse è
una agonia).
In Italia non si trattava che di replicare la storiella. L'Italia non
correva il pericolo rosso: secondo il ferreo Patto di Yalta stava nella
parte americana. Togliatti lo sapeva e nei fatti si comportò sempre di
conseguenza: dopo l'attentato di Pallante del 14 luglio 1948 una rivolta
comunista sarebbe riuscita ma Togliatti vi rinunciò senza indugio. In
Italia si trattava, come in tutti gli altri Paesi interessati, di
fingere di combattere il "pericolo rosso" prendendo provvedimenti e
stabilendo iniziative e linee di azione che invece miravano solo e
soltanto a lucrare vantaggi per le proprie Multinazionali. Altrove
fingendo di preoccuparsi del pericolo rosso venivano magari organizzati
dei colpi di Stato "di destra", o comunque "anticomunisti", che con la
parola d'ordine della libertà di commercio facevano solo i giochi delle
Multinazionali statunitensi. L'esempio di riferimento è il colpo di
Stato in Brasile del 1964, che rovesciò il regolarmente eletto
presidente Joao Goulart sostituendolo col dittatore gen. Humberto
Castelo Branco, colpo eseguito secondo la "Operation Brother Sam"
gestita dal gen. Vernon Walters, da Frank Carlucci della Cia e dall'
Ambasciatore USA in Brasile Lincoln Gordon: entro il 1968 la metà esatta
delle industrie brasiliane --comprese 14 delle 27 industrie più grandi
in assoluto-- passavano proprietà di Multinazionali statunitensi; per
agevolare questi passaggi di proprietà il Ministero delle Finanze studiò
anche un meccanismo fiscale apposito detto della "bancarotta
costruttiva". In Italia questa strada super proficua ma troppo drastica
non fu giudicata possibile e si cercò di influenzare i governi italiani
in modo che fossero il più possibile favorevoli alle esigenze delle
Multinazionali statunitensi, e questo fu esattamente lo scopo di tutte
le intromissioni americane, di tutti i loro finanziamenti a partiti e a
giornali, di tutte le loro interferenze elettorali, di tutta la
propaganda e le attenzioni che dedicavano ai militari e poliziotti, di
tutte le organizzazioni Stay Behind che mettevano in piedi. Anche la
famosa strategia della tensione, eseguita facendo saltare treni,
stazioni ferroviarie, piazze eccetera, serviva solo per quello, per
avere governi più spaventati dalla "sovversione" comunista e quindi più
"di destra", "di destra" nel senso brasiliano si intende. Concretamente
la strategia della tensione era realizzata con elementi dei Servizi
Segreti italiani doppi, cioè dipendenti in realtà dalla CIA (come del
resto sono quasi tutti), che si infiltravano in gruppuscoli "fascisti",
li "pompavano" per bene e li spingevano ad attentati resi possibili
dalle loro informazioni e dai loro materiali; in questo senso è vero che
si trattava di "stragi di Stato" ma dietro lo Stato italiano c'erano gli
USA. (Stessa tattica veniva usata anche nei confronti dei gruppuscoli
comunisti è ovvio; vedi per tutti il caso Moro).
Questa, è la spiegazione delle interferenze americane nella politica
italiana. Così come quella sopra era la spiegazione dei rapporti tra USA
e mafia. Caretto e Marolo invece hanno continuato con le solite
convenzionalità di regime propalate per cinquantanni. Loro hanno dei
motivi per scriverle, così come case editrici come la Rizzoli hanno dei
motivi per stamparle, e così come del resto a Washington hanno dei
motivi per declassificare selezioni accurate di documenti. Ma noi, se
ricerchiamo la verità delle cose, che motivi abbiamo per prenderli sul
serio?
John Kleeves
[1] Charles Poletti è morto l'11 agosto 2002 in Florida, all'età di 99 anni.