Bene, brava, 7 più
Francesco di Lorenzo - 11-06-2016
Nella retorica di fine anno scolastico non poteva mancare la ministra dell'Istruzione. In un'intervista rilasciata a Radio 24 ha detto che se dovesse dare un voto all'anno appena trascorso darebbe 'un 7, è andata bene, si può migliorare'. Darsi dei voti alti autoassolvendosi è un po' la regola di questo governo, salvo poi incappare in dei veri e propri incidenti di percorso che però vanno subito minimizzati, se non nascosti. Che ci siano in corso raccolte di firme per abrogare parti della legge di riforma, che ci sia un contenzioso enorme sugli ultimi concorsi, che i concorsi stessi siano un obbrobrio perché sottopongono ad esame docenti che per anni hanno insegnato, che il balletto delle supplenze nelle scuole continui come sempre e più di sempre, che i comitati di valutazione, il merito e i bonus siano da tutti messi in discussione, tutto ciò non fa testo, è cosa che va considerata normale. Invece la ministra Giannini che fa? Isola due o tre momenti, li interpreta come vuole e ci ricama sopra. Infatti, ha detto che l'apertura estiva delle scuole nelle aree a rischio darà la possibilità a tutti di fare cose che solo pochi avevano la possibilità di fare, vale a dire corsi di sport e di varia umanità. Ha precisato: non si tratterà di ripetere matematica o latino, ma di fare altro, ma non si capisce quale sia la novità. Saranno decenni che si predica qualcosa che in altre parti del mondo è solo un'ovvietà, ma che da noi non si è mai riusciti a fare. La novità sarà che forse stavolta sono convinti di riuscirci? Boh? Ha poi detto, sempre durante l'intervista, che il telefonino a scuola sarà usato come strumento di lavoro. Altra grande novità presentata come atto che sconvolgerà l'assetto educativo-didattico della scuola italiana. Salvo nei casi in cui tutto questo già avveniva, la maggioranza.

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Sarà vero che tra dieci anni, come dice lo scrittore Martin Walser, dei movimenti xenofobi non troveremo traccia?
Secondo l'intellettuale tedesco, 'scoprendo la forza di ciò che è giusto' tra pochi anni i movimenti illiberali, che adesso sembrano così minacciosi, saranno spazzati via dalla storia, essendo essenzialmente anacronistici e senza futuro. In più, Donald Trump sarà solamente ricordato in qualche musical. A leggere i dati diffusi dal Censis, in un testo elaborato per l'appuntamento annuale 'Un mese di sociale', sembra proprio che si stia andando in questa direzione. Il dato che in qualche modo dovrebbe far riflettere tanti (che in fondo hanno solo le idee un po' confuse), è che senza immigrati, in Italia, avremmo 35mila classi scolastiche in meno. Come dire 68mila insegnanti in esubero che, cioè, non servirebbero più. Gli italiani fanno sempre meno figli e senza immigrati dovremmo rinunciare a 2,6 milioni di giovani al di sotto dei 34 anni , i quali, in qualche modo, ci salvano dal crac demografico. Nella nostra scuola pubblica e privata gli alunni stranieri erano nel 2015, il 9,1% del totale, vale a dire 805.800. Insomma, i dati vanno nella direzione indicata da Martin Walser; ci sono sul nostro territorio 5 milioni di stranieri pari all'8,2 % della popolazione complessiva, che appartengono a 197 comunità diverse che bene o male risiedono stabilmente e soprattutto convivono già con noi. Basta solo capirlo, diffondere nelle nostre scuole questi dati e pensare che il futuro, in questo modo, sarà solamente più colorato. E meno solitario e triste.

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In Francia il governo ha investito un miliardo di euro per adeguare lo stipendio di tutti gli insegnanti. Poiché lo stipendio dei docenti francesi era già più alto, ne consegue che adesso il confronto con noi è semplicemente improponibile. Ma non è questo il problema. Mentre una visione della società e della scuola, quella francese, mette in primo piano la soddisfazione di tutti e l'uguaglianza del decoro data da un trattamento economico conseguente, qui si sprecano parole inutili, bonus anomali, meriti e comitati di valutazione che, alla fine, penalizzeranno 8 docenti su 10. Questo per essere chiari e mettere in dubbio un principio ideologico, quello che si sta affermando nella nostra scuola, che è essenzialmente poco democratico, per non dire demagogico e senza scopo. Porre al centro dell'attenzione la scuola e la formazione, come si sbandiera a destra e a manca, non vuol dire scimmiottare le gare a premi e mettere in competizione tra di loro i docenti, come si sta facendo. Sentire poi che il governo italiano ha stabilizzato 100mila precari che lavoravano già da almeno 10 anni, come se fosse una concessione, è semplicemente inascoltabile.
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