Maria, un'insegnante, una parte di cielo
Claudia Pepe - 30-04-2016
Una storia come tante in quest'Italia che guarda in faccia solo una metà del cielo. L'altra metà del cielo è affollata da tante Maria, Paolo, Stefano, persone che svolgono il loro lavoro anche nella scuola. Lavoratori precari, lavoratori che sfidano le distanze, le paure, gli amori raccolti in fotografie, i figli salutati su Skype. Insegnanti che sperano di avverare il loro sogno riponendolo in una domanda ogni volta inviata con gioia e timore, allegria e angoscia.

Maria, chiamiamola così, ha 35 anni e insegna matematica e scienze. Quando viene chiamata per una supplenza annuale è felice. Il sogno per nove mesi è tutto suo. Ma non sa cosa le aspetta, e cosa aspetta a tanti insegnanti che pur di lavorare investono i loro risparmi nell'affitto di una casa, nelle spese di trasloco, in biglietti aerei. Io lo so perché vivo con loro - bravissimi insegnanti, preparati, umili, sempre ben disposti -, i primi ad arrivare a scuola gli ultimi ad andare via.

Incominciano come ogni anno una vita in salita, sempre con il sorriso, perché sei l'ultimo arrivato e relazionarsi in un ambiente diverso dai tuoi profumi non è sempre facile. No, c'è sempre chi fa fatica a salutarti, chi quando entri incomincia a bisbigliare, chi fa finta di non vederti. Invece Maria esiste, ed esistono i suoi problemi come il denaro che incomincia ad assottigliarsi sperando nel fatidico 23. Ce la devi fare con tutte le spese fino a quel giorno quando per poche ore pensi che 1.300 euro siano la ricchezza.

Ma quel 23 che aspetta Maria non è per lei; il suo conto rimane sempre con i pochi euro rimasti. I soldi arrivano a dicembre, dopo tre mesi di lavoro, poi pochi spiccioli e basta. Maria deve mangiare, pagare l'affitto, l'autobus, e deve andare a scuola a formare cittadini. Cittadini a cui insegniamo la Costituzione con orgoglio nelle aule scolastiche, ma appena usciamo per strada ci accorgiamo che questa umanità non la rispetta, facendoci mancare così le ali della libertà e della dignità. La Costituzione sembra essere una carta assorbente a seconda della giubba politica, a piacere dell'ultimo saltato sulla barca. E dovrebbe tutelare tutti. Anche Maria. Maria e tutti quelli che sanno cosa è il precariato, quelli che sanno cosa è una vita passata con la schiena diritta.

Essere precaria non è da tutti, ci vuole forza, ci vuole carattere, ci vuole il cuore gonfio di passione e di memoria. Maria tu sei tutto questo anche se adesso non puoi pagarti l'abbonamento dell'autobus, se non ti siedi per non farti vedere, per essere un invisibile tra gli invisibili di questo mondo. Tu, nonostante questa piaga sociale, continui con entusiasmo quello che abbiamo tutti noi delegittimato da uno scenario che si vergogna della nostra esistenza. Si vergogna perché abbiamo qualcosa di più, qualcosa che nessuno potrà sottrarci, la cultura, con cui possiamo conquistare quello che sembra impossibile: i nostri studenti, i loro momenti più belli. Possiamo far diventare le nostre lezioni oggetto di desiderio, e loro possono portarle a casa, risentirle, possono portarle nella loro vita, le possono sussurrare nel loro cammino. Noi possiamo diventare immortali come lo è la cultura, l'amore, la passione. Possiamo riempire di significato quel vuoto che i nostri allievi si ricordano di avere quando incominciamo a prestare loro cura, stimolarli secondo un'altra prospettiva, come possibilità, come bisogno di realizzazione, come domanda rivolta al futuro.

Sai Maria, questa scuola ha bisogno di noi, ha bisogno delle nostre voci, delle nostre lezioni, quel tempo che trascende e ci porta all'incontro, alla relazione, al contraccambio di scoperte, di sapori, di sensazioni. Riusciamo a scoprirli dal loro anonimato in nuovo travaglio, accompagnandoli a una fioritura nuova, una vita da vivere, una vita da amare.

Ma a Maria mancano i soldi per pagare i libri per il concorso e tutto ciò non è giusto per un'insegnante che cammina la sua via con rabbia, e con la gioia di accendere nuove coscienze e nuove identità. Non è giusto per te Maria, per noi, per tutti gli studenti. Ma soprattutto per questo mondo che se si priva di un insegnante, non sa che perde un'opera d'arte. Troppe persone spendono soldi che non hanno guadagnato, per comprare cose che non vogliono, per impressionare persone che non amano. Tu, Maria, hai bisogno del tuo stipendio non per comprare ma per saper amare ancor di più. Come tutti gli insegnanti che non fanno scuola ma sono la scuola.

Tags: precari, concorso, stipendio, invisibili


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 Rosario Ricciardi    - 01-05-2016
Gli insegnanti precari, da sempre sono stati una risorsa fondamentale per la scuola. La loro dignità non può essere annullata da nessuna riforma. Il MIUR deve impegnarsi a pagare regolarmente i suoi dipendenti perchè la maggioranza per vivere ha bisogno dello stipendio.