Abrogazione perché
Cosimo De Nitto - 12-01-2016
Che la legge 107 * sia, come a ragione si sostiene, una legge che riordina la governance e l'organizzazione scolastica relativamente all'organico senza entrare nei contenuti fondamentali della scuola, dai curricoli ai cicli, dai saperi ai profili culturali, dall'obbligo alla continuità formativa, dalla dispersione all'inclusione, dall'integrazione al rapporto insegnamento-apprendimento ecc., appare una cosa evidente, basta leggere il testo. Che ciò non abbia ricaduta pesante su tutti gli aspetti fondamentali del fare scuola non si direbbe.
Di fatto con le deleghe si espropria il Parlamento di una materia così importante che investe tutta la vita dell'essere e fare scuola, e non perché la delega sia di per sé uno strumento democraticamente perverso, ancorché contemplata e legittimata dalla legge e dai regolamenti parlamentari. Si sostiene solo che il cuore della materia scolastica, la sua costituzionale importanza, il profilo della scuola, che è poi il profilo della società prossima ventura che essa concorrerà a costruire, è un fatto talmente importante per il Paese che richiede il massimo di partecipazione democratica, il massimo di condivisione e discussione istituzionale in tutte le sedi, a cominciare dal Parlamento e dalle scuole. Circa l'"errore" di una delega così estesa e pervasiva al governo tutto si può dire, tranne che sia una svista, magari un incidente, ma sempre una svista. Si tratta invece di una scelta precisa, coerente con il disegno e la filosofia complessiva che improntano tutta la L. 107 che è poi, a ben guardare, lo stesso disegno e filosofia che improntano le riforme istituzionali di questo governo.
La filosofia che regge l'impianto sia quello della L.107 sia quello delle riforme istituzionali si basa sul mantra che in tutta la storia precedente il Parlamento, le istituzioni (anche la scuola con gli OO.CC.) hanno solo perso tempo, hanno sempre discusso/chiacchierato senza mai venire al dunque, senza mai decidere. Tra la discussione e la mediazione/composizione delle diverse posizioni e contributi viene ritenuto fondamentale il solo momento della decisione (decisionismo) mentre le regole e la necessità della discussione sarebbero una perdita di tempo, un fattore di disturbo che contrasta la rapidità della decisione e la sua applicazione. La fretta viene eretta a parametro politico-istituzionale. La fretta diviene principio giuridico che giustifica il decisionismo a danno delle regole che sostanziano la democrazia, la partecipazione, la mediazione, la condivisione. Come nelle istituzioni generali il dibattito e il lavoro parlamentare, il Parlamento in buona sostanza, vengono indicati come freni e rallentatori dell'azione di decisione e di governo, così nella scuola gli OO.CC., la partecipazione delle componenti sociali, dai docenti al personale tutto, dai genitori agli studenti sono additati come freno rallentatore che disturba il governo, lo devia e lo distorce fino all'inefficacia e alla paralisi. A questa azione di disturbo democratico (la democrazia è un disturbo?), all'azione frenante dei docenti, genitori, studenti oppositivi/"contrastivi" viene addebitato ogni sorta di problema e il rimedio viene indicato/deciso concentrando il potere.
Nel Parlamento col combinato disposto dell'abolizione del Senato da una parte (in realtà lo si rende solo di nominati) e con un sistema elettorale come l'Italicum dall'altra viene messo tutto il potere in mano al partito/premier. Parimenti nella scuola, con la legge 107, in mano al dirigente sono posti i poteri, sia quelli che spettano di diritto ai docenti, non più salvaguardati dalla costituzionale libertà di insegnamento, sia quelli che riguardano il personale, la rappresentanza sociale e più in generale sono messi in sua mano i contenuti e le relazioni scolastiche. I limiti a questo decisionismo sono posti solo dalle gerarchie superiori che possono disporre a loro volta dei dirigenti a seconda delle direttive governative. Il dirigente, più che il "sindaco della scuola", come lo definisce Faraone, è un premierato assoluto o comunque un premierato che gode di una drastica e ingiustificata riduzione dei limiti e dei contrappesi democratici. La governance è rappresenta più che da un organigramma composto di elementi di verticalità e di orizzontalità, da una catena di comando dall'alto in basso, più simile a una gerarchia militare che alle relazioni varie, multidirezionali e multifunzioni che si possono e devono instaurare in una comunità di apprendimento, educazione e formazione come quella scolastica.
Questa concezione del governo del Paese e della scuola si fonda sull'idea che la necessità di semplificare o di far presto, con l'eccesso di decretazione e di leggi delega giustificherebbe sempre (o quasi) l'accantonamento dell'atto legislativo, nel Parlamento come nella scuola. Questa idea corrisponde ad un'equazione inconsistente, anche se essa appartiene alla pubblicistica, alla retorica, agli spot correnti. Ad esempio, si farebbe molto presto a risolvere gli affari condominiali se si desse tutto il potere all'amministratore del condominio sopprimendo l'assemblea; in tal caso si potrebbe dubitare che il singolo proprietario sia disposto a tanto: che se ne fa il singolo condomino (le singole scuole) di una decisione rapida, se è una decisione che lo priva dei suoi diritti senza che neppure abbia avuto la possibilità di interloquire?
In mancanza dei limiti democratici, la rapidità è un valore utile solo per l'interesse di chi ha il potere (il pemier e il dirigente scolastico), non certo per gli altri. Insomma, alle regole democratiche non vi è alternativa: bisogna solo impegnarsi per farle funzionare presto e bene. Per ciò bisogna abolire col referendum (democrazia) sia le riforme istituzionali sia la L. 107 che ne è specchio riflesso nella scuola.

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* Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti

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 antonella reina    - 17-01-2016
Condivido a pieno l'analisi nella sua lucidità e verità. L'impegno per il referendum, di conseguenza, deve essere intenso e capillare. Cordiali saluti