Troppo local i docenti italiani?
Francesco di Lorenzo - 03-10-2015
La notizia è che per valutare i docenti italiani non bisogna attendere il comitato interno alle nostre singole scuole. La Fondazione Intercultura, che ha presentato al ministero dell'istruzione il suo settimo rapporto sulla capacità dei docenti italiani di essere internazionali, intanto, per questo aspetto, ha emesso un giudizio negativo.
In sintesi i prof italiani amano restare 'local'. E non c'entra lo spostarsi da una regione all'altra (che ha sicuramente le sue motivazioni di base ma non incide sul tutto), perché alla fine è una questione di mentalità e di dati statistici, che sono questi: il 57% dei docenti italiani ha una conoscenza bassa o medio-bassa della lingua inglese; il 60% non è mai stato all'estero per motivi professionali; solo il 22% ha seguito brevi corsi di formazione internazionali o si è interessato di scambi e gemellaggi.
Questa volta il rapporto della Fondazione ha esaminato il problema della capacità di essere (o sentirsi) internazionali e aperti, non dal punto di vista degli studenti ma degli insegnanti. Sono stati infatti intervistati 480 docenti e 63 dirigenti di scuole secondarie superiori, rappresentativi di diverse aree geografiche. Insomma, sono stati i docenti stessi che hanno fatto coscientemente la loro autovalutazione. E i risultati sono poco esaltanti: i nostri docenti 'global' sono pochissimi, gli altri ammettono candidamente di non avere capacità per formare cittadini europei, ma soprattutto di non avere voglia di collaborare con le scuole di altre nazioni. E qui, sicuramente c'entra la difficoltà linguistica, ma forse non solo.
Il quadro che ne vien fuori è abbastanza avvilente: solo il 10% dei nostri insegnanti ha partecipato all'Erasmus e il 6% è in possesso di un master o di un dottorato all'estero.
Ora, al di là di tutte le discussioni che questo rapporto potrebbe innescare (ma dubito che succeda), alcune considerazioni di base vanno fatte. Cosa potevamo aspettarci dopo che un apparato ministeriale, negli ultimi vent'anni, si è accanito in modo così feroce nei confronti della scuola? Ha tagliato fondi, precarizzato un esercito di docenti, abolito ore di lezioni e di laboratorio, ha depotenziato tutte le esperienze e le sperimentazioni migliori, non ha proposto una, che sia una, innovazione seria e soprattutto non ha avuto un'idea di scuola coinvolgente (per nessuno). Ci ha in compenso regalato l'illusione del registro elettronico, ma senza che funzioni bene e in pratica scontentando tutti.
Partendo da queste premesse e su queste basi è difficile costruire qualcosa di serio. E così, tutto è fermo nel collegi docenti alle discussioni sulla scelta dei rappresentanti nei comitati di valutazione. Due insegnanti che insieme ad altri avranno molto potere, ma che vien fatto passare come qualcosa di automatico. Il solito modo furbetto di minimizzare il controllo, abolire le libertà e mortificare le idee.
E questa sarebbe la Buonascuola? Ma di che?

...

Se in TV passano i dati della diminuzione (anche se in piccole percentuali) della disoccupazione generale, un po' si tende a minimizzare che quella giovanile è al 40,7%. E non scende, anzi, ad agosto ha avuto un lieve rialzo.
Quindi, se qualcosa si è mosso in campo lavorativo dopo l'avvio del Jobs Act, per i nostri giovani ancora niente di positivo. Dopo di noi, nell'Europa attuale (a 28 membri) ci sono solo Croazia, Grecia e Spagna con percentuali che vanno dal 43 al 49%. Allora c'è qualcosa che non va, ma cosa?
Il direttore del Centro studi Marco Biagi, dott. Michele Tiraboschi, ha detto che per troppo tempo si è pensato che la disoccupazione giovanile fosse colpa delle leggi sul lavoro, ma non è così: 'per ridurre la disoccupazione giovanile più che le leggi contano molto altri fattori: la qualità del sistema educativo, i meccanismi di transizione scuola-lavoro (dal placamento scolastico ai servizi per l'impiego efficienti), il sistema di relazioni industriali...ecc...ecc..'.
Infatti, i paesi che hanno puntato già da anni su scuola, formazione e servizi per l'impiego (Austria, Olanda e Germania), hanno visto diminuire sensibilmente la disoccupazione tra i giovani.
Tutto questo per porre e porsi la domanda:
'quanto incidono le scelte di politica scolastica sulla disoccupazione giovanile?'.
La risposta è nei fatti.

Tags: comitato di valutazione, Buonascuola, local, global


interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf