Due recenti saggi indagano le origini e lo sviluppo attuale dell'ideologia e delle forme del controllo sociale
L'occhio globale - Guido Caldiron
Basterebbe riferirsi ai poteri della nuova agenzia per la sicurezza appena varata negli Stati Uniti dall'am-ministrazione Bush, per rendersi conto di come nelle forme concrete assunte dal "controllo sociale" si riassuma oggi il cuore stesso di un modello di sviluppo autoritario che accompagna ovunque i processi di globalizzazione economica. La società dell'informazione si trasforma in società del controllo, le nuove risorse tecnologiche, spesso frutto del lavoro creativo o delle intuizioni degli hackers, come altrettanti boomerang finiscono per abbattersi sui cittadini sotto forma di sofisticati occhi elettronici che passano al setaccio ogni aspetto della nostra vita pubblica o privata. Ma nella società globale le diverse filiere del controllo non svolgono solo un ruolo di contenimento o repressione, con sempre maggiore frequenza partecipano a costruire gerarchie e codici di cittadinanza, riscrivendo le regole fondamentali della partecipazione democratica, come mostra la vera "guerra" in nome della sicurezza scatenata ovunque, in Europa come negli Usa, contro i migranti. Capire i meccanismi assunti oggi da questa macchina di controllo, significa perciò svelare quel volto autoritario e spesso intimamente razzista che ha accompagnato il definirsi dell'era del mercato-mondo e che, non a caso, si specchia sul piano internazionale anche con la nuova ideologia della guerra.
Due saggi recentemente pubblicati offrono indicazioni preziose per seguire i processi di costruzione ideologica, prima, e di sviluppo organizzativo-tecnologico, poi, dell'attuale "società di controllo".
In
Stato, controllo sociale, devianza, Bruno Mondadori (pp. 355, euro 19.50),
Dario Melossi, docente di Criminologia presso l'Università di Bologna e quella inglese di Keele, esamina le più importanti teorie della "devianza", dall'Ottocento fino ad oggi, a partire dalle quali si sono costruite le diverse forme di con-trollo sociale.
Sorveglianza mondana
Per Melossi, già docente alla fine degli anni Settanta nei campus californiani e autore nel 1977 di uno studio che riscosse grande interesse e attenzione sia nel circuito della ricerca che in quello dei movimenti sociali, Carcere e fabbrica (il Mulino), si tratta in particolare di mettere a confronto la tradizione europea e quella nordamericana in questa materia. Ricostruire cioè i “modi di pensare il controllo sociale - così come venne definito nel corso del XX secolo a cominciare dall'elaborazione della Scuola di Chicago - in relazio-ne sia all'organizzazione sociale più generale, sia alla concezione prevalente in un certo periodo storico di ciò che viene definito "devianza" e/o "criminalità"”. Dalle teorie europee, ad esempio quelle elaborate da Cesare Biccaria oltre due secoli orsono, Melossi arriva fino agli attuali “processi di criminalizzazione dei migranti”. Nella sua lunga ricostruzione storica giocata sulle due sponde dell'Atlantico, Melossi arriva anche a notare come "controllo sociale" non è il poliziotto armato di mitra che presidia un blocco stradale, né il giudice che emana una sentenza di condanna (o almeno non solo); piuttosto controllo sociale è quell'attività in cui siamo tutti, continuamente, impegnati: un'attività mondana, di routine, che si dipana all'interno delle mille interazioni quotidiane "controllando" più o meno intenzionalmente la rete dei nostri rapporti sociali”.
Ma se la ricerca di Melossi ci restituisce le fasi e lo sviluppo della definizione dello spazio "deviante" e "criminale" nelle nostre società, passando anche per la "lotta al terrorismo" degli anni Settanta e l'attuale fase di repressione contro gli immigrati, il volume del sociologo canadese
David Lyon, già au-tore di L'occhio elettronico (Feltrinelli, 1997), ci aiuta ad immergerci totalmente nelle forme concrete che il controllo sociale sta assumendo oggi.
La società sorvegliata, Feltrinelli (pp. 250, euro 25.00) si presenta infatti come una attenta requisitoria su come la questione della sorveglianza concorra a definire oggi la regolazione sociale nel suo complesso. “Le società che per le loro procedure amministrative e di controllo dipendono dalle tecnologie della comunicazione e dell'informazione sono società sorvegliate - spiega Lyon, che aggiunge - Gli effetti di ciò sono percepibil nella vita quotidiana, la quale è strettamente monitorata come mai prima era successo nella storia (...) E' difficile individuare un luogo o un'attività che risultino immuni o al sicuro rispetto ad alcuni deliberati monitoraggi, localizzazioni, ascolti indiscreti, sorveglianze, registrazioni o dispositivi di controllo".
Ascolti indiscreti
“A partire dagli ultimi anni del secolo scorso, i paesi di tutto il mondo hanno iniziato a fare del loro meglio per istituire infrastrutture avanzate per l'informazione - precisa il docente di sociologia alla Queen's University di Kingston nell'Ontario - Questo significa che le loro capacità di sorveglianza sono cresciute in modo esponenziale, superando facilmente ogni sforzo legale e politico indirizzato a informare circa le im-plicazioni sociali di tale sorveglianza. Queste forme di controllo sono utilizzate per ordinare ed esaminare minuziosamente le popolazioni soggette, per classificarle e suddividerle in categorie, per accrescere le opportunità di vita di alcuni e per ostacolare quelle di altri. Il loro risultato finale consiste nel rafforzare i regimi che stanno dietro tali progettazioni e programmazioni, nel bene e nel male”. Un processo che si lega in modo diretto all'emergere della "società globalizzata" o "società dell'informazione" e che ha preso piede soprattutto attraverso il ricorso alle nuove tecnologie. “Gli sviluppi delle tecnologie video, delle tecniche di codifica, di quelle biometriche, pongono nuove domande circa la direzione tecnologica intrapresa dalla sorveglianza, mentre questioni generali quali la ristrutturazione dell'economia mondiale, o specifiche, quali la commercializzazione via Internet, alludono chiaramente alla globalizzazione e alla localizzazione della sorveglianza”, nota ancora Lyon. In un simile contesto, come nota nell'introduzione al volume Stefano Rodotà, “bisogna definire le condizioni necessarie per evitare che la società della sorveglianza si risolva nel controllo autoritario, nella discriminazione, in vecchie e nuove stratificazioni sociali produttive di esclusione, nel dominio pieno della logica di mercato. Questo esige processi sociali, soluzioni istituzionali capaci di tener fermo il quadro della democrazia e dei diritti di libertà”.